Indicare, seguire e rimanere. Queste le tre parole chiave dell’omelia pronunciata dal cardinale vicario Baldassare Reina in occasione dell’ordinazione di Mons. Renato Tarantelli nella Basilica di San Giovanni in Laterano. Monsignor Renato Tarantelli Baccari, nato nel 1976, attualmente ricopre il ruolo di Vescovo Ausiliare e Vicegerente della Diocesi di Roma. È stato ordinato sacerdote da Papa Francesco nel 2018 e il 21 novembre 2024 il Santo Padre lo ha nominato Vescovo Ausiliare di Roma e Vicegerente della stessa Diocesi. E il 4 gennaio ha ricevuto l’ordinazione episcopale in presenza del Papa. Ora nella sua nuova posizione, Mons. Tarantelli assisterà il Cardinale Vicario nell’amministrazione della vita diocesana, con particolare attenzione al settore meridionale della Diocesi di Roma.
Un pò di Abruzzo, ieri era presente nella Basilica di S. Giovanni in Laterano. Infatti tra i fedeli presenti, vi era anche una delegazione della Città di Campli, di cui mons. Tarantella è stato nominato vescovo titolare. Certo, la sua è una nomina solo simbolica, perché la diocesi di Campli, che fu eretta ‘con la bolla Pro excellenti di papa Clemente VIII del 12 maggio 1600 ottenendo il titolo di Città e di sede vescovile, con un territorio ricavato dalle diocesi di Montalto e di Teramo, fu soppressa il 27 giugno del 1818, da Papa Pio VII e il suo territorio fu unito alla Diocesi di Teramo. Dal 1968 Campli è annoverata tra le sedi vescovili titolari della Chiesa cattolica e mons. Tarantelli è il sesto vescovo titolare.
L’omelia del Cardinale Vicario
Nell’omelia, pronunciata alla luce del Natale e dell’inizio del Giubileo della Speranza, il cardinale ha riflettuto sulla missione del pastore nella Chiesa: i pastori sono doni della provvidenza divina, chiamati a guidare il popolo di Dio con saggezza, amore e spirito di sacrificio. Tre sono le azioni chiave per la vocazione pastorale.
La prima è indicare, come ha fatto Giovanni Battista: “abbiamo bisogno di pastori che non si sostituiscano al Maestro e che guidino servendo una Chiesa sacramento della relazione con Cristo. In questo senso, il pastore è chiamato a essere non solo una guida, ma anche un custode, capace di discernere e valorizzare i segni della presenza di Dio nel mondo, per condurre ogni uomo e donna a contemplare il volto misericordioso di Cristo. Solo così il ministero pastorale diventa riflesso autentico della missione stessa di Cristo, che è venuto per indicare la via al Padre e condurci alla vita eterna“.
La seconda azione è seguire: “seguire Cristo implica una continua conversione, un dinamismo spirituale che ci rinnova profondamente. È un percorso di liberazione e trasfigurazione, come insegna san Paolo: ⟪Le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove⟫ (2 Cor 5,17). In questo, il vescovo è chiamato ad essere il primo testimone, un esempio vivente che rende plausibile questa verità. Egli cammina con il suo popolo, ma sempre con lo sguardo rivolto al Maestro, in costante ascolto della sua voce e dei suoi segni“.
La terza è rimanere, come il tralcio che rimane nella vite per portare frutto: “indica la maturazione del rapporto e la profondità della relazione. ‘Rimanere’ significa radicarsi nella Parola, assimilare i passi di Gesù e trovare in Lui la dimora del cuore, in cui il credente può sperimentare la pienezza della grazia e la certezza del perdono. Il pastore diventa l’indicazione permanente del dov’è Dio, del dove trovare la sua pace, la sua grazia, il suo perdono“. L’ordinazione episcopale è un servizio, non un onore, che richiede totale trasparenza di Cristo, “donando a Lui e al Suo corpo mistico tutta la vita“.
Il saluto di mons. Tarantelli: pregare sempre, stancarsi mai
“L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio Salvatore“. Con le parole uscite dalla bocca di Maria, il neo-vescovo monsignor Renato Tarantelli si è rivolto al Santo Padre, ringraziandolo per essere venuto “qui, oggi, nella sua cattedrale, tra la gente della sua amata diocesi, in questa bella chiesa di Roma che lei ha affidato alle cure e alla custodia del nostro Cardinale Vicario e degli altri vescovi ausiliari, tra i quali ora ha voluto inserire anche il mio nome. Semper orare et non deficere (Lc 18,1). Ho scelto questo motto episcopale, anche ricordando gli indimenticabili colloqui che lei mi ha donato. Pregare sempre, stancarsi mai. Perdonare sempre andare avanti con coraggio e non perdere il sorriso e, soprattutto, non perdere mai l’umorismo. Questi sono i tratti di ogni pellegrino di speranza e di ogni pastore. Forse sono anche l’antidoto migliore contro le insidie del demonio ed è come vorrei vivere il ministero appena ricevuto. Pregare sempre, stancarmi mai, perdonare sempre, andare avanti con coraggio, non perdere il sorriso e non perdere l’umorismo. Ringrazio tutti voi che siete venuti qui per pregare e gioire insieme. Grazie, grazie e grazie!“