Era il 2017 quando il Santo Padre Francesco istituiva la Giornata Mondiale dei Poveri, esprimendo i seguenti auspici: «Al termine del Giubileo della Misericordia ho voluto offrire alla Chiesa la Giornata Mondiale dei Poveri, perché in tutto il mondo le comunità cristiane diventino sempre più e meglio segno concreto della carità di Cristo per gli ultimi e i più bisognosi. Alle altre Giornate mondiali istituite dai miei Predecessori, che sono ormai una tradizione nella vita delle nostre comunità, desidero che si aggiunga questa, che apporta al loro insieme un elemento di completamento squisitamente evangelico, cioè la predilezione di Gesù per i poveri. Invito la Chiesa intera e gli uomini e le donne di buona volontà a tenere fisso lo sguardo, in questo giorno, su quanti tendono le loro mani gridando aiuto e chiedendo la nostra solidarietà. Sono nostri fratelli e sorelle, creati e amati dall’unico Padre celeste».
Alla fine delle narrazioni evangeliche matteane, Gesù richiamava pubblicamente alla carità: fattiva, oblativa, universale, quale metro di misura del proprio cammino di fede; Egli annunciava: «Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi» (Mt 25,34-36); nel suo primo Messaggio, papa Francesco richiama i passi scritturistici: «Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità» (1Gv 3,18); Dio ha amato per primo (cfr 1Gv 4,10.19); e ha amato dando tutto sé stesso, anche la propria vita (cfr 1Gv 3,16). Egli intende sottolineare la prevenienza dell’amore divino, nei confronti di ogni persona umana, e la vocazione cristiana al dono totale di sé, quale espressione della carità. Il Santo Padre sottolinea fortemente: «Non pensiamo ai poveri solo come destinatari di una buona pratica di volontariato da fare una volta alla settimana, o tanto meno di gesti estemporanei di buona volontà per mettere in pace la coscienza. Queste esperienze, pur valide e utili a sensibilizzare alle necessità di tanti fratelli e alle ingiustizie che spesso ne sono causa, dovrebbero introdurre ad un vero incontro con i poveri e dare luogo ad una condivisione che diventi stile di vita. Infatti, la preghiera, il cammino del discepolato e la conversione trovano nella carità che si fa condivisione la verifica della loro autenticità evangelica. E da questo modo di vivere derivano gioia e serenità d’animo, perché si tocca con mano la carne di Cristo. Se vogliamo incontrare realmente Cristo, è necessario che ne tocchiamo il corpo in quello piagato dei poveri, come riscontro della comunione sacramentale ricevuta nell’Eucaristia. […] Siamo chiamati, pertanto, a tendere la mano ai poveri, a incontrarli, guardarli negli occhi, abbracciarli, per far sentire loro il calore dell’amore che spezza il cerchio della solitudine. La loro mano tesa verso di noi è anche un invito ad uscire dalle nostre certezze e comodità, e a riconoscere il valore che la povertà in sé stessa costituisce»; e lo fa indicando un modello di vita cristica nell’esperienza di Francesco d’Assisi: «Facciamo nostro l’esempio di san Francesco, testimone della genuina povertà. Egli, proprio perché teneva fissi gli occhi su Cristo, seppe riconoscerlo e servirlo nei poveri».
Nell’anno in corso, papa Francesco ci sta facendo riflettere sulla povertà, a partire dalla pagine anticotestamentaria di Tobi: «Non distogliere lo sguardo dal povero» (Tb 4,7); per denunciare – con parresia evangelica – che il nostro mondo è immerso in «un momento storico che non favorisce l’attenzione verso i più poveri. Il volume del richiamo al benessere si alza sempre di più, mentre si mette il silenziatore alle voci di chi vive nella povertà. Si tende a trascurare tutto ciò che non rientra nei modelli di vita destinati soprattutto alle generazioni più giovani, che sono le più fragili davanti al cambiamento culturale in corso. Si mette tra parentesi ciò che è spiacevole e provoca sofferenza, mentre si esaltano le qualità fisiche come se fossero la meta principale da raggiungere. La realtà virtuale prende il sopravvento sulla vita reale e avviene sempre più facilmente che si confondano i due mondi. I poveri diventano immagini che possono commuovere per qualche istante, ma quando si incontrano in carne e ossa per la strada allora subentrano il fastidio e l’emarginazione. La fretta, quotidiana compagna di vita, impedisce di fermarsi, di soccorrere e prendersi cura dell’altro». D’altro canto, il Papa tiene pure a presentare i modelli positivi di tutti quei fratelli e quelle sorelle che si fanno prossimi nel bene, in silenzio, nella quotidianità; cristiani che tendono la mano e diventano strumenti della benedizione di Dio.
L’anno scorso il Messaggio indicava la parola paolina: Gesù Cristo si è fatto povero per voi (cfr 2Cor 8,9). Il Santo Padre scriveva nel segno della solidarietà, sottolineando: «Condividere il poco che abbiamo con quanti non hanno nulla, perché nessuno soffra. Più cresce il senso della comunità e della comunione come stile di vita e maggiormente si sviluppa la solidarietà»; e ammoniva: «Davanti ai poveri non si fa retorica, ma ci si rimbocca le maniche e si mette in pratica la fede attraverso il coinvolgimento diretto, che non può essere delegato a nessuno. A volte, invece, può subentrare una forma di rilassatezza, che porta ad assumere comportamenti non coerenti, quale è l’indifferenza nei confronti dei poveri. Succede inoltre che alcuni cristiani, per un eccessivo attaccamento al denaro, restino impantanati nel cattivo uso dei beni e del patrimonio. Sono situazioni che manifestano una fede debole e una speranza fiacca e miope. Sappiamo che il problema non è il denaro in sé, perché esso fa parte della vita quotidiana delle persone e dei rapporti sociali. Ciò su cui dobbiamo riflettere è, piuttosto, il valore che il denaro possiede per noi: non può diventare un assoluto, come se fosse lo scopo principale. Un simile attaccamento impedisce di guardare con realismo alla vita di tutti i giorni e offusca lo sguardo, impedendo di vedere le esigenze degli altri. Nulla di più nocivo potrebbe accadere a un cristiano e a una comunità dell’essere abbagliati dall’idolo della ricchezza, che finisce per incatenare a una visione della vita effimera e fallimentare. Non si tratta, quindi, di avere verso i poveri un comportamento assistenzialistico, come spesso accade; è necessario invece impegnarsi perché nessuno manchi del necessario. Non è l’attivismo che salva, ma l’attenzione sincera e generosa che permette di avvicinarsi a un povero come a un fratello che tende la mano perché io mi riscuota dal torpore in cui sono caduto».
Meditiamo anche noi sulle parole profetiche di papa Francesco; rileggiamo i suoi Messaggi. Essi, in questi anni, si sono soffermati sulle espressioni scritturistiche: «I poveri li avete sempre con voi» (Mc 14,7) (2021); «Tendi la tua mano al povero» (cfr Sir 7,32) (2020); «La speranza dei poveri non sarà mai delusa» (Sal 9,19) (2019); «Questo povero grida e il Signore lo ascolta» (Sal 34,7). La nostra fede interpella – in ogni momento, desiderio, atteggiamento – l’amore verso Dio e quello verso il prossimo: vicino, fratello, straniero, malato, carcerato, persona sola; sempre possiamo compiere la nostra personale vocazione e missione, nel bene e nella fratellanza universale.