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Pizzaballa, un pastore tra le frontiere: Friburgo gli conferisce il dottorato honoris causa in teologia

da | 8 Mag 2025 | Cultura

Una Chiesa con le mani nella polvere. Il cardinale Pizzaballa, tra Gerusalemme e Gaza, ha ricevuto un dottorato honoris causa in teologia dalla Facoltà di Teologia dell’Università di Friburgo, in Svizzera

Gerusalemme, Roma, Friburgo: tre città che oggi si intrecciano attorno a una sola figura. Il cardinale Pierbattista Pizzaballa, Patriarca latino di Gerusalemme, è stato insignito del titolo di doctor theologiae honoris causa dalla prestigiosa Facoltà di Teologia dell’Università di Friburgo, in Svizzera. Un riconoscimento non solo accademico, ma profondamente ecclesiale e simbolico, conferito a un uomo che da oltre vent’anni è uno dei volti più riconoscibili e autorevoli della presenza cristiana in Terra Santa. La cerimonia ufficiale si svolgerà durante il Dies Academicus del 15 novembre, festa di Sant’Alberto Magno. Tuttavia, l’annuncio è stato anticipato al 6 maggio per una ragione tutt’altro che marginale: il cardinale si trova in questi giorni a Roma per partecipare al conclave che eleggerà il successore di papa Francesco.

Un ponte tra le fedi nel cuore del conflitto

“Un cristiano luminoso”, così lo definisce chi ha avuto modo di conoscerlo da vicino. Ma per Friburgo, ciò che conta è soprattutto il contributo unico di Pizzaballa alla teologia vissuta della riconciliazione. La Facoltà svizzera ha voluto onorare non solo il suo pensiero, ma l’intero itinerario ecclesiale di un frate francescano divenuto patriarca, mediatore e pastore nel cuore del Medio Oriente.

Già Custode dei Luoghi Santi, poi amministratore apostolico e oggi arcivescovo di Gerusalemme, Pizzaballa ha assunto, nel tempo, un ruolo chiave tra le comunità cristiane di lingua araba ed ebraica in Israele e Palestina. Il suo impegno, come ha ricordato l’ateneo svizzero, è “teologico e pastorale insieme”, teso a sostenere una minoranza spesso dimenticata, che vive sotto tensione costante tra le due rive del conflitto israelo-palestinese. In questo senso, il cardinale è diventato – scrivono il decanato e il rettorato – «un mediatore importante tra i diversi gruppi religiosi e sociali della regione».

Teologia del rischio: il Vangelo messo in gioco

L’apice di questa “teologia della frontiera” si è forse visto nell’ottobre 2023, quando l’arcivescovo Pizzaballa si è offerto come ostaggio in cambio della liberazione di bambini israeliani rapiti da Hamas. Un gesto tanto audace quanto evangelico, che ha ricordato al mondo che la croce non è solo un simbolo, ma una prassi cristiana. Un atto che ha spostato la teologia dai libri alla carne, dal dogma alla testimonianza viva, incarnando un messaggio che supera le parole: dare la vita per l’altro, anche per il nemico.

Una Chiesa con le mani nella polvere

Il premio di Friburgo arriva in un momento decisivo per la Chiesa universale: il conclave. E tra i cardinali elettori, Pizzaballa è indicato da molti come una figura dal profilo papabile. Ma il suo stile rimane francescano: semplice, concreto, lontano dalle manovre di potere. È stato lui stesso ad accogliere il riconoscimento accademico “con piacere”, ma senza clamore.

Per la Facoltà di Teologia, il suo è un volto che “parla” più di molti trattati. Rappresenta una teologia che abita la storia, che non fugge dai conflitti ma vi si inserisce come fermento di pace. È la teologia dell’incarnazione, della prossimità, del dialogo fatto con le mani, i piedi e il cuore.

Un premio che dice qualcosa anche a Roma

Se il Dies Academicus lo celebrerà in autunno, l’annuncio odierno risuona già come un segno dei tempi. In un momento in cui la Chiesa è chiamata a rinnovare la propria guida, il profilo di Pizzaballa indica una via: quella di una Chiesa che non alza barriere, ma costruisce ponti, che non teme le periferie, ma vi si stabilisce con amore.

Il riconoscimento di Friburgo non è solo accademico: è profetico. Premia un pastore che ha fatto del dialogo, della semplicità e del coraggio evangelico la sua firma nel mondo. E che oggi, con la sua presenza discreta ma potente a Roma, continua a indicare alla Chiesa un orizzonte: quello del Vangelo vissuto fino in fondo, anche là dove costa.

 

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