Si sono svolte nei venerdì scorsi – 21 e 28 marzo – le prime due Prediche quaresimali di fra Roberto Pasolini alla Curia Romana. Il tema è pienamente agganciato al Giubileo che stiamo celebrando: l’àncora della speranza.
All’inizio della prima Predica di Quaresima, il Frate Minore Cappuccino ha ricordato a ciascuno che – in virtù del battesimo – tutti siamo saldamente ancorati a Cristo, e possiamo navigare sicuri anche in mezzo alle tempeste della vita; tuttavia, «sebbene questa prospettiva sia molto bella e rassicurante, siamo anche consapevoli del fatto che la nostra vita resta una esperienza di libertà. E se vogliamo intimamente rimanere uniti a Cristo – come ci ricorda san Paolo – dobbiamo anche accogliere il dinamismo della conversione al Vangelo, e lasciare che lo Spirito santo ridefinisca i contorni della nostra umanità; secondo la volontà di Dio e non secondo i nostri pensieri.
Quindi questo radicamento in Cristo, quest’àncora che noi abbiamo, è un processo; tutt’altro che scontato».
Nel proseguo della sua meditazione, il religioso lombardo ha ricordato a tutti i presenti le dinamiche della economia redentiva: «Prima ancora di compiere opere straordinarie, il Figlio di Dio ha iniziato a salvare il mondo, facendo una cosa molto semplice: stando con noi, condividendo la nostra realtà e lasciandosi toccare dalle domande e dalle sfide che c’erano nel suo tempo. Questo ci dice qualcosa sul cosa è la salvezza di Dio: qualcosa che non si impone, modificando le cose; ma una presenza che genera speranza».
Il Predicatore della casa Pontificia sottolinea che la redentiva e benefica azione divina desidera raggiungere ogni creatura; e, nello stesso tempo, necessita della conversione, della libera adesione all’amore.
Come entrare nella vita di Cristo? «Attraverso dei movimenti che anche noi siamo chiamati a compiere. Il primo è la capacità di metterci da parte e dare la precedenza all’altro, decentrarci; il secondo movimento che possiamo compiere è quello della conversione, intesa come un continuo esercizio di verifica interiore del nostro cuore; infine, il terzo movimento, che forse è il più difficile e decisivo: rimanere, con fiducia dentro la realtà, senza fuggirla o sublimarla».
Concludeva la prima Predica Quaresimale questa espressione: «Il battesimo di Cristo lo immerge nel fiume della vita; senza risparmiargli le tenzioni, le prove e le contraddizioni. Anche noi siamo chiamati a restare saldi nel nostro tempo, con tutte le sue complessità e le sue sfide; senza cercare rifugi artificiali».
Le riflessioni proposte durante la seconda Predica di Quaresima sono proseguite sulla scia nell’unico itinerario giubilare: «Se e quanto la nostra vita è realmente ancorata in Cristo, perché questa è la nostra speranza». «Cristo è vivo e noi siamo chiamati ad accogliere la sua vita; per cui, se vogliamo realmente rimanere ancorati in Lui, dobbiamo accogliere il dinamismo della sua vita dentro la nostra vita. Questo è vivere il nostro battesimo».
Sottolineava fra Roberto che «crescere non è soltanto una questione anagrafica; ma significa fare attenzione ai dettagli con cui la nostra umanità evolve. Noi potremmo diventare anche molto adulti anagraficamente, ma conservando dei tratti infantili o immaturi. Gesù è diventato una persona matura, scegliendo di vivere alcuni aspetti».
«Il nostro cuore è splendido; è il luogo dove risuona lo Spirito, la voce di Dio; ma è anche un luogo molto ambiguo, è il luogo dove si manifestano anche tutte le tenebre che ci possono portare a compiere il male, a chiuderci a Dio e agli altri». «Non appena ci allontaniamo da Lui, ci accorgiamo che è peggio fare secondo la nostra mentalità; e allora ritroviamo il desiderio di prendere Gesù nella barca, […] di dare fiducia al suo stile. E subito arriviamo alla riva e le cose ricominciano a funzionare».
«Non dare per scontate le cose – tuona la parola del Predicatore – ma chiederci davvero in che modo risuona a noi l’invito di Gesù nel Vangelo; perché non si può essere cristiani né per forza, né per abitudine; ma soltanto perché la voce di Dio che risuona attraverso Cristo riesce a convincere il nostro cuore che una è la via, una è la verità, una è la vita». Il suo invito è stato quello di «far maturare le relazioni, rispettandone i tempi; […] consentire ai nostri incontri e alle nostre relazioni di fiorire nella libertà. Tutto ciò conduce a un’ultima manifestazione di rispetto, per noi e per gli altri: la scelta di non esigere mai nulla da nessuno. La verità e l’amore non hanno bisogno di imporsi, ma sanno attendere, lasciando che le cose maturino fino a diventare il frutto di una libera e piena adesione».