Nel giorno della sua morte, il 16 aprile, la Chiesa celebra la testimonianza silenziosa e luminosa della veggente di Lourdes
Nevers, 16 aprile 1879. È mercoledì di Pasqua. Alle 15:15, mentre fuori la primavera fiorisce e la Chiesa canta l’Alleluia della Risurrezione, una giovane suora di 35 anni si spegne dolcemente nell’infermeria del convento di Saint-Gildard. Il suo nome di battesimo era Bernadette Soubirous, ma qui è suor Maria Bernarda. Nessun clamore, solo una poltrona davanti al camino e la fiamma di un’anima che si consuma in silenzio. Le sue ultime parole: “Santa Maria, Madre di Dio, pregate per me, povera peccatrice” e poi “Ho sete”. Parole di abbandono e di sete d’amore, come quelle di Cristo sulla croce.
Sono passati poco più di vent’anni da quando, nel cuore di una Francia ancora fredda e incredula, questa ragazzina povera e analfabeta aveva osato dire di aver visto la “Bella Signora” nella grotta di Massabielle, a Lourdes. Diciotto volte, tra l’11 febbraio e il 16 luglio 1858, Maria l’Immacolata si era chinata su di lei, e da allora il mondo non fu più lo stesso. Lourdes divenne un faro di fede, guarigione e speranza. E Bernadette, dopo il clamore, scelse il silenzio.
Una vita nascosta, una santità svelata
“Sono venuta qui per nascondermi”, disse al suo arrivo a Nevers. E così fece. Nessuna gloria terrena, nessuna celebrazione. Obbediente, umile, spesso malata, Bernadette si offrì come vittima d’amore. “Le mie armi sono la preghiera e il sacrificio”, scrive al Papa. La Madonna le aveva chiesto di pregare per i peccatori, e lei lo fece fino all’ultimo respiro. Infermiera all’inizio, poi lei stessa malata cronica: asma, tubercolosi, un tumore osseo. Eppure, il suo volto restava sereno. «Non vivrò un solo istante senza amare», era il suo motto. Così consumò la sua vita come offerta, lontana da Lourdes ma sempre spiritualmente unita a quella Grotta.
Alla sua morte, fu sepolta con discrezione in una cappella dedicata a San Giuseppe, nel giardino del convento. Ma Dio aveva altro in mente. Quando, trent’anni dopo, nel 1909, il suo corpo fu esumato per il processo di beatificazione, i medici restarono sbalorditi: non ossa, non cenere, ma un corpo intatto. Pelle, vene, capelli, persino le mani che ancora stringevano il rosario, tutto conservato. E questo, in un ambiente umido dove persino i metalli si erano corrotti. Nessun segno di putrefazione, come confermato anche nelle successive ricognizioni del 1919 e del 1925.
Era un segno? Per molti, sì. Un segno che la bellezza della santità non si consuma. Bernadette, quella che voleva “nascondersi”, è oggi visibile a milioni di pellegrini nella cappella di Saint-Gildard, raccolta in pace, testimone di un Dio che non dimentica i piccoli.
Santa non per le apparizioni, ma per la risposta
L’8 dicembre 1933, festa dell’Immacolata Concezione, Bernadette fu proclamata santa da papa Pio XI. Ma non per il privilegio di aver visto Maria. “La Chiesa la proclama santa non perché ha avuto visioni, ma per come ha vissuto la sua vita dopo”, ricorda la tradizione. Per il silenzio accettato, per la malattia trasformata in offerta, per la fedeltà alla preghiera e all’amore anche nel buio.
In un mondo che cerca il sensazionale, la storia di Santa Bernadette ci insegna che la vera gloria è nascosta nella fedeltà quotidiana, nel dono silenzioso di sé. E oggi, 16 aprile, nel giorno della sua morte gloriosa, la Chiesa la celebra come protettrice dei pastori, delle lavoratrici dei campi, e di tutti coloro che, come lei, camminano nella vita con gli occhi fissi sulla “Bella Signora”, nel silenzio, nella preghiera e nell’amore.
“Dopo tutto, sono fratelli nostri”, diceva Bernadette dei peccatori. Un cuore grande, fragile e forte come la fede. Un cuore che, ancora oggi, palpita a Lourdes e a Nevers, ogni volta che un’anima si lascia guardare da Maria come persona.