In occasione del XVI anniversario della morte di san Girolamo, papa Francesco ha scritto per la Chiesa universale la Lettera Apostolica Scripturae sacrae affectus, presentando l’opera di questo Padre e Dottore della Chiesa nella diffusione della conoscenza della Parola divina.
«Un affetto per la Sacra Scrittura, un amore vivo e soave per la Parola di Dio scritta è l’eredità che San Girolamo ha lasciato alla Chiesa attraverso la sua vita e le sue opere» (Scripturae sacrae affectus); infatti, guardiamo al suo infaticabile ministero e servizio alla Parola: tutta studiata, meditata, tradotta e offerta al popolo di Dio, quale frumento di salvezza e di conoscenza della santa Trinità. La cristianitas, anche oggi, scorge in Girolamo quel desiderio di «diventare servitore della Parola di Dio, come innamorato della “carne della Scrittura”. Così, nella ricerca continua che ha caratterizzato la sua vita, valorizza i suoi studi giovanili e la formazione ricevuta a Roma, riordinando il suo sapere nel più maturo servizio a Dio e alla comunità ecclesiale» (Scripturae sacrae affectus).
Papa Francesco – in questa Lettera – definisce Girolamo «esegeta, docente, guida spirituale»; e sottolinea: «È nella Sacra Scrittura che, mettendosi in ascolto, Girolamo trova sé stesso, il volto di Dio e quello dei fratelli», per rivelarci come il Dottore della Chiesa avesse fatto del proprio studio quel mezzo per crescere nella vita spirituale e incontrare Dio: lontano, dunque, da uno sterile studio fine a se stesso. In lui la cultura viene messa a completo servizio della evangelizzazione.
L’eredità che san Girolamo ci consegna viene riassunta dal Papa con queste espressioni: «Per una piena comprensione della personalità di San Girolamo è necessario coniugare due dimensioni caratteristiche della sua esistenza di credente: da un lato, l’assoluta e rigorosa consacrazione a Dio, con la rinuncia a qualsiasi umana soddisfazione, per amore di Cristo crocifisso (cfr 1Cor 2,2; Fil 3,8.10); dall’altro, l’impegno di studio assiduo, volto esclusivamente a una sempre più piena comprensione del mistero del Signore. È proprio questa duplice testimonianza, mirabilmente offerta da San Girolamo, che viene proposta come modello: per i monaci, innanzitutto, perché chi vive di ascesi e di preghiera venga sollecitato a dedicarsi all’assiduo travaglio della ricerca e del pensiero; per gli studiosi, poi, che devono ricordare che il sapere è valido religiosamente solo se fondato sull’amore esclusivo per Dio, sulla spoliazione di ogni umana ambizione e di ogni mondana aspirazione» (Scripturae sacrae affectus). Egli aveva scoperto – nelle sante Scritture – il carattere umile di Dio, la sua prossimità a ogni persona umana, la luce che guida la storia alla piena ricapitolazione in Cristo Gesù.
Oggi il Padre della Chiesa Girolamo viene nuovamente presentato dal Papa alla cristianità universale in questi termini: «Girolamo è la nostra guida sia perché, come ha fatto Filippo (cfr At 8,35), conduce ogni lettore al mistero di Gesù, sia perché assume responsabilmente e sistematicamente le mediazioni esegetiche e culturali necessarie per una corretta e proficua lettura delle Sacre Scritture. La competenza nelle lingue in cui la Parola di Dio è stata trasmessa, l’accurata analisi e valutazione dei manoscritti, la puntuale ricerca archeologica, oltre alla conoscenza della storia dell’interpretazione, tutte le risorse metodologiche, insomma, che nella sua epoca storica erano disponibili, vengono da lui utilizzate, concordemente e sapientemente, per orientare a una giusta comprensione della Scrittura ispirata» (Scripturae sacrae affectus). Francesco ne ripropone l’opera anche a partire dal seguente rammarico: «Purtroppo in molte famiglie cristiane nessuno si sente in grado – come invece è prescritto nella Tôrah (cfr Dt 6,6) – di far conoscere ai figli la Parola del Signore, con tutta la sua bellezza, con tutta la sua forza spirituale» (Scripturae sacrae affectus). Siamo consapevoli della nostra poca conoscenza del vasto tesoro delle Scritture, come anche della loro poca frequentazione; per questo il Papa desiderò l’istituzione della Domenica della Parola di Dio – 30 settembre 2019 –, nella Terza Domenica del Tempo Ordinario.
Girolamo ci rivela come la traduzione delle Scritture – al suo tempo – sia stata una delle principali fonti dell’inculturazione del Vangelo; oggi, nuovamente, lo Spirito e la storia ci interpellano affinché rendiamo attuale e comprensibile il kerygma: l’annuncio di salvezza di un Dio che, per amore e pura grazia, si incarna, soffre, muore e risorge al fine di condurre ogni persona umana alla salvezza.
Papa Francesco concludeva la sua Lettera ricordando che la ricerca religiosa costituisca – in ogni tempo – quella fonte per coniugare l’indagine della mente con i bisogni del cuore. Egli aggiunge, a tal proposito: «L’attuale centenario rappresenta una chiamata ad amare ciò che Girolamo amò, riscoprendo i suoi scritti e lasciandoci toccare dall’impatto di una spiritualità che può essere descritta, nel suo nucleo più vitale, come il desiderio inquieto e appassionato di una conoscenza più grande del Dio della Rivelazione» (Scripturae sacrae affectus).
Vogliamo cogliere il prezioso testamento che san Girolamo ci ha lasciato; e affiancarlo agli altri pronunciamenti magisteriali che dovrebbero illuminare e arricchire – giorno dopo giorno – la nostra vita di fede: la Costituzione del concilio Vaticano II Dei Verbum (18 novembre 1965), l’Esortazione Apostolica postsinodale di Benedetto XVI sulla Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa Verbum Domini (30 settembre 2010), i numeri 149-152 e 174-175 della Esortazione Apostolica di papa Francesco sull’annuncio del Vangelo nel mondo attuale Evangelii gaudium (24 novembre 2013).
Incarnando nella nostra vita questo tesoro di sane provocazioni, ciascuno di noi – ogni giorno – può crescere nella conoscenza e nell’amore delle sante Scritture; prepararsi meglio alla Parola che nella celebrazione domenicale viene spezzata per noi; pregare a partire dai versetti biblici; meditare sulla propria vita di fede fondandosi sui testi divinamente ispirati. In tal modo, il nostro essere cristiani si irrobustisce e saremo pronti a dare ragione della speranza che ci arde dentro (cfr 1Pt 3,15).