Periodico di informazione religiosa

Seconda domenica di Quaresima. La Quaresima con Gregorio Magno

by | 25 Feb 2024 | Monasteria

Seconda domenica di Quaresima 

L’occasione suprema in cui la divina bellezza è stata rivelata all’umanità, è la trasfigurazione di Cristo sul Monte Tabor. Il volto di Cristo risplende come il sole, anzi, più del sole. La luce del Tabor non è soltanto la luce naturale: la tradizione orientale la chiama luce immateriale, eterna, infinita, inaccessibile, una gloria più splendente della luce. In breve,non è altro che la gloria della divinità. L’irradiamento della sua luce nel suo corpo di compassione e come il fremito del Padre che risponde al dono totale del suo Unigenito; non c’è più distanza tra la materia e la divinità, perché nel corpo di Cristo la nostra carne entrata in comunione con il principe della vita, senza confusione e senza separazione.

I discepoli per alcuni secondi sono inondati dal fulgore deificante, che emana dal corpo di Cristo. Gli apostoli hanno visto Gesù in un’altra luce, diversa da quella precedente: con i loro occhi hanno visto ciò che prima credevano secondo le parole; con i loro occhi hanno visto ciò che prima hanno ascoltato e ciò che alcuni giorni prima Pietro aveva confessato, che Gesù era il Cristo, il figlio del Dio vivo.

La trasfigurazione era considerata dai monaci come programma di conversione per ogni cristiano. Che non conosce questa tradizione si potrebbe chiedere: ma questa festa solenne non potrebbe adattarsi meglio al tempo pasquale? In realtà non dimentichiamo che la Quaresima deve essere tempo di conversione e di cambiamento: la trasfigurazione e la passione sono da comprendere una relazione all’altra ed entrambe in termini di resurrezione.

Ma che cosa ci dice la gloria luminosa della trasfigurazione di fronte a guerre, morti, sfollamenti, fame e ingiustizie che vediamo nel mondo? La luce del Cristo trasfigurato illumina il mistero della sofferenza o è una semplice evasione dalla realtà? Prendiamo un’immagine giustamente famosa: la più antica rappresentazione della trasfigurazione giunta a noi è il mosaico absidale di SantApollinare in classe a Ravenna, che mostra il Cristo trasfigurato proprio nella forma di una croce gemmata, che stende le sue braccia nel firmamento del cielo.Tabor e Calvario sono due monti che formano un unico mistero. La nostra esistenza quotidiana è trasfigurata esattamente nella misura in cui noi, ciascuno nella propria situazione, condividiamo la sofferenza, la solitudine e lo scoraggiamento di coloro che ci sono intorno a noi. Questa è la relazione è portatrice di vita tra la gloria del monte Tabor e l’angoscia e la disperazione del mondo, questo è il messaggio del salvatore trasfigurato all’umanità sofferente per il mondo contemporaneo: tutti gli uomini e tutte le cose sono capace di trasfigurazione, ma essa è possibile solo attraverso la croce. Attraverso la croce: non c’è altra via, per Cristo stesso e per noi che vogliamo essere membra del suo corpo. La trasfigurazione di Cristo non ci fa evadere da alcuna sofferenza, ma rende la nostra sofferenza creatrice e portatrice di vita.

Gregorio Magno, Commento al Primo libro dei Re I, 67

Chi viene sollevato alla vetta più alta della divina contemplazione scorge, in questa luce che tutto illumina, qualcosa che provoca un misterioso terrore e un’indicibile gioia. In effetti quando questa suprema visione si manifesta all’anima eletta, le mostra simultaneamente, per un disegno misericordioso, l’inscrutabile abisso dei giudizi di Dio e l’abbondanza della sua bontà, sicché il veggente è a un tempo preso da grande spavento e sollevato da immensa gioia. Il terrore che lo abbatte lo libera dall’attaccamento a questo mondo, la gioia che l’inonda gli fa desiderare più ardentemente la bontà del Creatore, che ha cominciato a pregustare.

Allora egli adora: considerando l’immensità dell’onnipotenza, si sottomette interamente al Creatore, in modo tale che gli impulsi dei desideri della carne non si solleveranno più in lui contro il comportamento spirituale.

Adorando, egli immola: più si prostra umilmente per rendere omaggio a Dio, più è soavemente confortato dalla luce carezzevole che irradia dall’alto.
Adorare è quindi, per chi sale, sottomettersi alla divina onnipotenza con grande reverenza di casto timore. Immolare è gustare l’ineffabile soavità della luce divina. In effetti l’anima eletta si consacra a Dio con una specie di immolazione spirituale quando, in questa ineffabile letizia della sua elevazione, più ardentemente l’infiamma il fuoco del divino amore.

© PhotoSansa55 https://commons.m.wikimedia.org/wiki/File:2012_ravenna_141.jpg

 

 

 

Print Friendly, PDF & Email

Ultimi articoli

Author Name