Nell’Annuario Pontificio 2024 Papa Francesco ripristina il titolo di Patriarca d’Occidente.
Papa Francesco ripristina nell’Annuario Pontificio 2024 il titolo di Patriarca dell’Occidente, quel titolo che era stato rimosso sotto papa Benedetto XVI a partire dal 2006. Non si tratta dei primi ritocchi all’Annuario, corposo testo che presenta la situazione della Chiesa nel mondo ogni anno: già nell’edizione del 2020 i titoli pontificali erano stati collocati sotto la biografia ecclesiastica di Jorge Mario Bergoglio, separati da una linea di demarcazione e soprattutto introdotti con la locuzione di “titoli storici”. Ora tra questi titoli ricompare quello di Patriarca dell’Occidente.
La scelta di Benedetto XVI di non fregiarsi più di questo titolo era stata chiarita da un comunicato del Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani, allora guidato dal cardinale Walter Kasper: “La rinuncia a detto titolo vuole esprimere un realismo storico e teologico e, allo stesso tempo, essere la rinuncia ad una pretesa, rinuncia che potrebbe essere di giovamento al dialogo ecumenico“. Il Papa era storicamente compreso come Patriarca d’Occidente “accanto ai quattro Patriarcati orientali (Costantinopoli, Alessandria, Antiochia e Gerusalemme). Com’è noto la Pentarchia fu definita dal can. 28 del IV Concilio Ecumenico di Calcedonia del 451, ma il titolo venne adoperato “per la prima volta nel 642 da Papa Teodoro I“. L’avvento dell’Islam indebolì notevolmente l’influenza delle sedi di Alessandria, Antiochia e Gerusalemme, creando una sorta di bipolarità tra Roma e Costantinopoli. In seguito il titolo di Patriarca dell’Occidente ricorse solo sporadicamente e nell’Annuario Pontificio “apparve per la prima volta nel 1863”. Il termine “Occidente“, prosegue il comunicato, “richiama un contesto culturale che non si riferisce soltanto all’Europa Occidentale, ma si estende dagli Stati Uniti d’America fino all’Australia e alla Nuova Zelanda, differenziandosi così da altri contesti culturali“. Al massimo, il titolo di Patriarca d’Occidente “potrebbe esprimere la giurisdizione particolare del Vescovo di Roma per la Chiesa latina“. Ma con il nuovo ordinamento canonico scaturito dal Concilio Vaticano II “nella forma delle Conferenze Episcopali e delle loro riunioni internazionali di Conferenze Episcopali” non era più necessario trascinarsi dietro questo titolo, bollato come “obsoleto e praticamente non più utilizzabile“.
Già il cardinale Achille Silvestrini, Prefetto dal 1991 al 2000 dell’allora Congregazione per le Chiese Orientali, era a favore della soppressione di questo titolo come segno concreto di sensibilità ecumenica e mano tesa agli ortodossi. Uno studio del 2007 di Padre Adriano Garuti OFM, per quasi vent’anni capo ufficio della sezione dottrinale della Congregazione per la Dottrina della Fede e professore di ecclesiologia e ecumenismo alla Pontificia Università Lateranense, si intitolava proprio “Patriarca d’Occidente?”. Per Padre Garuti l’iniziativa di Benedetto XVI di rinunciare a quel titolo si spiegava con la necessità di trovare altre vie per dare impulso alla collegialità e tornare all’unità con gli ortodossi; ma il francescano escludeva la riesumazione della vecchia Pentarchia, che avrebbe fatto del Papa appunto il Patriarca dell’Occidente. Solo uno dei cinque, uno accanto agli altri, contro il dogma del primato romano definito dalla Pastor Aeternus dal Concilio Vaticano I.
Lo scoglio rimane quello del primato del Papa, faceva eco la parte ortodossa. Un commento dell’arcivescovo Hilarion sulla soppressione del titolo di Patriarca chiariva come il principale ostacolo all’unità fossero invece i titoli rimasti intoccati: Vicario di Gesù Cristo, Successore del Principe degli Apostoli, Sommo Pontefice della Chiesa universale. Per gli ortodossi Cristo non ha alcun “vicario” che governerebbe la Chiesa a suo nome; l’idea di successore del principe degli apostoli si riferisce all’interpretazione cattolica della trasmissione del primato petrino, ab antiquo contestata in Oriente e il titolo di origine “pagana” di Pontifex Maximus indica quella giurisdizione universale del vescovo di Roma che difficilmente potrà essere riconosciuta dalle Chiese ortodosse. Paradossalmente il titolo che poteva dare meno problemi era esattamente quello cancellato. Come Patriarca d’Occidente il papa di Roma è vista da parte ortodossa come la guida di tutti quei cristiani che non appartengono agli antichi Patriarcati d’Oriente o a quelle Chiese ortodosse locali apparse nel secondo millennio. Se la mossa fosse stata motivata dalla ricerca di un reale progresso ecumenico e dal desiderio di miglioramento delle relazioni cattolico-ortodosse, era altro ciò a cui bisognava mirare.
Ora, nel nuovo Annuario Pontificio 2024, Papa Francesco rispolvera l’antico titolo di Patriarca dell’Occidente esattamente per la stessa ragione per cui venne depennato: il dialogo ecumenico. Già nel 2013 in Evangelii Gaudium il Santo Padre riaffermava l’urgenza del monito di San Giovanni Paolo II: pensare a una conversione del papato, ossia ad un esercizio del ministero petrino “più fedele al significato che Gesù Cristo intese dargli e alle necessità attuali dell’evangelizzazione“. In occasione del suo discorso per il 50° del Sinodo dei Vescovi nel 2015, il Pontefice dichiarava: “Chiesa e sinodo sono sinonimi“, citando san Giovanni Crisostomo, prete di Antiochia elevato a Patriarca di Costantinopoli. Anche se storicamente il rango patriarcale fu marginale nella percezione occidentale della figura del papa, rivestiva invece un ruolo di particolare importanza nelle relazioni con l’Oriente. E Papa Francesco ha sempre mostrato di apprezzare l’antica lezione sinodale delle Chiese patriarcali e non ha mai fatto mancare la sua vicinanza ai cristiani del Medioriente, sin dall’inizio del Pontificato, con i viaggi in Terra Santa, Egitto, Emirati Arabi e Iraq. Senza dimenticare l’incontro a L’Avana nel 2016 con un altro Patriarca, ben più influente, Kirill di Mosca e di tutta la Russia, gli abbracci fraterni tra i due e la firma di una dichiarazione comune. Sembra passato un secolo. Recuperare il titolo di Patriarca d’Occidente, nell’intenzione di Francesco, significa tornare al cuore di una sinodalità perduta. Un’eccessiva centralizzazione, anziché aiutare, rischierebbe di complicare la vita della Chiesa e la sua dinamica missionaria e diplomatica, mentre il pensiero e l’azione di Papa Francesco si muovono nella riscoperta della responsabilità per la casa comune nel contesto della sinodalità.
L’idea di questo recupero covava già da tempo, probabilmente già ai tempi dall’incontro tra Papa Francesco e il Patriarca Ecumenico Bartolomeo nel maggio del 2014 a Gerusalemme, in occasione del 50° Anniversario dell’incontro tra Papa Paolo VI e il Patriarca Atenagora e la revoca delle scomuniche. In un tempo in cui il mondo sta già combattendo una terza guerra mondiale a pezzi, come ha spesso ripetuto il Santo Padre, si tratta di offrire una testimonianza comune all’amore di Dio verso tutti e ritrovare un nuovo inizio tra le Chiese, nonostante gli errori e le incomprensioni passate. Solo una Chiesa unita attraverso lo strumento della sinodalità patriarcale può sostenere l’arroganza dei potenti della Terra. Nel mondo contemporaneo, in cui scompaiono progressivamente i pilastri spirituali dell’esistenza umana, cattolici e ortodossi sono chiamati a collaborare fraternamente e a testimoniare insieme, in tutti gli ambiti della vita personale e sociale, la dignità infinita e la libertà autentica della persona, «perché il mondo creda» (Gv 17, 21). Celebrare la Pasqua insieme, come ha auspicato il Patriarca Ecumenico Bartolomeo in occasione degli auguri per la Pasqua cattolica, nel 2025 e a partire dal 2025 costituirebbe già un segno di superamento di quello scandalo che è la celebrazione separata dell’evento unico dell’unica Risurrezione dell’unico Signore.
Firmando la prefazione al libro postumo del metropolita di Pergamo, Ioannis Zizioulas, Papa Francesco ha sottolineato che non dobbiamo essere prigionieri degli errori compiuti, dei tentativi falliti e delle zavorre del passato, ma occorre guardare al futuro, quel Futuro che viene alla storia e non dalla storia. Non è la storia a guidare il futuro; la storia deve obbedire al futuro dell’umanità. Se il valore delle tradizioni è di aprire il cammino e non di chiuderlo, allora recuperare il titolo di Patriarca dell’Occidente è un gesto tangibile di porsi in un dialogo umile e disarmato con tutti i Patriarchi, custodi e testimoni delle prime origini apostoliche. Dalla nostra capacità di dare insieme testimonianza allo Spirito di verità in questi tempi difficili dipende, in gran parte, il futuro dell’umanità.