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Ero un migrante … e sei diventato mio fratello

by | 11 Lug 2023 | Teologia

Ero un migrante … L’ultimo discorso di Gesù nella narrazione evangelica secondo Matteo (cfr. 25,31-46) pone la persona umana di fronte alla propria coscienza e alla personale storia vissuta; ciascuno è chiamato a rendere conto della libertà: di come l’ha utilizzata, dei talenti investiti o custoditi gelosamente. Sinteticamente, del bene compiuto; più precisamente, della carità incarnata e profusa.

In quei versetti, nostro Signore – il Verbo eterno incarnato nella mondanità – si identifica con: poveri, nudi, affamati, stranieri, assetati, carcerati, malati. Rileggendo il testo nell’oggi della storia, possiamo cogliere il rammarico del Figlio di Dio: «Ero immigrato, rifugiato, scappavo dalla guerra e dalla povertà, desideravo un futuro lavorativo per me e per la mia famiglia, abbandonavo i soprusi e le ingiustizie in cerca di democrazia».

Papa Francesco, all’inizio del suo Messaggio per la 109a Giornata Mondiale del migrante e del rifugiato, pone chiaramente la complessità della realtà delle migrazioni; egli scrive: «I flussi migratori dei nostri giorni sono espressione di un fenomeno complesso e articolato, la cui comprensione esige l’analisi attenta di tutti gli aspetti che caratterizzano le diverse tappe dell’esperienza migratoria, dalla partenza all’arrivo, incluso un eventuale ritorno». Aggiunge – guardando alla storia della santa Famiglia di Nazaret, esule in Egitto – che oggi «conflitti, disastri naturali, o più semplicemente l’impossibilità di vivere una vita degna e prospera nella propria terra di origine costringono milioni di persone a partire. […] Persecuzioni, guerre, fenomeni atmosferici e miseria sono tra le cause più visibili delle migrazioni forzate contemporanee. I migranti scappano per povertà, per paura, per disperazione».

Nello stesso Messaggio, nasce subito l’appello del Papa alla responsabilità di ogni persona umana, pensata, creata, salvata e amata da Dio: «Al fine di eliminare queste cause e porre così termine alle migrazioni forzate è necessario l’impegno comune di tutti, ciascuno secondo le proprie responsabilità. Un impegno che comincia col chiederci che cosa possiamo fare, ma anche cosa dobbiamo smettere di fare. Dobbiamo prodigarci per fermare la corsa agli armamenti, il colonialismo economico, la razzia delle risorse altrui, la devastazione della nostra casa comune»; egli invita tutte le persone di buona volontà – primieramente i cristiani – a custodire la dignità di ogni sorella e fratello, ad accompagnare nel miglior modo possibile i flussi migratori, affinché questi ricevano ponti e non muri e barricate.

L’anno scorso, nel suo Messaggio, Francesco prese spunto dal passo di Ebrei: «Non abbiamo quaggiù una città stabile, ma cerchiamo quella futura» (13,14), per annunciare che nell’edificazione del regno di Dio ogni persona umana è coinvolta; «Nessuno dev’essere escluso. Il suo progetto è essenzialmente inclusivo e mette al centro gli abitanti delle periferie esistenziali. Tra questi ci sono molti migranti e rifugiati, sfollati e vittime della tratta. La costruzione del Regno di Dio è con loro, perché senza di loro non sarebbe il Regno che Dio vuole. L’inclusione delle persone più vulnerabili è condizione necessaria per ottenervi piena cittadinanza». Lo stesso Messaggio si chiudeva con un caloroso invito a tutte le persone di buona volontà e – particolarmente – alle giovani generazioni: «Cari fratelli e sorelle, e specialmente voi, giovani! Se vogliamo cooperare con il nostro Padre celeste nel costruire il futuro, facciamolo insieme con i nostri fratelli e le nostre sorelle migranti e rifugiati. Costruiamolo oggi! Perché il futuro comincia oggi e comincia da ciascuno di noi. Non possiamo lasciare alle prossime generazioni la responsabilità di decisioni che è necessario prendere adesso, perché il progetto di Dio sul mondo possa realizzarsi e venga il suo Regno di giustizia, di fraternità e di pace».

Il Messaggio del 2021 vede il suo centro nell’inclusività, in quel “noi” chiamato a diventare sempre più grande. L’analisi del Papa evidenzia: «Il tempo presente, però, ci mostra che il noi voluto da Dio è rotto e frammentato, ferito e sfigurato. E questo si verifica specialmente nei momenti di maggiore crisi, come ora per la pandemia. I nazionalismi chiusi e aggressivi e l’individualismo radicale sgretolano o dividono il noi, tanto nel mondo quanto all’interno della Chiesa. E il prezzo più alto lo pagano coloro che più facilmente possono diventare gli altri: gli stranieri, i migranti, gli emarginati, che abitano le periferie esistenziali.

In realtà, siamo tutti sulla stessa barca e siamo chiamati a impegnarci perché non ci siano più muri che ci separano, non ci siano più gli altri, ma solo un noi, grande come l’intera umanità. Per questo colgo l’occasione di questa Giornata per lanciare un duplice appello a camminare insieme verso a un noi sempre più grande, rivolgendomi anzitutto ai fedeli cattolici e poi a tutti gli uomini e le donne del mondo». Le parole di Francesco chiamano la Chiesa universale all’uscita missionaria: «Oggi la Chiesa è chiamata a uscire per le strade delle periferie esistenziali per curare chi è ferito e cercare chi è smarrito, senza pregiudizi o paure, senza proselitismo, ma pronta ad allargare la sua tenda per accogliere tutti. Tra gli abitanti delle periferie troveremo tanti migranti e rifugiati, sfollati e vittime di tratta, ai quali il Signore vuole sia manifestato il suo amore e annunciata la sua salvezza».

Il Papa, nel suo primo Messaggio, quello del 2014, metteva in evidenza la situazione globale attuale: «Se da una parte, infatti, le migrazioni denunciano spesso carenze e lacune degli Stati e della Comunità internazionale, dall’altra rivelano anche l’aspirazione dell’umanità a vivere l’unità nel rispetto delle differenze, l’accoglienza e l’ospitalità che permettano l’equa condivisione dei beni della terra, la tutela e la promozione della dignità e della centralità di ogni essere umano.

Dal punto di vista cristiano, anche nei fenomeni migratori, come in altre realtà umane, si verifica la tensione tra la bellezza della creazione, segnata dalla Grazia e dalla Redenzione, e il mistero del peccato. Alla solidarietà e all’accoglienza, ai gesti fraterni e di comprensione, si contrappongono il rifiuto, la discriminazione, i traffici dello sfruttamento, del dolore e della morte. A destare preoccupazione sono soprattutto le situazioni in cui la migrazione non è solo forzata, ma addirittura realizzata attraverso varie modalità di tratta delle persone e di riduzione in schiavitù. Il “lavoro schiavo” oggi è moneta corrente! Tuttavia, nonostante i problemi, i rischi e le difficoltà da affrontare, ciò che anima tanti migranti e rifugiati è il binomio fiducia e speranza; essi portano nel cuore il desiderio di un futuro migliore non solo per se stessi, ma anche per le proprie famiglie e per le persone care. Che cosa comporta la creazione di un “mondo migliore”? Questa espressione non allude ingenuamente a concezioni astratte o a realtà irraggiungibili, ma orienta piuttosto alla ricerca di uno sviluppo autentico e integrale, a operare perché vi siano condizioni di vita dignitose per tutti, perché trovino giuste risposte le esigenze delle persone e delle famiglie, perché sia rispettata, custodita e coltivata la creazione che Dio ci ha donato».

Ciascuno di noi – di fronte ai fenomeni migratori – custodisce nel proprio cuore tanti interrogativi; qualcuno mette in luce le varie criticità della situazione attuale, nei Paesi di origine e in quelli di arrivo. Tanti altri, tuttavia, nel silenzio e nella quotidianità, donano a queste sorelle e a questi fratelli accoglienza, sorrisi, pasti caldi, tetti, vestiario, nuova dignità; diventano buoni Samaritani nei confronti di tutti, specialmente dei più bisognosi.

Se riportiamo alle nostre menti e ai nostri cuori la storia passata, scopriamo che anche i nostri nonni o genitori sono stati immigrati in altre terre, in cerca di pane e vita dignitosa.

Ci auguriamo che, nelle nostre scelte, ci animi sempre la carità evangelica; la quale tiene sempre insieme l’amore, la giustizia, la verità e la bontà.

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