L’Aquila. E’ stata presentata ieri sera, nella suggestiva e significatica cornice della Basilica di S. Maria di Collemaggio, eletta dal papa Santo Celestino V quale luogo giubilare dai vespri del 28 a quelli del 29 agosto di ogni anno, la Croce del Perdono, nella sua venticinquesima edizione, che quest’anno verrà donata dalla municipalità al Cardinale Giuseppe Petrocchi, Arcivescovo emerito dell’Aquila, nella sua veste di Cardinale Delegato per l’apertura della Porta Santa della Basilica di Collemaggio.
Il Perdono, che papa Francesco, nella sua visita pastorale alla Città dell’Aquila in occasione della 728a Perdonanza celestiniana, durante la Santa Messa che precedeva il Rito di Apertura della Porta Santa di Collemaggio, ha definito ‘Capitale del Perdono’, dall’Anno Santo del 2000 è stato contrassegnato anche con la preparazione di un gioiello per la Perdonanza celestiniana, una Croce del Perdono, che ogni anno viene donata alla municipalità dagli artisti orafi Laura Caliendo e Gabriele Di Mizio, come dono al Cardinale Delegato per l’apertura della Porta Santa di Collemaggio e che in quell’occasione fu data per la prima volta al Card. Virgilio Noè, Arciprete della basilica di S. Pietro in Vaticano, invitato per aprire la Porta Santa nella prima Perdonanza del Terzo Millennio.
Le Croci del Perdono quest’anno verranno realizzate in tre esemplari, una che andrà in dono al Cardinale designato all’Apertura della Porta Santa, un esemplare verrà donato al nuovo arcivescovo metropolita aquilano, mons. Antonio D’Angelo che celebra la sua prima Perdonanza celestiniana come arcivescovo aquilano ed una rimarrà nella collezione privata degli artisti.
‘Ego sum ostium. Io sono la Porta’, è il titolo della presentazione 2024 della Croce del Perdono, che ha visto la presenza di molte autorità civili e militari, tra le quali il sindaco dell’Aquila, Pierluigi Biondi, il Prefetto dell’Aquila Giancarlo Di Vincenzo, al Rettore dell’Università degli Studi, Edoardo Alesse, della Sovrintendente per l’archeologia, le belle arti e il paesaggio per le province di L’Aquila e Teramo, Cristina Collettini e della Direttrice del MuNDA, Federica Zalabria, con una relazione di Mons. Biagio Colaianni, Arcivescovo Metropolita di Campobasso-Boaino, una relazione di Walter Capezzali, storico e presidente emerito della deputazione di Storia Patria dell’Aquila e un intervento di mons. Antonio D’Angelo, Arcivescovo Metropolita dell’Aquila.
L’Arcivescovo di Campobasso-Boiano, nella sua relazione ha affermato che ‘La croce è segno della perdonanza, certezza di misericordia nella Croce di Cristo, salvezza per noi nel dono della sua vita. Il titolo della Croce del Perdono, realizzata quest’anno, è: “Io sono la porta” (cfr. Gv 10,1-21 e Lc 13,22-30. Nella realizzazione la croce riporta la facciata della Basilica di Collemaggio, ricreata con intarsio su pietra con agata bianca e corallo. Al centro la madreperla, trasparenza che dice la Porta Santa come accesso dell’uomo peccatore alla misericordia divina’.
Mons. Colaianni ha sviluppato il tema della ‘Porta’, attraverso alcuni passi biblici del nuovo testamento, ricordando che Cristo afferma di se:“Io sono la porta”. Parlando della Porta, ha ricordato di sforzarsi di entrare per la porta stretta, come dice il vangelo di Luca al capitolo 13.
‘Cristo è la porta stretta, ma aperta sempre e a chiunque, di possibile passaggio per ognuno, se però accettiamo il sacrificio, di lasciare ogni cosa che ci ostacoli nel seguirlo, con la responsabilità di vita cristiana a cui siamo chiamati verso Dio e gli uomini. La porta è stretta non perché il Signore limiti l’accesso, tutti possono entrarvi, ma perché è richiesto l’abito adatto, la condizione è lasciare se stessi, e spogliarsi di sé, e prendere la propria croce, ogni giorno, compresa e accettata nel dono di Cristo, che ha vissuto la sua croce donando a noi la vita. Cristo è la porta stretta necessaria, nonostante e comunque ogni difficoltà e croce che ognuno può vivere, perché Cristo è il dono fatto a noi per la nostra conversione e redenzione. Perciò la croce che viene donata per la perdonanza è segno dell’offerta di vita di Cristo come chi, ricevendola, la indosserà come segno di adesione al Signore, con tutto se stesso, come del resto ha sempre fatto e testimoniato e continuerà a fare S.E. il Cardinal Petrocchi.’
Inoltre, mons. Colaianni ha affermato che la croce del perdono è segno della Perdonanza, infatti la croce ‘è simbolo di risurrezione non di morte, simbolo di pace nel panorama mondiale che vede l’incapacità degli uomini a vivere nella pace, pensando con stoltezza che la guerra possa essere affermazione della grandezza di uno stato, di un popolo, mentre constatiamo che ne è il fallimento che coinvolge tutta l’umanità impoverendola in tutti gli aspetti della vita spirituale, economica, sociale, delle relazioni e della fraternità’.
Nel suo intervento, Walter Capezzali ha chiarito che non avrebbe sviluppato una vera e propria relazione, come previsto nell’annuncio del programma, ma soltanto un breve intervento per rendere conto dei meriti indiscussi di due veri amici, Laura Caliendo e Gabriele Di Mizio, che hanno avuto una vera ispirazione quando nel 2000, facendo ricorso alla loro attività di artigiani orafi, pensarono di realizzare la Croce del Perdono: un atto di vicinanza e comprensione per l’evento celestiniano e di partecipazione sincera e disinteressata alla vita della comunità cittadina.
Mons. Antonio D’Angelo, concludendo il momento di presentazione della Croce del Perdono, prima di ricevere ufficialmente in dono la sua prima Croce del Perdono da Laura Caliendo, ha ricordato l’importanza della misericordia di Dio nella vita dell’uomo e del cammino da compiere per averla in dono.
Al termine degli interventi, sono stati introdotti in Basilica, Francesca Alfonsetti, la Dama della Croce che portava un cuscino sopra il quale è stata posta la croce del Perdono per la 730a Perdonanza celestiniana, che nella Croce Rossa ha trovato la cifra del suo impegno nel sociale, il Giovin Signore Manuel De Libero, che ha fatto dello scoutismo il suo sentiero di crescita e di impegno verso i giovani, e la Dama della Bolla Michela Carnicelli, che grazie all’associazione Vides Spes, ha realizzato il suo sogno di condivisione solidale. Tre giovani impegnati nel volontariato e nel servizio per il prossimo, come ispirazione che ha guidato la scelta dei personaggi che saranno i protagonisti del corteo della Bolla, uno dei momenti più significativi della Perdonanza Celestiniana, che si svolgerà il 28 e il 29 agosto all’Aquila, nuova Capitale Italiana della Cultura 2026.
L’evento, è stato accompagnato da alcuni brani musicali sacri, Ave Verum Corpus – Mottetto K 618 – Wolfgang A. Mozart; Andante – Sonata II BWV 1003 – Johann Sebastian Bach e Pie Jesu – Dal Requiem – Andrew Lloyd Webber, con la partecipazione di Tatiana Vanderlei, soprano coloratura, una cantante lirica di origine brasiliana, dell’arpista Clara Gizzi e del maestro Ettore Del Romano, direttore della Corale Novantanove.
Riportiamo l’intervento integrale di Mons. Biagio Colaianni, Arcivescovo Metropolita di Campobasso-Boaino:
LA CROCE DEL PERDONO: “IO SONO LA PORTA”
Buonasera a tutti. Saluto l’Arcivescovo Mons. Antonio D’Angelo, i relatori e tutti i presenti. Sono emozionato perché vescovo da poco ed eccomi nella veste così importante per parlare della Croce del Perdono realizzata dagli artigiani orafi Laura Caliendo e Gabriele Di Mizio al loro venticinquesimo anno del cammino di fede espresso, in occasione della Perdonanza con il dono alla città della Croce del Perdono, che il Sindaco domani donerà al Cardinale. Vi ringrazio e sono onorato per avermi, assieme al vescovo, chiamato a condividere questo momento così particolare, denso di significato, di storia e spiritualità della vostra Chiesa dell’Aquila e per tutta la Chiesa universale per la memoria della Prima Porta Santa voluta e aperta da Papa Celestino V. La sento e la vivo come occasione di Grazia e misericordia che, con la Perdonanza, sarà donata a noi tutti. La croce è segno della perdonanza, certezza di misericordia nella Croce di Cristo, salvezza per noi nel dono della sua vita. Il titolo della Croce del Perdono, realizzata quest’anno, è: “Io sono la porta” (cfr. Gv 10,1-21 e Lc 13,22-30. Nella realizzazione la croce riporta la facciata della Basilica di Collemaggio, ricreata con intarsio su pietra con agata bianca e corallo. Al centro la madreperla, trasparenza che dice la Porta Santa come accesso dell’uomo peccatore alla misericordia divina.
La Porta
La Porta nel capitolo 10 di Giovanni, è Cristo Risorto, è il Buon Pastore, il Bel pastore che porta il gregge al pascolo della vita e che perciò chiede di essere conosciuto, ascoltato, seguito, perché egli dà vita per le pecore. Egli dice di sé di essere anche la porta per la quale entrano le pecore nel recinto per riposare, essere custodite e protette, ma la stessa porta permette di uscire per camminare verso pascoli erbosi, è il cammino spirituale del cristiano, il cammino concreto nella quotidianità della storia in cui il Signore lo conduce.
“Io sono la porta”: la porta da cui passare è Cristo che apre la sua vita e il suo cuore. È porta già aperta perché ognuno possa attraversarla ricevendo la Grazia e la misericordia che lui dona e pone nel cuore di ogni fedele.
Sono tante le porte della vita che determinano relazioni e sequela, alcune sono molto larghe per la perdizione, altre sono spalancate per invogliare ad un facile ingresso e sono allettanti perché si possa passare con tutto il bagaglio del cuore, della mente, della vita anche se a volte è un bagaglio poco spirituale, inutile o ingombrante, superficiale. Nell’incontrare il Signore portiamo tutto noi stessi, con le nostre idee, progetti, desideri, relazioni, ma dobbiamo evitare di pretendere che lui le accolga adattandosi, che la porta per cui entrare sia a nostra misura, secondo quello che vogliamo. È fondamentale il contrario, è importante che ognuno adatti sè stesso alla porta che è Cristo, diversamente potrebbe trovarla chiusa: “Allontanatevi da me operatori di ingiustizia”. Questo perché se non seguiamo quanto il Signore ci dice e insegna forse non vogliamo veramente essere in comunione con lui. Allora siamo noi a chiudere la porta con il nostro egoismo, individualismo, chiusura del cuore con i nostri peccati, col rifiuto dell’amore e della fraternità, dell’attenzione ai poveri e ai bisognosi.
Porta stretta
“Sforzatevi di entrare per la porta stretta” ci dice Lc 13: Cristo è la porta stretta, ma aperta sempre e a chiunque, di possibile passaggio per ognuno, se però accettiamo il sacrificio, di lasciare ogni cosa che ci ostacoli nel seguirlo, con la responsabilità di vita cristiana a cui siamo chiamati verso Dio e gli uomini. La porta è stretta non perché il Signore limiti l’accesso, tutti possono entrarvi, ma perché è richiesto l’abito adatto, la condizione è lasciare se stessi, e spogliarsi di sé, e prendere la propria croce, ogni giorno, compresa e accettata nel dono di Cristo, che ha vissuto la sua croce donando a noi la vita. Cristo è la porta stretta necessaria, nonostante e comunque ogni difficoltà e croce che ognuno può vivere, perché Cristo è il dono fatto a noi per la nostra conversione e redenzione. Perciò la croce che viene donata per la perdonanza è segno dell’offerta di vita di Cristo come chi, ricevendola, la indosserà come segno di adesione al Signore, con tutto se stesso, come del resto ha sempre fatto e testimoniato e continuerà a fare S.E. il Cardinal Petrocchi.
Nel vivere l’adesione a Cristo Buon Pastore e unirci a lui, accogliamo la salvezza nella sua vita, offerta e donata. Anche noi ad imitazione e testimonianza di Cristo, pur non potendo dare la salvezza, Dio solo può, possiamo contribuire e aiutare a raggiungerla ed ottenerla, perciò siamo invitati ad andare con amore e servizio verso gli altri.
Il cristiano può essere porta di Cristo
Pastore è Dio, lo è Cristo, che è anche la porta. Ad imitazione e per vocazione lo sono il papa i vescovi e i sacerdoti per loro ministero e missione. Certo, ma non solo, in modo e per vocazione diversa, porta non lo è forse anche chiunque abbia responsabilità di guida, educazione, insegnamento di vita verso gli altri? Non lo è anche un genitore verso i figli, un insegnante o catechista verso bambini e giovani, un lavoratore con i colleghi, un responsabile di Istituzioni Civili verso i cittadini? Tutti, di fatto, si è guida gli uni degli altri che da Dio sono a noi affidati come figli e fratelli, siamo pastori e missionari del nostro tempo, che portano al recinto e attraverso la porta che sono il Cristo. Nella vita, dinanzi a Dio, verso gli altri, o siamo pastori o ladri e briganti, non esiste la neutralità del “mi faccio i fatti miei”, del battezzato e di chi si nutre ogni domenica dell’eucaristia senza preoccuparsi poi di essere testimone dell’amore di Dio. Con la testimonianza coerente della nostra vita e nella comunione fraterna, siamo anche noi, la possibile porta di accesso all‘incontro e conoscenza del Signore perché con il perdono converta il cuore degli uomini.
‘Io sono la porta”: sempre più dobbiamo fermamente credere che solo il Signore, specie oggi, può aprire nel cuore degli uomini a spiragli di dialogo e incontro tra loro che rendano possibile la pace, da soli non ne siamo capaci, perciò ecco la preghiera insistente di Papa Francesco a cui ci uniamo per ottenerla da Dio e dagli uomini. Cristo è la porta da attraversare insieme, da fratelli, con tutti gli uomini nel desiderio di riconciliazione e misericordia reciproca. È indubbio che la Perdonanza è l’affermazione ancora oggi, come sempre, della pace come valore politico, sociale, internazionale, per ogni popolo, è l’indicazione chiara per tutti i cristiani del perseguire con perseveranza la riconciliazione tra gli uomini, da Dio sempre voluta e dalla Chiesa invocata e auspicata.
La croce del perdono segno della Perdonanza
La croce è simbolo di risurrezione non di morte, simbolo di pace nel panorama mondiale che vede l’incapacità degli uomini a vivere nella pace, pensando con stoltezza che la guerra possa essere affermazione della grandezza di uno stato, di un popolo, mentre constatiamo che ne è il fallimento che coinvolge tutta l’umanità impoverendola in tutti gli aspetti della vita spirituale, economica, sociale, delle relazioni e della fraternità.
La figura di San Giovanni Battista come citato nella Bolla di Papa Celestino V è invito a gridare nel deserto, e dentro a tanta distruzione di oggi nel mondo, il desiderio dell’umanità, perché la luce della fraternità disperda il buio dell’odio e delle guerre e del terrorismo. Preghiamo perché non si chiuda la porta della misericordia di Dio e del perdono reciproco ad ogni possibile sforzo di vera e duratura pace. Il Signore è via alla salvezza anche oggi e soprattutto oggi.
Siamo qui per riflettere sulla Croce del perdono. Solo nella Croce di Cristo possiamo trovare il motivo che fa nascere il perdono, quale certezza ne avremmo senza la croce che è l’offerta di vita di Gesù per il perdono dei peccati, per far sì che l’amore misericordioso vinca ogni odio. Nel contempo nel perdono possiamo comprendere il perché della Croce di Cristo e di quella quotidiana che ci invita a portare nel seguirlo. Ogni giorno vivere da cristiani comporta gesti e parole di perdono in un mondo che ha perso il senso delle relazioni pacifiche e serene, della comunità civile, sociale, ed ecclesiale che sono chiamate a vivere nell’armonia della comunione. Solo la potenza della Croce di Cristo può convertire all’umiltà del perdono.
La perdonanza sia occasione per chiedere perdono a Dio, non solo, chiediamo perdono alle persone che conosciamo, familiari e amici che tante volte, perché vicine, ci capiscono, ma sono quelle che corriamo il rischio di trascurare o maltrattare di più. Chiediamo perdono alle persone che abbiamo allontanato e che involontariamente o con animosità abbiamo offeso o le quali con superficialità abbiamo trascurato e verso le quali non abbiamo avuto le attenzioni necessarie. Il perdono va sempre dato, il Signore ci chiede di perdonare anche ai nemici, diamo il perdono a chi con disagio ricordiamo per vecchi o recenti rancori ricevuti o presunti tali, o per torti subiti, da persone, società, chiesa o istituzioni, anche loro sbagliano. Il perdono consente di guardare avanti, apre a nuove possibilità di incontro e unità, al futuro, non è mai un restare, sostare, essere bloccati in ciò che ha diviso. Liberiamo il nostro cuore ancora imprigionato, sia perdonanza per noi e con tutti. Il perdono è festa, è gioia per tutta la comunità, è rinnovarsi e poter ricominciare, altrimenti, il rischio è che l’anno giubilare della perdonanza sia passato invano e che la Grazia e la Misericordia di Dio siano state sprecate perché non accolte o senza frutto per gli altri. Viviamo l’atto di umiltà necessario che ci liberi e nelle relazioni ci faccia rinascere e tornare figli di Dio e fratelli tra noi per avere serenità e pace. Realizzare ciò richiede conversione ed impegno che non può non partire dalla responsabilità e volontà di ognuno di noi.
È interessante notare che la parola perdono nella sua composizione ha più possibilità e significati: per dono e perdo, no; la logica del dono è chiara perché perdonare l’altro significa voler donare se stesso con amore, la mia attenzione cristiana non è sul male fatto o ricevuto, ma soprattutto sul bene da vivere nell’imitare Gesù Cristo, condizione per la quale divento capace di superare il torto subito, di non voler vendetta o rivalsa. So andare oltre, ho la capacità di poter vivere nella serenità con l’altro per costruire nuova intesa e percorso di condivisione, perché lo riconosco come mio fratello, compagno nel cammino di vita per incontrare il Signore o comunque, se di altra cultura o religione, per un cammino di bene condiviso e poterci reciprocamente donare. Comunque per me ogni fratello e sorella sono sempre occasione di pregare per loro. Fosse questa la logica di oggi nel mondo, il dono gratuito, libero, del proprio tempo, di energie personali e talenti e carismi che da Dio ho ricevuto.
La seconda accezione della parola perdono, perdo, no, mi fa pensare che oggi, nella logica del mondo, può sembrare essere perdenti disporsi alla fraternità e all’amore e che questi valori non ti permettono di arrivare, di affermare te stesso, di realizzare al meglio la tua vita, cosa ci guadagno, è conveniente? Oggi ci si deve difendere, non ci si può fidare di nessuno e allora siamo abbarbicati e ripiegati su noi stessi per paura che ci sia sempre rubato o tolto qualcosa. E’ in questa mentalità che siamo veramente perdenti: perdo, si, ma me stesso, la mia interiorità, la mia coscienza, la mia dignità di figlio di Dio, il mio essere buono e capace di solidarietà verso chi ha bisogno. Quando si ama si è sempre vittoriosi come Cristo sulla croce.
Giubileo della speranza
La porta che è Cristo, la porta della perdonanza, la ‘porta giubilare che apre alla speranza che non delude’, le porte che apriremo di tante cattedrali, siano incoraggiamento a diventare pellegrini di riconciliazione e pacificazione nella chiesa, nella società, nel mondo intero. Siamo annunciatori di speranza, rianimandola in ogni durezza dei cuori e chiusura delle menti ottenebrate dal male. La croce di Cristo è speranza certa che con l’amore, la dedizione al bene in tutti i suoi modi, la solidarietà e la carità verso i fratelli, si possa testimoniare in ogni situazione una logica nuova e cristiana di pensiero e di vita e il dialogo possa essere aperto e fraterno fra ogni popolo e cultura e religione diverse.
Papa Francesco nella Bolla del Giubileo ci ricorda che siamo portatori di una speranza che non cede allo sconforto, alla rassegnazione e alla sconfitta, ma che si lascia guidare dallo Spirito Santo per vie possibili e impensabili che richiedono però la buona volontà, l’impegno di ognuno e una vita cristiana coerente, nonostante ogni possibile sacrificio e difficoltà. Ogni croce è sempre speranza di risurrezione.
Ognuno di noi trovi la chiave giusta per aprire la porta del Perdono che è Cristo, una chiave personale per ciascuno perché essa è il nostro cuore, che può aprire il cuore di Cristo, porta sempre spalancata, perché ci accolga con amore e ci faccia entrare nella sua vita, affinché Egli possa abitare la nostra storia per diventare familiari con lui, figli e fratelli e vivere nella comunione e unità con tutti.
L’indulgenza papale, la remissione e perdono dei peccati, l’assoluzione della pena, la comunione con Dio in Cristo per opera dello Spirito Santo, la Chiesa segno di fraternità e di pace sono la Grazia che si cela dietro la porta e attende di esserci donata.
Bussiamo alla porta che è Cristo, ma apriamo anche la nostra porta del cuore a cui Egli bussa perché possa entrarvi e darci la Redenzione.
Il Signore, Dio di misericordia ci benedica.