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Nella Biblioteca Vaticana scoperto uno dei più antichi testimoni dei Vangeli in siriaco

by | 15 Apr 2023 | Cultura

Nella Biblioteca Vaticana è stato scoperto uno dei più antichi testimoni dei Vangeli in siriaco. Grigory Kessel, ricercatore presso l’Accademia Austriaca delle Scienze, ha infatti scoperto un frammento siriaco di una traduzione del Nuovo Testamento, risalente a 1750 anni fa, nel codice georgiano Vat. Iber. 4. Il testo siriaco è emerso grazie all’impiego della luce ultravioletta e alle tecniche di elaborazione digitale delle immagini; così Grigory Kessel ha reso finalmente leggibili quelle parole perdute da secoli. La scoperta mostra quanto possa essere valido l’utilizzo delle tecnologie digitali nello studio dei manoscritti antichi, ha afferma Claudia Rapp, direttrice dell’Institut für Mittelalterforschung.

Fino a qualche anno fa erano noti solo due testimoni dei vangeli in siriaco antico: alla British Library di Londra, al monastero di Santa Caterina sul Monte Sinai; poi si è aggiunto un terzo manoscritto, identificato dal Sinai Palimpsests Project. E adesso, con il bifoglio del codice vaticano, è spuntato anche il quarto testimone. L’importanza di questa scoperta sta nel fatto che il frammento testimonia una delle primissime traduzioni dei Vangeli, dunque, un ulteriore sguardo sul testo originale dei Vangeli e possibili varianti. È una traduzione che precede di almeno un secolo i più antichi manoscritti greci sopravvissuti, compreso il celebre Codex Sinaiticus.

Il manoscritto vaticano Vat. Iber. 4 è però solo un membrum disiectum, parte di un codice membranaceo più grande, che è conservato presso il monastero di Santa Caterina del Sinai e noto con la segnatura Sin. geo. 49. È un manoscritto georgiano, ma la sua storia è veramente incredibile. Questo codice è interamente un palinsesto, ossia contiene diversi sottotesti in cinque lingue – siriaco, greco, aramaico palestinese, copto e georgiano; inoltre è stato allestito cucendo insieme altri manoscritti indipendenti, databili tra il V/VI e il X secolo, e ci sono parecchi casi di doppi palinsesti. In breve, i fogli riutilizzati – nel deserto bisogna fare di necessità virtù –  hanno ricevuto tre scritture diverse. Il manoscritto fu realizzato da un prolifico monaco e calligrafo georgiano, Ioane Zosime, attivo durante la seconda metà del X secolo, prima in Palestina al monastero di San Saba e successivamente al monastero di Santa Caterina sul Sinai.

Come è noto, un gran numero di manoscritti provenienti dal Sinai, interi o smembrati, sono finiti in diverse biblioteche e collezioni di tutto il mondo. Come il codice oggi conservato alla Vaticana. Il frammento vaticano del Sin. geo. 49 non è molto grande: comprende solo 10 fogli, due dei quali (i ff. 1 e 5) riportano i capitoli del vangelo di Matteo (Mt 11,30–12,26) nel primo strato di scrittura. Prima un evangeliario siriaco, poi il testo greco degli Apophthegmata Patrum (i Detti dei Padri del Deserto) e infine il testo georgiano. All’interno del manoscritto originale siriaco, questo bifoglio era in realtà foglio singolo, con il testo del Vangelo disposto su due colonne con 28-30 righe. Il bifoglio originale è stato poi tagliato in due e ripiegato per essere riutilizzato nella produzione del nuovo manoscritto georgiano.

Questo frammento, sebbene modesto, è però un altro tassello che si aggiunge all’affascinante puzzle della storia delle traduzioni e della trasmissione della Bibbia. L’identificazione di altri frammenti in futuro potrà portare alla luce ulteriori fogli dello stesso o di altri manoscritti evangelici.

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