C’è un’Italia che lavora ma non riesce a vivere, che ha una casa ma non può permettersi di riscaldarla, che si ammala ma rinuncia a curarsi. È l’Italia che emerge, nitida e inquietante, dal Terzo Rapporto Statistico Nazionale 2025 di Caritas Italiana. Un’indagine che racconta la povertà con occhi nuovi: non solo una questione di reddito, ma una mappa intricata di esclusioni che toccano salute, abitazione, istruzione e dignità.
Un Paese che scivola
Nel 2024, quasi 5,7 milioni di italiani vivevano in povertà assoluta. Oltre 2 milioni di famiglie che non riescono più ad accedere a beni basilari come un’alimentazione adeguata o un’abitazione dignitosa. L’Italia si conferma settima in Europa per rischio povertà o esclusione sociale, con il 23,1% della popolazione coinvolta: una cifra in crescita rispetto all’anno precedente.
E il futuro non promette inversioni. Le crisi – dalla pandemia alle guerre, dalla crisi energetica all’inflazione – hanno prodotto un effetto domino che ha colpito le fasce deboli, rendendole sempre più invisibili e sempre meno sostenute.
Lavorare non è più sufficiente
Un dato spiazza più di tutti: il lavoro non protegge più dalla povertà. Il 21% dei lavoratori guadagna troppo poco per vivere dignitosamente. E tra chi si rivolge alla Caritas, il 23,5% è un “working poor”, spesso occupato in modo intermittente, precario, sottopagato.
Nel 2007, gli occupati erano appena il 15% degli utenti Caritas. Oggi sono quasi un quarto. «È la fotografia di un nuovo proletariato urbano, spesso invisibile, che lavora tanto ma non arriva a fine mese», si legge nel rapporto.
La casa come lusso
A soffrire è anche il diritto all’abitare. Nel 2024, un terzo delle persone seguite da Caritas ha vissuto forme di disagio abitativo. Un quinto era in situazione di grave esclusione: senza dimora, in sistemazioni precarie, sotto sfratto. E chi una casa ce l’ha, spesso non può mantenerla: il tasso di sovraccarico dei costi abitativi tra i poveri è doppio rispetto alla media nazionale.
Il problema colpisce duramente donne, famiglie numerose, persone separate, spesso già fragili per altre condizioni. E mentre lo Stato fatica a offrire soluzioni strutturali, i dormitori e gli alloggi temporanei della rete Caritas si riempiono, diventando l’ultima trincea del diritto alla casa.
Salute negata
Non meno allarmante è la condizione sanitaria. In Italia, quasi 6 milioni di persone hanno rinunciato a cure necessarie nel 2024. Tra gli utenti Caritas, il 15,7% ha fragilità sanitarie gravi, spesso croniche, aggravate da precarietà economica, solitudine e isolamento.
Chi si ammala, spesso non può curarsi. Mancano soldi, mancano servizi, soprattutto nelle aree interne. Il 58,5% di chi ha problemi di salute vive anche altri due o più ambiti di bisogno, in una spirale dove povertà e malattia si alimentano a vicenda. E quando il welfare non arriva, ci pensa Caritas: oltre 75.000 prestazioni sanitarie erogate nel solo 2024.
Vecchi e nuovi poveri
La povertà, secondo Caritas, invecchia. L’età media degli assistiti ha superato i 47 anni, e gli over 65 – che nel 2015 erano appena il 7,7% – oggi sono il 14,3%. Ma non spariscono i bambini: due famiglie su tre assistite hanno figli minori. Un futuro a rischio già nel presente.
E poi ci sono i poveri cronici. Quelli che da anni – 5 o più – sono in carico ai servizi Caritas. Sono sempre di più: uno su quattro è in uno stato di disagio stabile e duraturo, a conferma che uscire dalla povertà non è solo questione di soldi, ma di accesso a diritti, reti, prospettive.
Il welfare che non basta
Le misure pubbliche, come l’Assegno di Inclusione o il Supporto per il Lavoro, raggiungono una quota marginale degli assistiti: solo l’11,5% riceve l’Adi, e l’1,3% il SFL. E la forbice tra Nord e Sud resta marcata, così come tra italiani e stranieri, che accedono con maggiore difficoltà a queste misure.
Nel 2024, Caritas ha messo in campo oltre 5 milioni di interventi: pasti, vestiario, farmaci, sussidi abitativi, doposcuola. In media 18 interventi per ogni persona seguita, un dato che dice più di molte statistiche sulla gravità e la persistenza dei bisogni.
Una povertà interconnessa
Il concetto chiave che attraversa il rapporto è “multidimensionalità”. I poveri oggi non lo sono mai per un solo motivo. Nel 56% dei casi, si sommano almeno due ambiti di bisogno. Per il 30%, addirittura tre o più: lavoro, salute, casa, istruzione, relazioni.
Ed è questa complessità che rende inefficaci le risposte semplificate. Serve un nuovo sguardo. Una politica che non tamponi, ma prevenga. Che riconosca i segnali prima che diventino emergenza. Che investa davvero su scuola, lavoro, sanità, casa. Perché – come scrive Caritas – «non si tratta solo di dare, ma di permettere a ciascuno di vivere una vita dignitosa».