“Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui!” (Lc 24,5).
Così, nella Pasqua del 2025, all’indomai del suo sessantesimo compleanno, il cardinale Pierbattista Pizzaballa ha esortato la Chiesa in Terra Santa a rialzare lo sguardo. In un’omelia intensamente personale e profondamente ecclesiale, ha ricordato che Gesù “è Colui che si è consegnato, che si è lasciato mettere a morte, che non si è difeso, che non ha ceduto per un attimo ad una logica di violenza. E l’ha fatto non per debolezza, ma per fiducia”. Fiducia nel Padre, capace di custodire la vita anche nella notte più buia. Fiducia che oggi, in mezzo alle guerre e ai fallimenti della politica, della religione e delle nostre paure, siamo chiamati a ritrovare.
Il Patriarca latino di Gerusalemme ha parlato con franchezza del dolore del presente, del rischio di restare chiusi nei “sepolcri” dell’anima e della storia. E ha chiesto che Gesù entri nei nostri sepolcri per ridarci vita. “Facciamo memoria di quanto il Signore ha fatto per noi – ha detto – e alziamo lo sguardo su quanto ancora continua ad operare attraverso i tanti risorti di questo tempo”. È questo il cuore del suo ministero: custodire, nel cuore della Terra contesa, il volto di Dio riflesso in chi sa ancora amare, fidarsi, donarsi. E Gaza – oggi crocifissa – è il luogo dove questa missione si fa carne.
Le radici lombarde
Per comprendere davvero chi sia Pierbattista Pizzaballa, bisogna tornare alle radici, alla “vita semplice e autentica” della campagna lombarda dove è cresciuto. Nato nel 1965 a Castel Liteggio, frazione di Cologno al Serio (provincia di Bergamo), ultimo di tre fratelli, il futuro Patriarca è figlio di Pietro Pizzaballa e Maria Maddalena Tadini. I suoi primi anni si snodano tra la raccolta del fieno, le corse nei campi, le visite alle stalle per prendere il latte e i giochi essenziali dei bambini di un tempo che non esiste più.
In famiglia si respirava fede, quella solida e radicata che nasce dal lavoro e dalla preghiera. La vocazione fiorisce nella parrocchia e si rafforza nei gruppi giovanili. Da giovane, si è trasferito in Emilia Romagna per iniziare il suo percorso formativo con i frati minori. Ha frequentato le scuole medie nel seminario minore “Le Grazie” di Rimini e ha ottenuto la maturità classica nel seminario arcivescovile di Ferrara nel giugno 1984.
Il 5 settembre 1984, ha preso l’abito religioso nel convento di Santo Spirito a Ferrara ed è entrato nel noviziato del santuario della Verna, come frate minore della provincia francescana di Cristo Re (Emilia-Romagna). Qui, il 7 settembre 1985, ha emesso la professione temporanea. Ha proseguito la sua formazione filosofico-teologica a Bologna, dove, il 10 ottobre 1989, ha fatto la professione solenne nella chiesa di Sant’Antonio di Padova.
Nel 1990, ha conseguito il baccalaureato in teologia presso lo studio teologico “Sant’Antonio” di Bologna, affiliato alla Pontificia Università Antonianum di Roma. Nello stesso anno, il 15 settembre, è stato ordinato presbitero nella cattedrale di Bologna dal cardinale Giacomo Biffi.
Biblista e costruttore di ponti
Dopo l’ordinazione, il giovane Pizzaballa si forma a Gerusalemme e poi a Roma, al Pontificio Istituto Biblico, dove consegue la licenza in Sacra Scrittura. Torna nella Città Santa da professore, da segretario per la lingua ebraica e da direttore della rivista “La Terra Santa”. È un francescano rigoroso, spirituale, colto e concreto. Ma è anche un uomo del dialogo.
Nel 2005 diventa 167° Custode di Terra Santa, un ruolo che richiede visione, equilibrio, diplomazia e fede salda. Deve tenere insieme la complessità della presenza cristiana tra Israele e Palestina, tra le diverse confessioni e lingue, tra le tensioni delle Chiese locali e i pellegrinaggi internazionali. La sua figura cresce, insieme alla stima della Santa Sede.
Patriarca della speranza, nel cuore del conflitto
Nel 2016, papa Francesco lo nomina amministratore apostolico del Patriarcato Latino di Gerusalemme, e nel 2020 lo conferma come Patriarca. È il primo frate francescano, dopo secoli, a ricoprire questo incarico. E lo fa nel tempo più difficile.
Con la guerra a Gaza che ha portato la morte tra la popolazione civile, la distruzione delle chiese e degli ospedali, la fame e l’assedio, il suo volto si è fatto ancora più solcato, la voce ancora più netta. Ha parlato chiaro, da padre e da pastore: ha chiesto il cessate il fuoco, ha denunciato la punizione collettiva inflitta alla popolazione palestinese, ha invocato il rispetto del diritto umanitario internazionale.
A Gaza ha visto con i suoi occhi i “sepolcri” di cui parlava nell’omelia pasquale: non solo le macerie, ma anche la tentazione di cedere alla disperazione. Eppure, ha continuato a parlare di speranza. Perché la resurrezione non è un evento isolato, ma un processo che continua ogni giorno “attraverso i tanti risorti di questo tempo, coloro che anche in questo tempo buio sono ancora capaci di dono e di fiducia”.
Il cardinale della ferialità
Nel 2022, papa Francesco lo ha creato cardinale. Ma Pizzaballa ha mantenuto lo stile sobrio del francescano: niente clamori, niente scorta, niente privilegi. Continua a celebrare messa tra le bombe e le rovine, a incontrare le famiglie sfollate, a stringere mani callose e a consolare occhi pieni di paura.
La sua teologia è quella della vita concreta. Lo ha detto più volte: il Vangelo si annuncia con la prossimità, con la presenza. Per questo insiste nel restare a Gerusalemme, a Betlemme, a Gaza. Perché lì c’è il Corpo di Cristo sofferente. E lì, in mezzo alla violenza, lui cerca ancora la luce della Pasqua.
Perché è considerato un possibile successore di Papa Francesco
Pierbattista Pizzaballa non è solo un uomo di Chiesa: è un testimone del Vangelo nella storia. Conosce l’ebraismo da dentro, lo rispetta profondamente, lo studia, ci dialoga. Conosce il dolore palestinese, non lo nega, lo ascolta. Parla con i potenti, ma cammina con i poveri. Ed è questo che rende credibile la sua parola. Alcuni analisti lo considerano un outsider con un profilo internazionale forte, che potrebbe raccogliere consensi trasversali nel Conclave. La sua esperienza in Medio Oriente e il suo impegno per la pace lo pongono come una figura di riferimento in un momento in cui la Chiesa cerca di affrontare sfide globali complesse.
Esperienza in Medio Oriente: Pizzaballa ha trascorso decenni in Terra Santa, dove ha lavorato in contesti complessi e multireligiosi. Ha contribuito a costruire ponti tra le diverse comunità e a promuovere il dialogo interreligioso. Questa esperienza lo rende un interlocutore privilegiato per le sfide globali della Chiesa.
- Impegno per la pace: Il cardinale ha sottolineato che la Chiesa deve lavorare per la pace, altrimenti non è Chiesa. Ha definito la Terra Santa un “laboratorio di dialogo” e ha enfatizzato l’importanza di costruire relazioni tra le persone e nelle comunità, promuovendo la verità annunciata da Cristo
- Figura equilibrata: Secondo alcuni osservatori, Pizzaballa rappresenta una sintesi tra il passato e il presente della Chiesa. Non può essere facilmente catalogato tra progressisti e conservatori, ma è visto come un uomo concreto, un organizzatore con uno spirito di grande spessore, capace di dare compimento alle riforme abbozzate da Papa Francesco
Alcuni analisti lo considerano un outsider con un profilo internazionale forte, che potrebbe raccogliere consensi trasversali nel Conclave. La sua esperienza in Medio Oriente e il suo impegno per la pace lo pongono come una figura di riferimento in un momento in cui la Chiesa cerca di affrontare sfide globali complesse.
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