Cirillo e Metodio, fratelli nel sangue e nella fede, nati a Tessalonica (attuale Salonicco, Grecia) all’inizio del sec. IX, evangelizzarono i popoli della Pannonia e della Moravia nell’Europa centro-orientale. Crearono l’alfabeto slavo e tradussero in questa lingua la Scrittura e anche i testi della liturgia latina, per aprire ai nuovi popoli i tesori della parola di Dio e dei Sacramenti. Per questa missione apostolica sostennero prove e sofferenza d’ogni genere. Papa Adriano II accreditò la loro opera, confermando la lingua slava per il servizio liturgico.
Metodio, il cui nome di battesimo era Michele, nacque tra gli anni 815 e 820. Dopo una brillante carriera amministrativa, si ritirò sul monte Olimpo in Bitinia, dove divenne prima monaco e poi egumeno del monastero di Policronio. Cirillo, il cui nome di battesimo era Costantino, nacque nell’anno 827 o 828. Educato alla corte imperiale, fu discepolo di Fozio e divenne celebre, ancor giovane, per la sua grande erudizione. Desideroso della vita contemplativa, si ritirò in un monastero sulle coste del Mar Nero per poi raggiungere il fratello alla Sacra Montagna, dove condivisero la vita monastica. Impegnati in missioni diplomatiche, Cirillo e Metodio intorno all’860 giunsero presso i Khazari di Crimea. Qui scoprirono la tomba e le reliquie del papa san Clemente I, morto martire in esilio. Al ritorno portarono le preziose reliquie prima a Bisanzio e successivamente a Roma.
Ciò che cambiò la vita ai due Fratelli fu la richiesta fatta dal principe moravo Rastislav (846-870) all’imperatore Michele III (842-867) di inviare dei missionari ai popoli slavi, che parlassero la loro lingua; la missione fu affidata a Cirillo e Metodio, che si misero in viaggio verso I’863. Cirillo elaborò un nuovo alfabeto, adatto ai suoni della lingua slava, con cui tradurre la Scrittura e la liturgia. Formando discepoli slavi e celebrando in lingua slava, Cirillo e Metodio introducevano in questi territori un nuovo clero, su un ambito però precedentemente latino. Inevitabilmente si arrivò allo scontro: il punto cruciale della polemica era che le sacre lingue potevano essere solo tre: latino, greco ed ebraico (lingue usate per l’iscrizione sulla Croce di Cristo). I Fratelli di Salonicco inoltre erano percepiti come intrusi, essendo stati inviati da un altro patriarcato, quello di Costantinopoli. Erano quelli anni tesissimi: nell’867 il patriarca Fozio scomunicò in un sinodo papa Nicola I e il successore, Adriano II (867-872), ricambiò la scomunica a Fozio.
Roma approvò l’opera dei due santi Fratelli verso la fine dell’867; qui furono ricevuti trionfalmente dal nuovo papa Adriano II e dal popolo romano. Il Papa approvò i libri liturgici slavi, li fece deporre sull’altare di santa Maria Maggiore e raccomandò di ordinare sacerdoti i loro discepoli. Il successo della missione fu turbato dalla morte di Cirillo a Roma il 14 febbraio 869. Metodio fu consacrato arcivescovo di Sant’Andronico, l’antica Sirmio e nominato legato presso gli Slavi; venne inoltre nominato legato pontificio ad gentes (per le genti slave) e ricevette la Lettera pontificia Gloria in excelsis Deo, indirizzata ai principi slavi, che costituisce la vera magna carta della Chiesa slava. Morì a Velehrad il 6 aprile 885.
Alla morte di San Cirillo, il fratello Metodio chiese l’autorizzazione a riportare il corpo del fratello in Grecia. Ma di fronte al dispiacere del papa e del popolo romano, Metodio che Cirillo venisse sepolto nella Basilica di San Clemente. Per motivi storici, le reliquie furono trasferite dalla basilica e successivamente, se ne persero le tracce. Negli anni ’60 i Padri Domenicani irlandesi riuscirono a ritrovare un frammento di tali reliquie. Papa San Paolo VI allora collocò personalmente il suddetto frammento nella Basilica di San Clemente nella speranza che il frammento delle reliquie contribuisse a rinsaldare i legami tra la Sede di Pietro e le comunità cristiane orientali.
Non possiamo approfondire oltre la questione, ma la morte di Metodio segnò la triste fine dell’evangelizzazione slava nella Moravia e in Pannonia a causa dell’animosità degli avversari di Metodio. L’allontanamento dei discepoli non fu comunque l’ultima parola: in Bulgaria, Croazia, Boemia e Polonia nasceranno nuovi centri dell’evangelizzazione cirillometodiana, che resisteranno a lungo: Il primo vescovo slavo di Praga, sant’Adalberto-Vojtech, martire in Prussia (+997), educato nell’ambiente benedettino di Magdeburgo, fu così un illustre esempio europeo di incontro fecondo di due spiritualità e tradizioni: la riforma cluniacense e l’opera cirillometodiana.
Ma fu nel regno bulgaro che la missione ebbe la sua maggiore espansione: il re Boris (852-889), cercando l’indipendenza politica tra Bisanzio e Franchi e quella religiosa tra Roma e Costantinopoli, accolse a braccia aperte i discepoli cirillometodiani e dí questi la liturgia paleoslava ha conservato quattro nomi: Clemente, Naum, Angelar e Sava. Con Cirillo, Metodio e Gorazd, venerati come i Santi sette Fondatori. A Preslav, Costantino, uno dei discepoli, creò un nuovo e più scorrevole alfabeto, che chiamò cirillico, in onore di san Cirillo. Esso rimarrà invariato nell’uso delle lingue slave orientali, del russo, ucraino, serbo, bulgaro e macedone.
A distanza di secoli, i due santi vennero proclamati patroni d’Europa. Giovanni Paolo Il dedicò due importanti documenti ai santi apostoli degli Slavi: la lettera apostolica Egregiae virtutis del 31 dicembre 1980 e l’enciclica Slavorum Apostoli. In particolare con il primo documento il papa proclamava i santi Fratelli Cirillo e Metodio compatroni d’Europa con san Benedetto, che sedici anni prima era stato dichiarato patrono d’Europa da Paolo VI. Era un gesto con cui il pontefice voleva aprire un un processo d’integrazione, tuttora in corso, di un’Europa unita e portatrice di pace che si estendesse fino agli Urali. Se San Benedetto di Norcia rappresentava la tradizione culturale e spirituale occidentale, i santi Fratelli Cirillo e Metodio, come Padri spirituali dei popoli slavi, costituivano per l’Europa orientale un permanente richiamo a non dimenticare la sua ricca tradizione e cultura cristiana.
Quella di Cirillo e Metodio fu una delle imprese missionarie più coraggiose e riuscite di tutta la storia della Chiesa. «La missione della Chiesa è, infatti, sempre orientata e protesa con indefettibile speranza verso il futuro» (Slavorum Apostoli 31).