“Dai luoghi di morte Dio fa germogliare una nuova vita” – con queste parole cariche di speranza l’Arcivescovo Metropolita di L’Aquila, Monsignor Antonio D’Angelo, ha celebrato oggi la Santa Messa in suffragio delle vittime del sisma del 6 aprile 2009, nella Chiesa di S. Maria del Suffragio. Un momento di profonda commozione, ma anche di rinnovato slancio verso il futuro.
Nel cuore della Quaresima, in una città che non ha mai smesso di cercare la luce tra le macerie, la liturgia della V Domenica ha risuonato come un invito a “guardare in avanti”, a ritrovare senso, dignità e direzione nella via della Speranza. L’Arcivescovo ha ricordato che “la nostra vita, anche se segnata dall’aridità della sofferenza e del dolore, in Cristo ritrova un nuovo vigore”.
Prendendo spunto dal Vangelo dell’adultera, Monsignor D’Angelo ha sottolineato come Gesù non solo assolva, ma “apre un nuovo processo di vita” con quel semplice “Va’”, che restituisce alla donna una nuova prospettiva, la dignità perduta, e soprattutto un futuro. Un’immagine potente, che si riflette nel cammino dell’intera comunità aquilana.
“Il cammino fatto in questi anni è stato faticoso e a volte accidentato, non semplice. Ora si sta aprendo un nuovo futuro, frutto di un lavoro sinergico e costante”, ha affermato il Vescovo, richiamando ognuno alla propria responsabilità nella costruzione del bene comune.
Il ricordo, dunque, non è chiusura, ma seme che feconda il domani. E se la ricostruzione materiale della città ha fatto passi importanti, ancor più decisiva è quella spirituale e sociale: “si è protagonisti nella ricostruzione dello spirito, anima della nostra persona”.
L’omelia ha toccato anche il cuore della fede cristiana: la resurrezione. Un messaggio potente, soprattutto per chi porta ancora nel corpo e nell’anima le ferite del sisma. “Per noi la morte non è una porta che si chiude ma una strada che si apre”, ha ricordato Monsignor D’Angelo, offrendo una visione cristiana in cui la Vita ha sempre l’ultima parola.
“Se dentro di noi ascoltiamo e diamo spazio a questo anelito di Vita, sicuramente riusciremo a fare cose straordinarie.”
È questa la consegna lasciata alla città nel giorno della memoria. Un invito a rispondere al dolore con la bellezza, all’apatia con l’impegno, alla solitudine con la comunione. Perché – come ha concluso l’Arcivescovo – “in questo progetto di rinascita nessuno è escluso”.
Omelia della S. Messa in suffragio delle vittime del terremoto del 6 aprile 2009 XVI Anniversario del sisma – V Domenica di Quaresima, Chiesa di S. Maria del Suffragio – L’Aquila.
In questa V domenica di quaresima la Parola che abbiamo ascoltato ci apre alla via della Speranza.
Nel racconto del Vangelo possiamo cogliere lo stile e il messaggio di Gesù. Questa donna viene presentata per essere giudicata e messa a morte. Di fronte a questa richiesta Gesù rimane in silenzio, quando la domanda diventa insistente, Lui si alza e risponde con una proposta: “Chi non ha peccato scagli la prima pietra”. Ma i presenti andarono via tutti. Allora Gesù apre un dialogo con la donna che si conclude con le parole: “Va’ e non peccare più”. Questa piccola parola “va’”, avvia un nuovo processo di vita, non è una semplice assoluzione etico-morale, ma molto di più; la donna da una condizione di morte, ora riprende a vivere, riacquista dignità. Gesù trasforma quella situazione di giudizio e di morte in vita nuova: “Non peccare più”. Questo invito al cambiamento non è limitato solo a comportamenti etici, ma restituisce alla donna una nuova prospettiva, la riabilita ad un’esistenza rinnovata, apre dinanzi a lei un nuovo orizzonte, apre alla via della speranza. Il profeta Isaia dice nella prima lettura “Ecco io, faccio una cosa nuova. Proprio ora germoglia non ve ne accorgete? Aprirò anche nel deserto una strada nuova, immetterò fiumi nella steppa. … per dissetare il mio popolo, il mio eletto”(Is 43,19-20). Qui ancora una volta ci viene testimoniato che dai luoghi di morte Dio fa germogliare una nuova vita, nel deserto disseta il “suo eletto”, noi siamo i suoi eletti, coloro che sono alimentati da quest’acqua di Speranza. La nostra vita, anche se segnata dall’aridità della sofferenza e del dolore, in Cristo ritrova un nuovo vigore, Lui riabilita il nostro cammino quando si arena.
Così, in questo giorno di memoria, che dopo 16 anni ci riporta alla ferita mortale subìta dalla nostra Comunità Aquilana, siamo chiamati a guardare in avanti. Il cammino fatto in questi anni è stato faticoso e a volte accidentato, non semplice, ora si sta aprendo nel nostro territorio un nuovo futuro, questo, frutto di un lavoro sinergico e costante che ha richiesto e richiede il contributo di tutti e di ciascuno, ognuno di noi è chiamato a fare la sua parte. Nella speranza che nasce dalla fede è possibile guardare in avanti, mettendo in campo la sapienza e l’intelligenza che ha come mèta il bene della Comunità. Certamente siamo impegnati a ricostruire il patrimonio artistico e architettonico, ma soprattutto si è protagonisti nella ricostruzione dello spirito, anima della nostra persona. La bellezza che troviamo nelle strutture e nella nostra tradizione culturale, ereditata dai nostri padri, è per noi ricchezza di umanità, un dono che ci è stato consegnato e dal quale ne cogliamo i valori più alti e profondi dell’uomo, ma rimane l’impegno di trasmetterlo ai nostri figli.
La Pasqua significa passaggio, nella nostra comunità lo stiamo sperimentando, perché nella fede l’ultima parola non è della sofferenza e della morte ma della Vita. Il processo iniziato testimonia questa rinascita, ma va ulteriormente rafforzato soprattutto nella prospettiva di costruire una Comunità sempre più armonica e serena. Noi siamo irrigati dall’amore del Padre che genera sempre nuova vita e di fronte alla potenza della sua grazia ogni avversità tace, la Sua azione può far germogliare anche il deserto.
San Paolo nella seconda lettura di oggi ci aiuta a capire la forza di vita che viene da Cristo. Lui, uomo di fede e fedele alla tradizione, arriva a dire: “Ritengo che tutto sia una perdita a motivo della sublimità della conoscenza di Cristo Gesù”( Fil 3,8). Noi siamo toccati nella fede da questa sublimità di Vita, con Lui si apre un nuovo percorso esistenziale, sempre, anche se investiti dalla morte. Infatti per noi la morte non è una porta che si chiude ma una strada che si apre, perché la grazia della Resurrezione è una potenza vitale che abita la nostra persona e non conosce i confini del tempo, ma si affaccia nell’eternità. Tale prospettiva non ha una valenza cronologica, ma si definisce nella comunione con Dio e proprio questa unione ci apre al futuro. L’anelito del futuro, la capacità di non cedere, di non arrendersi è dono di Dio, quindi possiamo pensare e progettare il domani grazie all’opera del Signore presente nella storia.
Siamo chiamati ad accogliere questo germe di vita, per tradurlo in opere, mettendo a disposizione i nostri talenti, per costruire un futuro migliore, in cui ogni singola persona possa essere valorizzata e tutta la comunità possa trovare un piena armonia e serenità. In questo progetto di rinascita nessuno è escluso, tutti siamo responsabili, ognuno è chiamato a dare il suo personale contributo. Se dentro di noi ascoltiamo e diamo spazio a questo anelito di Vita, sicuramente riusciremo a fare cose straordinarie.
Allora nello spirito di collaborazione e dedizione continuiamo il nostro cammino, fiduciosi di essere accompagnati dal Padre perché la nostra comunità possa germogliare costantemente di nuova umanità.
©photo copertina lasacrasillaba https://it.wikipedia.org/wiki/File:L%27Aquila_-_chiesa_di_Santa_Maria_del_Suffragio_-_vista_notturna.jpg