“È evidente che l’Europa non è all’altezza di ciò che potremmo ottenere, se agissimo come comunità“. In queste dure parole del rapporto Draghi, sembra di riascoltare la voce dei Padri fondatori dell’Europa. La parola “comunità” usata da Draghi non è da sottovalutare. Comunità è più di una semplice “Unione“. Il rapporto di 400 pagine consegnato da Draghi a Bruxelles, preparato su richiesta della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, delinea un quadro estremamente frammentato: mancanza di focus, spreco di risorse, assenza di azioni coordinate nei settori stategici. In primo luogo, scrive Draghi, articoliamo obiettivi comunitari, ma non li sosteniamo stabilendo priorità chiare o dando seguito ad azioni politiche comuni; abbiamo lasciato che il mercato unico europeo rimanesse frammentato per decenni, il che ha avuto un effetto a cascata sulla competitività e sulla ricchezza delle famiglie. In secondo luogo, l’Europa sta letteralmente sprecando le sue risorse comuni. Abbiamo un ampio potere di spesa collettivo, ma lo diluiamo in molteplici strumenti nazionali e comunitari, con ricadute negative su innovazione e difesa. In terzo luogo, l’Europa non riesce a coordinarsi laddove sarebbe più necessario: strategie industriali, politiche fiscali, rapporti con l’economia estera. Fare comunità in questo campo richiederebbe un elevato grado di coordinamento tra gli sforzi nazionali e quelli dell’UE, ma le farraginose regole decisionali dell’Europa non si sono evolute con l’allargamento dell’Unione, né si sta tenendo conto del più complesso, se non ostile, ambiente globale che va via via emergendo.
Occorre procedere a tre velocità. Innanzitutto l’UE potrebbe ottenere tanto, anche a piccoli passi, ma camminando insieme e allineando le politiche verso gli obiettivi comuni. In altri settori sono necessarie falcate più ampie, delegando a livello centrale compiti che possono essere svolti solo lì. In altri settori ancora l’UE dovrebbe fare un passo indietro e applicare il principio di sussidiarietà, riducendo l’onere normativo che impone alle imprese dell’UE. Ma al fondo di ogni strategia il presupposto ineludibile è l’azione comune. La comunità non è un lusso, al contrario: “il peso di avanzare da soli porterebbe i singoli Paesi a livelli di indebitamento troppo alti che condurrebbero al disastro“, ha ribadito Draghi a Milano ospite del “Tempo delle donne” del Corriere della Sera. Anche le pari opportunità e il sostegno alla famiglia sono elementi chiave della comunità europea. E l’Italia è purtroppo fanalino di coda per occupazione femminile e fecondità. Mentre nel Nord è più semplice trovare un ambiente propizio e una natalità maggiore, il Belpaese ha ancora molto da lavorare su tre punti essenziali: gli aiuti domestici, gli asili nido che “in alcune parti del Paese non ci sono proprio” e la scuola che, senza il tempo pieno, “non è di aiuto“.
L’azione europea dovrebbe sgorgare da una visione comune, o meglio, da un vero senso di comunità, come auspicato più di mezzo secolo fa dai padri fondatori dell’Unione Europea, leader visionari senza i quali oggi non potremmo vivere in quella zona di pace, prosperità e stabilità che diamo per scontata. La Chiesa Cattolica, quale attore importante all’interno della società europea, ha fatto e può fare ancora molto per la causa. Papa Francesco lo ha recentemente ricordato partecipanti al Forum Europeo Alpbach: mentre populismo e localismo paralizzano l’Europa, “la dignità umana e la fraternità sono sempre stati connessi alla matrice del Vangelo“; mentre a progetti di più ampio respiro si preferiscono immediati tornaconti elettorali, “le società in Europa sono chiamate a trovare modi e mezzi per ridurre la polarizzazione al loro interno e per rimanere aperte verso il mondo che le circonda“. E nella lettera che il Santo Padre ha indirizzato al cardinale Parolin sull’Europa nell’ottobre del 2020 c’era già tutto lo spirito del Draghi report: “un’Europa divisa, composta di realtà solitarie ed indipendenti, si troverà facilmente incapace di affrontare le sfide del futuro. Un’ “Europa comunità”, solidale e fraterna, saprà invece fare tesoro delle differenze e del contributo di ciascuno per fronteggiare insieme le questioni che l’attendono“.
Rimuovere ostacoli, armonizzare regole e leggi e coordinare le politiche: oggi tutto questo è difficile da immaginare davanti al quadro frammentato e scoraggiante dei ventisette deboli governi europei. Le parole del Papa e il report di Draghi sono una strigliata ai leader degli Stati membri.