Periodico di informazione religiosa

Lo zafferano aquilano e la sua ricchezza tra storia e modernità

da | 27 Ott 2024 | Cultura

L’Aquila. È di nuovo il tempo della raccolta dello zafferano, una spezia che non solo impreziosisce molte ricette locali, ma che ha segnato la storia e la ricchezza del territorio aquilano.

Tra il XIV e il XVII secolo, lo zafferano è stato simbolo di prosperità per L’Aquila e le terre limitrofe, favorito dai legami commerciali con città come Firenze per la vendita della lana. Inizialmente utilizzato come colorante per la lana grezza, si è poi affermato come preziosa spezia, trovando applicazioni culinarie e medicali.

La storia di questa spezia si intreccia con documenti conservati negli archivi aquilani che testimoniano come, oltre a decreti e leggi, anche la presenza di colonie di mercanti italiani ed europei abbia contribuito alla crescita economica del territorio. Oggi, la riscoperta dello zafferano potrebbe rappresentare una leva per rilanciare l’economia locale, offrendo opportunità di lavoro ai giovani e favorendo l’inclusione sociale, coinvolgendo anche migranti e richiedenti asilo.

Ovidio accenna allo zafferano nelle sue Metamorfosi, e anche i miti greci ne parlano, ma si attribuisce a un monaco della famiglia Santucci l’introduzione della spezia in Abruzzo intorno al 1200. Portando bulbi di “azafrán” dalla Spagna, il monaco trovò nelle terre aquilane le condizioni ideali per coltivare il Crocus sativus, pianta da cui si ricava lo zafferano. La coltivazione della spezia divenne così una risorsa economica e politica per il territorio.

Ricerche sul commercio dello zafferano tra il XIV e XVII secolo, condotte da storici locali come Raffaele Colapietra con uno studio sul ‘Commercio dello zafferano in area aquilana tra il XIV e XVII secolo’ e Alessandro Clementi, con un suo articolo pubblicato nella Rivista di Storia dell’Agricoltura – a. XXXIV, n. 2, dicembre 1994, dal titolo ‘La produzione ed il commercio dello zafferano nel contesto della fioritura mercantile del basso Medioevo all’Aquila’, hanno evidenziato il ruolo centrale dell’Aquila come polo mercantile. E’ utile anche rilevare come lo studioso Vincenzo Battista – in una sua pubblicazione del 1991, a cura dell’Amministrazione Provinciale dell’Aquila, dal titolo ‘La terra dello zafferano. Tradizione popolare e coltivazione dello zafferano nell’altopiano di Navelli’ – rimarca il tema della terra dello zafferano, in un raffronto con la via del grano e della lana, a fronte di una sua richiesta soprattutto nei mercati tedeschi, come testimoniano le fiere internazionali di Ginevra e Lione.

Negli Statuti dell’Aquila si legge, al capitolo 576, l’ordine per chi coltivava zafferano, di importare grano in quantità pari a quella che la terra coltivata avrebbe prodotto se dedicata ai cereali.

La pubblicazione di un bando della Camera aquilana del 22-29 settembre 1569, traccia con precisione le aree di produzione della spezia – Bagno, Ocre, Monticchio, Fossa, Casentino, Sant’Eusanio, Villa Sant’Angelo, Tussio, Stiffe, Campana, Fagnano, Fontecchio, Tione, S. Maria del Ponte, Goriano della Valle, Beffi, Rocca Preturo, Acciano, S. Benedetto, Collepietro, Civitaretenga, Caporciano, S. Pio, Castelnuovo, Prata, S. Nicandro, Poggio Picenze, Picenze, Onna, Tempera, Bazzano, Arischia, Pizzoli, Barete, Preturo, Coppito’- che non certamente per una coincidenza, oggi sono ricomprese nella zona di produzione dello zafferano dell’Aquila DOP, che comprende 13 comuni della provincia dell’Aquila, in particolare nell’altopiano di Navelli.

Bisogna constatare che il commercio e la produzione dello zafferano, furono favoriti da una serie di privilegi, tra i quali quello decretato da re Roberto nel 1317 e confermato nel 1376 dalla regina Giovanna I che rese L’Aquila zona franca, esente da gabelle, favorendo il commercio della spezia e trasformando la Città in un importante snodo mercantile. La Camera aquilana, in collaborazione con il potere politico, tutelava i mercanti, e un decreto di re Alfonso del 1456 esentava lo zafferano dalle tasse, permettendo di destinare, dieci anni dopo, i proventi comunali a favore di importanti realizzazioni di valore culturale e religioso, cioè la costruzione delle chiese di San Bernardino e San Domenico.

Grazie alla fiorente economia dello zafferano, nel Quattrocento e Cinquecento si insediarono all’Aquila numerosi mercanti stranieri. Fiorentini e tedeschi esportavano la spezia verso Ginevra, Lione e Venezia, passando per Firenze e Bologna. Anche una comunità lombarda, dedita inizialmente al commercio della lana e in seguito al commercio dello zafferano per usi tintori e alimentari, si stabilì nella Città, fondando una confraternita e una cappella nel Duomo dei Santi Massimo e Giorgio, oggi gravemente danneggiata per il sisma del 2009.

Sulle rotte commerciali dell’Aquila, lungo la via degli Abruzzi, si insediò anche una piccola comunità ebraica a Civitaretenga, nella piana di Navelli. Questa comunità, impegnata nella produzione e nel commercio dello zafferano, abitava in un quartiere che oggi conserva pochi resti, tra i quali una piccola sinagoga, ora in restauro, ma che testimoniano la presenza di un’economia prospera.

Esplorare l’impatto storico dello zafferano aiuta a comprendere come questa spezia abbia portato benessere all’Aquila nel suo periodo d’oro, prima del declino causato dalla perdita di privilegi fiscali e dall’amministrazione vicereale che allontanò il commercio verso altri centri.

Oggi, lo zafferano è di nuovo al centro di progetti per la valorizzazione del territorio. Una delle attività da ricordare, ad esempio, è quella della cooperativa dei produttori riuniti “Zafferano dell’Aquila DOP”, che insieme al Dipartimento di Biotecnologia dell’Università di Teramo e alla startup Vivon 4.0, lavora su tracciabilità e pratiche sostenibili, puntando a ridurre l’impatto ambientale e a migliorare la responsabilità sociale delle imprese. Allo stesso tempo, la mancanza di manodopera per la raccolta di questa spezia, potrebbe essere risolta attraverso l’inclusione di migranti e richiedenti asilo, offrendo loro contratti dignitosi e occasioni di inserimento comunitario, come accadde per le colonie di mercanti nel XIV secolo, che portarono integrazione, crescita economica e scambio culturale.

Pensare a quell’epoca, può aiutarci a capire, come in un territorio che sta rinascendo dopo il sisma del 2009, l’oggi, proiettato a una vocazione culturale che verrà rafforzata nel 2026 con ‘L’Aquila, capitale della cultura’, possa passare dalla riscoperta del nostro territorio, delle sue tradizioni e di prodotti preziosi, come lo zafferano, esportati oggi nel mondo, che rendono importante e grande L’Aquila, anche per i territori che la circondano, attraverso l’innovazione, la riduzione dell’impatto ambientale e l’inclusione tra i popoli.

Ultimi articoli

Author Name