Sulle Orme del Beato Placido di Ocre: L’anima solitaria che fondò un’abbazia tra le rocce d’Abruzzo
Nel cuore selvaggio dell’Abruzzo, là dove il monte Circolo si frange in rupi scoscese e boscose, a 850 metri di altitudine, sorge silenziosa la Badia di Santo Spirito d’Ocre. Un luogo che parla ancora, con la voce pietrificata delle sue mura e il silenzio delle sue celle, della vita straordinaria di un uomo: il Beato Placido di Roio, fondatore e abate, mistico ed eremita, figlio umile della terra e ardente cercatore di Dio.
Placido nacque intorno al 1170 a Roio, oggi frazione dell’Aquila, da una famiglia poverissima. Eppure in lui ardeva già da bambino una sete insaziabile di sapere e santità. Non potendo frequentare la scuola, trovò un modo per imparare: ascoltava le lezioni riferite dai coetanei appena usciti da scuola, assimilando tutto con memoria e intelligenza. La sua era una cultura raccolta tra i solchi del campo e le parole rubate ai libri degli altri. Ma fu soprattutto la scuola della sofferenza e della carità a formarlo: divideva il pane, il freddo e la povertà con i compagni di sventura, vestito di sacco e stretto in un cilicio.
Spinto da una vocazione profonda, lasciò il lavoro dei campi per due pellegrinaggi lunghi e pericolosi: uno a Santiago de Compostela, l’altro al Santuario di San Michele sul Gargano. Tornò malato, provato, ma più deciso che mai. Abbracciò la vita eremitica, prima sul Monte Corno e poi, nel 1208, si rifugiò in una grotta oggi nota come la Grotta del Beato Placido, una ferita nella roccia difficile da raggiungere, al di sopra del paese di Fossa, di fronte al castello di Ocre.
In quel nido d’aquila, dove “si prese le penne dell’aquila e si fece il nido a grande altezza”, Placido visse per dodici anni in preghiera e penitenza. Dormiva in piedi, si nutriva del poco che la terra offriva e della luce che solo la contemplazione sa dare. La fama della sua santità si sparse nei villaggi, e i fedeli affrontavano la scalata impervia pur di ricevere una benedizione, un consiglio, una parola.
Uno di questi fu il conte Berardo di Ocre, che, col consenso della madre Realda, gli donò nel 1222 un terreno in località Pretula, dove Placido fondò il Monastero di Santo Spirito. Fu il primo insediamento cistercense della vallata aquilana. A lui si unirono discepoli desiderosi di seguire una vita austera e devota. Con l’approvazione del vescovo Tommaso di Forcona, adottarono la Regola Cistercense.
Placido resse quella comunità per vent’anni. Alla sua morte, il 13 giugno 1248, chiamò a sé Ruggero, abate di Santa Maria di Casanova, che elevò ufficialmente il monastero a Badia dell’Ordine Cistercense, prendendolo sotto la protezione dell’abbazia madre.
Oggi il complesso monastico – restaurato in parte dopo secoli di abbandono – appare più come una fortezza che come un convento: mura alte e spesse lo cingono, tre bifore traforano la pietra della facciata, un portale ogivale in stile borgognone custodisce l’ingresso. La chiesa, semplice e rigorosa, conserva affreschi trecenteschi e cinquecenteschi, alcuni dedicati proprio alla vita del beato fondatore. Uno dei più antichi (XIII sec.) raffigura la Madonna col Bambino e i SS. Pietro e Paolo, accanto ai committenti dell’opera.
Il monastero visse secoli di fervore monastico prima di essere soppresso nel 1692 da papa Innocenzo X. Ma il tempo, pur divorando pietre e affreschi, non ha scalfito la memoria del Beato Placido, la cui festa si celebra il 12 giugno, nel giorno della sua ascesa alla gloria celeste.
E se ancora oggi, tra le rocce che videro il suo eremitaggio e nei muri dell’abbazia che fondò, aleggia un silenzio assoluto, è perché Placido non ha mai smesso di parlare. Lo fa con la vita che scelse: povera, libera, verticale come la montagna, capace di condurre lo spirito oltre la pietra, dentro il Mistero.
©photo Pietro https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Monastero_di_Santo_Spirito_d%27Ocre_(AQ)_02.JPG#/media/File:Monastero_di_Santo_Spirito_d’Ocre_(AQ)_02.JPG