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Il cardinale Zuppi a Sulmona su pace, giustizia e perdono

da | 3 Nov 2024 | Pastorale dell'emergenza

La Fondazione Carispaq ha promosso l’incontro “Giustizia e Perdono – le vie della Pace” a cui sono intervenuti il Cardinale Matteo Zuppi, Presidente della CEI e il giornalista Paolo Mieli. L’evento, ad ingresso libero, è stato organizzato nell’ambito del progetto della Fondazione “Le Capitali celestiniane della Pace” che intende promuovere la figura di Celestino V con il suo messaggio di perdono e riconciliazione; si è svolto a Sulmona il 2 novembre presso il Teatro Comunale “M. Caniglia”.

Il coraggio della pace

La scelta della pace è quella di essere giusti. Il papa usa l’appellativo di artigiani di pace perché la pace è sempre artigianale“, ha detto il cardinale Zuppi. “Ma c’è un virus che gira per l’Europa“, ha detto con chiarezza il cardinale. È la tendenza ad essere rinunciatari, a non porsi dei grandi sogni, a chiudersi e accontentarsi di piccoli di piccole prospettive. “Perché la speranza ha un prezzo e i sogni chiedono anche un coinvolgimento, chiedono impegno e sacrificio“. E capire più acutamente la situazione odierna, lo si può fare solo grazie alla conoscenza storica, che ci consente di guardare con consapevolezza il nostro presente senza dover ricominciare sempre da capo. In un paese un po’ smemorato, occorre ribadire che l’Europa e l’Italia attuali nascono dall’esperienza tragica delle due guerre mondiali e dai tanti piccoli mattoni di pace che sono stati messi l’uno sopra l’altro. “La tenuta della pace e la ricerca della pace sono composte di tanti piccoli mattoni“. E questo è tanto più straordinario, se si pensa che per secoli le frontiere degli stati europei sono state teatro costante di guerra, mentre oggi sono diventati punti di una cerniera e non più muri o trincee. 

La pace si fa con chi fa la guerra

La pace si fa con chi fa la guerra“. E questo, ha notato il cardinale, può creare non pochi problemi, tanto più in una generazione come la nostra che ama la polarizzazione. Al contrario, la complessità del mondo richiede una conoscenza molto più articolata e profonda della situazione. Non funziona più il vecchio modello del mondo diviso in due blocchi: oggi emergono altre forze e c’è un pluricentrismo che sta mettendo in seria discussione l’efficacia della comunità internazionale, soprattutto dell’ONU. In un mondo così confuso bisogna fare di tutto per arrivare alla pace e finanche parlare anche con chi ha le mani sporche di sangue. Senza mai dimenticare San Giovanni Paolo II, che diceva: “non c’è pace senza giustizia, ma non c’è giustizia senza perdono“. “Il rapporto tra pace e giustizia viene qualche volta dimenticato nei due sensi; per cui si arriva a dire che non c’è la pace, finché non si è ottenuta tutta la giustizia“. Qualche volta, però, il rischio è che la giustizia diventi un’idea che non verrà mai raggiunta e che giustifica di tutto. Allora dare la mano anche a chi ce l’ha insanguinata non vuol dire fare un’ingiustizia, dimenticare le responsabilità di ciascuno, ma implica trovare tutti i modi perché si possa ricostruire quello che la guerra ha distrutto. 

Il perdono arriva alle cause: San Francesco e il lupo

Ma non c’è giustizia senza perdono e qualche volta ho l’impressione che noi scambiamo il perdono per dimenticanza, come rendere tutto uguale“. Il perdono è uno strumento potente, perché affronta e cerca di risolvere le cause. E il cardinale Zuppi ha ricordato la storia di San Francesco e del lupo che terrorizzava gli abitanti di Gubbio: “Non è che Francesco ci è andato quando ha avuto la garanzia che il lupo era diventato tranquillo“. Francesco è andato dal lupo e lo ha chiamato fratello, perché continuava ad esserlo anche se nemico della città. E poi va alle cause: il lupo attaccava perché aveva fame. Dunque Francesco ricostruisce l’origine dell’inimicizia e della violenza per comprendere e disarmare il lupo. Il senso è questo: “Non convenevoli e nessun galateo vuoto, ma diventare interlocutori e prendersi delle responsabilità, uscendo dalla logica dello scontro“. Alla fine erano tutti gli abitanti di Gubbio a dare da mangiare al lupo: Francesco aveva vinto la vendetta, l’odio e la divisione. 

Questa è anche la spinta, a volte criticata, che ha portato Papa Francesco a cercare tutti i modi “la pace anche quando non c’è; dobbiamo cercare e credere alla luce anche quando è buio“. La chiave della pace non l’ha mai una persona sola, sono in tanti ad averle. 

La pace non può essere una tregua fra due guerre

Dopo la seconda guerra mondiale“, ha continuato il cardinale, “la scelta di tanti uomini di governo e in particolare di quelli europei, è stata che la pace non potesse essere solo un’altra tregua, ma bisognava fondare dei meccanismi che garantissero la pace e la risoluzione dei conflitti“. Proprio perché si è capita la forza distruttiva della guerra, si sono trovati altri strumenti, da cui la grande intuizione delle Nazioni Unite. Nata come una struttura sovranazionale capace di risolvere i conflitti, oggi è entrata chiaramente in crisi. Una crisi che ci fa capire che bisogna trovare altri strumenti più efficaci, altrimenti il rischio è quello di avviare una terza guerra mondiale con una forza distruttiva enormemente accresciuta. In un mondo multipolare non possiamo non riconoscere le ragioni dell’altro, “non per pensare tutti alla stessa cosa, ma per imparare a vivere insieme, quando le ragioni dell’altro diventano anche un po’ le mie“. 

Rachel, la mamma di Hersch

Il card. Zuppi ha infine raccontato una storia che lo ha colpito molto: il suo dialogo con Rachel Goldberg-Polin, la mamma di Hersch, il giovane rapito da Hamas e trovato morto il 31 agosto dall’esercito israeliano insieme ad altri cinque giovani. Quando il cardinale l’ha incontrata a Gerusalemme durante il pellegrinaggio con la Chiesa di Bologna, ha potuto rendersi conto di quanto fosse coraggiosa e testimone di riconciliazione. Rachel diceva: “io non voglio che il mio dolore provochi altro dolore” e “non c’è una classifica dei dolori“. Il suo sforzo era quello di capire anche il dolore degli altri. Questa è davvero la premessa della pace. Capire le ragioni degli altri e ammettere i propri torti non è mai facile e pensiamo significhi una sconfitta. Invece, la scelta e l’atteggiamento di questa donna molto minuta, ma fortissima, continua ad essere un una grande testimonianza per guardare al futuro, perché “solo imparando a capire le ragioni degli altri possiamo imparare a vivere insieme“.

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