“Siete diventati la luce della nostra Chiesa nel mondo intero“. Queste le parole di speranza che Sua Beatitudine il Cardinale Pierbattista Pizzaballa, Patriarca latino di Gerusalemme, ha rivolto il 22 dicembre ai fedeli di Gaza, riuniti presso la Chiesa della Sacra Famiglia per la celebrazione del Natale. Il giorno precedente, nell’incontro per gli auguri alla Curia, Papa Francesco aveva informato i cardinali della situazione in Terra Santa: “Ieri il Patriarca non lo hanno lasciato entrare a Gaza come gli avevano promesso. E ieri sono stati bombardati bambini“. E aveva poi aggiunto: “Questa è crudeltà, questa non è guerra, voglio dirlo perché tocca il cuore“. La tensione tra Santa Sede e Israele è altissima: poco dopo queste parole, una nota dell’Ambasciata di Israele presso la Santa Sede chiariva che il permesso era invece stato dato; un comunicato più lungo del Ministero degli Affari Esteri ha accusato il papa di doppi standard e di prendere di mira lo Stato ebraico e il suo popolo: “In risposta alla dichiarazione del Papa di oggi: la crudeltà è che i terroristi si nascondono dietro i bambini mentre cercano di uccidere i bambini israeliani; la crudeltà sta tenendo 100 ostaggi per 442 giorni, tra cui un neonato e bambini, da parte di terroristi e abusando di loro. Sfortunatamente, il Papa ha scelto di ignorare tutto questo, così come il fatto che le azioni di Israele hanno preso di mira i terroristi che usavano i bambini come scudi umani. Le osservazioni del Papa sono particolarmente deludenti perché disconnesse dal contesto reale e fattuale della lotta di Israele contro il terrorismo jihadista – una guerra su più fronti che gli è stata imposta a partire dal 7 ottobre. La morte di una persona innocente in una guerra è una tragedia. Israele compie sforzi straordinari per prevenire danni agli innocenti, mentre Hamas compie sforzi straordinari per aumentare i danni ai civili palestinesi. La colpa dovrebbe essere rivolta esclusivamente ai terroristi, non alla democrazia che si difende da loro. Basta con i doppi standard e la presa di mira dello Stato ebraico e del suo popolo“.
Il card. Pizzaballa è alla fine riuscito ad entrare nella Striscia di Gaza attraverso il valico di Erez nella mattina 22 dicembre, raggiungendo il compound della parrocchia della Sacra Famiglia per una visita di solidarietà e la celebrazione del Natale, come ha riferito il Patriarcato di Gerusalemme. Ha potuto distribuire ai fedeli alcuni pacchi di aiuti, ha celebrato la cresima di alcuni ragazzi e in un bel gesto di solidarietà ecumenica, ha visitato la comunità ortodossa di San Porfirio. Riportiamo la traduzione italiana dell’omelia tenuta da Sua Beatitudine il Cardinale Pierbattista Pizzaballa:
“
Innanzitutto esprimo la mia grande gioia di essere oggi in mezzo a voi e vi porgo i saluti di tutti coloro che vi trasmettono il loro amore, le loro preghiere e la loro solidarietà. Tutti volevano venire a stare con voi e portare doni, ma non abbiamo potuto portare molto. Siete diventati la luce della nostra Chiesa nel mondo intero.
A Natale celebriamo la luce e ci chiediamo: dov’è questa luce? La luce è qui, in questa chiesa. L’inizio della luce è Gesù Cristo, che è la fonte della nostra vita. Se siamo una luce per il mondo, è solo grazie a Lui. A Natale, prego che Gesù ci conceda questa luce.
Viviamo in un tempo pieno di tenebre, e non c’è bisogno di approfondire perché lo sapete bene. In questi momenti, dobbiamo innanzitutto guardare a Gesù, perché Lui ci dà la forza di sopportare questo periodo buio. Nell’ultimo anno abbiamo imparato che non possiamo fare affidamento sugli uomini. Quante promesse sono state fatte e mai mantenute? E quanta violenza e odio sono nati a causa delle persone?
Per rimanere saldi nella speranza, dobbiamo essere profondamente radicati in Gesù. Se siamo legati a Lui, possiamo guardarci l’un l’altro in modo diverso.
Non so quando o come finirà questa guerra, e ogni volta che ci avviciniamo alla fine, sembra di ricominciare da capo. Ma prima o poi la guerra finirà e non dobbiamo perdere la speranza. Quando la guerra finirà, ricostruiremo tutto: le nostre scuole, i nostri ospedali e le nostre case. Dobbiamo rimanere resilienti e pieni di forza.
E ripeto: non vi abbandoneremo mai e faremo tutto il possibile per sostenervi e assistervi.
Ma soprattutto non dobbiamo permettere all’odio di infiltrarsi nei nostri cuori. Se vogliamo rimanere una luce, dobbiamo mettere i nostri cuori a disposizione solo di Gesù.
Quest’anno è stato una sfida significativa per la nostra fede, per tutti noi e soprattutto per voi. A volte ci siamo chiesti: “Fino a quando, Signore?”. Oggi rispondiamo con la nostra volontà: “Vogliamo che questa situazione finisca presto, ma vogliamo rimanere con Te, o Signore”. Cristo lo ha affermato dicendo: “Io sono l’Emmanuele”, che significa “Dio è con noi”.
Dobbiamo rimanere saldi nella nostra fede, pregare per la fine di questa guerra e confidare completamente nel fatto che, con Cristo, nulla può vincerci.
Nonostante la violenza di cui siamo stati testimoni lo scorso anno, abbiamo assistito anche a molti miracoli. In mezzo alle tenebre, c’erano persone che volevano aiutare e non si sono fatte ostacolare da nulla. Il mondo intero, non solo i cristiani, ha voluto sostenervi e stare al vostro fianco.
La guerra finirà e ricostruiremo di nuovo, ma dobbiamo custodire i nostri cuori per essere capaci di ricostruire. Vi amiamo, quindi non temete e non arrendetevi mai.
Dobbiamo preservare la nostra unità per mantenere la luce di Cristo qui a Gaza, nella nostra regione e nel mondo. Abbiamo una missione e anche voi dovete dare qualcosa, non solo ricevere. Il mondo che vi guarda deve vedere a chi appartenete, se alla luce o alle tenebre? Appartenete a Gesù, che dà la sua vita, o a un altro?
Quando il mondo vi guarda, deve notare che noi siamo diversi. Una volta uno di voi mi ha detto: “Come cristiani, non c’è violenza nel nostro sangue. Vogliamo rimanere cristiani e rimanere la luce in questo luogo”.
Grazie per tutto quello che fate. Forse non ve ne accorgete nella vostra difficile vita quotidiana, ma il mondo intero lo fa. Siamo tutti orgogliosi di voi, non solo per quello che fate, ma perché avete conservato la vostra identità di cristiani appartenenti a Gesù.
L’appartenenza a Gesù rende tutti amici, e la nostra vita diventa una vita di donazione a tutti.
Concludo dicendo: Grazie. Che il Natale porti luce a ciascuno di noi. Non abbiate paura, perché nessuno può toglierci la luce di Cristo. Continuate a dare una buona testimonianza della fede cristiana.
Buon Natale!”
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