Periodico di informazione religiosa

Giordania, il discorso del Re Abdullah al Parlamento Europeo

da | 18 Giu 2025 | Cronaca

Strasburgo – In un mondo che sembra sgretolarsi sotto il peso di guerre, crisi morali e un’informazione fuori controllo, oggi una voce si è alzata nitida e potente nel cuore dell’Europa. È quella di Re Abdullah II di Giordania, tornato davanti al Parlamento Europeo con un discorso che scuote coscienze, chiama all’azione e rifiuta il cinismo della rassegnazione.

Non è la prima volta che il sovrano hashemita parla a Strasburgo, ma questa è stata forse la più drammatica e urgente delle sue apparizioni. “Il mondo ha perso la sua gravità morale,” ha detto con fermezza, osservando come l’indifferenza e la polarizzazione abbiano fatto scivolare l’umanità verso una “versione vergognosa di sé stessa.”

Un grido per Gaza, ma non solo

Re Abdullah ha posto Gaza al centro della sua denuncia, ma il suo messaggio è andato ben oltre: Gaza come specchio del fallimento collettivo. “Quello che venti mesi fa era considerato un’atrocità—attaccare un ospedale—oggi non fa più notizia.” Non solo un’accusa, ma un allarme: “Quando i valori diventano solo parole, quando non vengono applicati, diventano performativi. E quindi sacrificabili.”

La forza delle sue parole sta anche nel richiamo all’azione collettiva, non come reazione emotiva ma come scelta di civiltà. Ha invocato una “pace giusta” per i palestinesi e un impegno globale che superi le ambiguità: “I palestinesi, come tutti i popoli, meritano libertà, sovranità e sì, uno Stato.”

Cristiani e musulmani: coesistenza come valore globale

In un passaggio particolarmente significativo, Re Abdullah ha celebrato la coesistenza tra musulmani e cristiani in Giordania, ricordando con orgoglio il sito del Battesimo di Gesù e l’impegno del Regno nella tutela dei luoghi sacri di Gerusalemme. “La nostra nazione musulmana ospita una storica comunità cristiana. Costruiamo insieme il nostro Paese.”

Ha citato il Patto di Omar—l’antico documento islamico che ordinava il rispetto delle chiese e dei sacerdoti—come radice storica di un impegno che oggi ha bisogno di essere rinnovato: “Quando la fede è vera, non costruisce muri. Costruisce ponti.”

Un messaggio particolarmente potente in tempi in cui la religione viene spesso usata come giustificazione per divisioni, non come strumento di pace.

Europa, svegliati

Il monarca non ha risparmiato richiami all’Europa. Con rispetto, ma anche con chiarezza, ha ricordato il bivio morale che l’Unione si trova ad affrontare: “Ottant’anni fa avete scelto di ricostruire non solo le città, ma i valori fondanti. Ora dovete scegliere di nuovo.”

L’appello è duplice: investire nello sviluppo del Medio Oriente e agire con forza per ristabilire la legalità internazionale, anche — e soprattutto — quando si tratta di alleati scomodi.

Una visione più grande del potere

In un’epoca di leadership frammentata, le parole del Re giordano ricordano che la vera forza non si misura con le armi o il PIL, ma con la coerenza morale. “La sicurezza reale non risiede nella forza degli eserciti, ma nella forza dei valori condivisi.”

Concludendo il suo discorso, Re Abdullah ha ribadito che il futuro si costruisce “non con le tecnologie o le vittorie politiche, ma con le scelte che facciamo ogni giorno.”

Una voce necessaria nel vuoto globale

Il discorso del Re non è stato solo un richiamo. È stato un manifesto. Un monito, ma anche una speranza. In un’epoca in cui la politica sembra spesso ridursi a calcoli e slogan, oggi a Strasburgo abbiamo ascoltato una voce che osa parlare di umanità, giustizia e futuro comune. E che ricorda a tutti noi che “esiste sempre una versione migliore di noi, dietro l’angolo.”

La domanda è: saremo abbastanza coraggiosi da raggiungerla?

Abdullah e Rania di Giordania, la coppia più stabile del Medio Oriente

Il 10 giugno 1993, l’allora principe ereditario Abdullah bin Al Hussein sposava Rania al-Yassin, giovane professionista nata in Kuwait da una famiglia palestinese. Trentadue anni dopo, Re Abdullah II e la regina Rania sono una delle coppie reali più influenti e affascinanti del Medio Oriente.

Abdullah II, salito al trono nel 1999 dopo la morte del padre, Re Hussein, è un sovrano formato tra le élite militari e accademiche dell’Occidente – da Sandhurst a Oxford, fino a Georgetown. Il suo regno ha cercato un delicato equilibrio tra riforme e controllo: dalla digitalizzazione dello Stato alle promesse di apertura politica, spesso frenate da un realismo autoritario. Figura centrale in una regione instabile, ha mantenuto stretti rapporti con l’Occidente, con Israele e con le potenze del Golfo, bilanciando sicurezza e diplomazia.

La regina Rania, incoronata a soli 28 anni, ha saputo conquistare la scena internazionale come icona di eleganza, attivismo e soft power. Con iniziative come Madrasati, Edraak e la Jordan River Foundation, ha trasformato il suo ruolo cerimoniale in una piattaforma per promuovere istruzione, diritti delle donne e dialogo interreligioso. Il suo stile impeccabile e la sua presenza nei più importanti forum globali hanno alimentato tanto l’ammirazione quanto le critiche in patria, dove le disparità sociali restano forti.

Oggi, la coppia reale giordana rappresenta un’alleanza strategica tra carisma e controllo, immagine e realtà, in un Paese che cerca stabilità tra tensioni interne e pressioni regionali. Un matrimonio che, più che romantico, è diventato un simbolo politico del XXI secolo.

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