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Il cardinale Marcello Semeraro in Libano per la beatificazione del Patriarca maronita Stefano Douayhy 

by | 2 Ago 2024 | Vita ecclesiale

Il 2 agosto, nel Palazzo Patriarcale di Bkerke, alle ore 21:00 (le 20:00 in Italia), si terrà la solenne beatificazione del Venerabile Servo di Dio Stefano Douayhy, Patriarca di Antiochia dei Maroniti. Rappresentante del Santo Padre sarà il cardinale Marcello Semeraro, Prefetto del Dicastero delle Cause dei Santi. Il 14 marzo scorso Papa Francesco aveva autorizzato il medesimo Dicastero a promulgare il decreto riguardante il miracolo attribuito all’intercessione di Stefano Douayhy, nato a Ehden (Libano) il 2 agosto 1630 e morto a Kanoubin (Libano) il 3 maggio 1704. Conosciuto come il padre della storia maronita, secondo Crisostomo e gloria del Libano e dei Maroniti, sarà il primo Patriarca dei Maroniti ad essere beatificato dalla Santa Sede. La venerabilità era stata dichiarata da Papa Benedetto XVI il 3 luglio 2008.

L’Inchiesta diocesana, come si apprende dal Dicastero, si è svolta presso la Curia ecclesiastica di Antiochia dei Maroniti in Libano dal 2017 al 2019 e riguardava la signora Rosette, affetta da “poliartrite sieronegativa, non rispondente più alle cure intraprese da tempo. Il 7 settembre 2013, viste le sue condizioni disperate, fu portata dai parenti a Ehden, paese natale del Venerabile Servo di Dio: seguendo con fede un rito locale, la signora assunse un caffè mescolato alla terra raccolta presso la statua del Venerabile Servo di Dio. Subito dopo avvertì un forte bruciore, si alzò e iniziò a camminare autonomamente, recandosi presso la statua per ringraziare il Patriarca. Rosette era guarita. 

Nato nel 1630 a Ehden, roccaforte dei Maroniti nel Nord del Libano a 1500 metri slm e distante 110 km da Beirut, Stefano Douayhy ha dedicato tutta la sua vita allo studio, alla preghiera e al servizio della Chiesa. Venne mandato a Roma all’età di undici anni, dove arrivò nel giugno 1641 per studiare filosofia e teologia presso il Collegio Maronita, fondato nel 1584 da Papa Gregorio XIII e allora diretto dai Gesuiti. Fervente studioso, si racconta che a causa del suo intenso studio divenne quasi completamente cieco ma, per intercessione di Maria Madre di Dio, riacquistò miracolosamente la vista, senza dover mai portare gli occhiali. Nel 1655 completò brillantemente la sua formazione filosofico-teologica e parlava correntemente arabo, siriaco, latino, italiano, greco ed ebraico e successivamente acquisì una certa conoscenza del francese e del turco. Rifiutando allettanti offerte presso università europee e corti reali, dopo quattordici anni trascorsi a Roma preferì tornare in Libano, non senza aver prima visitato un gran numero di biblioteche per raccogliere documenti preziosi sui maroniti. In patria prestò servizio come predicatore (ad Aleppo, in Siria, fu chiamato “Secondo Crisostomo”), educatore giovanile e infine vescovo di Cipro nel 1657: apprese con sorpresa della nomina al suo ritorno da un pellegrinaggio in Terra Santa. Il nuovo vescovo stabilì la sua residenza a Nicosia, visitando e riorganizzando le comunità maronite dell’isola. Trovandosi provvidenzialmente in Libano per una breve visita tra l’aprile e il maggio del 1670, fu presente alla morte del patriarca. Fu allora che il vescovo Stefano Douayhy il 20 maggio 1670 venne eletto Patriarca della Chiesa siro-maronita di Antiochia. Fu uno dei patriarchi maroniti più longevi, dato che guidò il suo popolo per 34 anni fino al 3 maggio 1704. Nonostante le numerose sfide e persecuzioni affrontate durante il suo lungo patriarcato, Stefano Douayhy rimase un instancabile difensore del suo gregge. A causa dei disordini politici e della situazione sociale, per nove volte fu costretto a fuggire da Qannubine, allora sede patriarcale, nella Valle Santa. Attraverso le sue prove e le persecuzioni, riassunse personalmente tutta la storia e il destino della nazione maronita. Uomo di pensiero, mortificazione, preghiera e buon governo, era sempre in movimento, finanche nascondendosi in grotte e luoghi insalubri, portando con sé appunti e documenti per scrivere fino a tarda notte, non trascurando di prendendersi cura di tutto e di tutti. Durante il suo patriarcato costruì ventisette chiese e molti monasteri, ordinò quattordici vescovi e molti sacerdoti. Per quanto avesse capito l’importanza di far studiare preti e monaci a Roma, amò e sostenne sempre l’autorità e la dignità della Chiesa maronita, proteggendola da un’eccessiva latinizzazione e dandole un’identità propria e distinta. Scrisse ampi trattati di storia e di liturgia della Chiesa, senza contare i suoi preziosi commenti e la sua enorme corrispondenza con papi, re, cardinali e leader civili: una mole di scritti che attende ancora di essere tradotta. Promosse e incoraggiò i monaci dell’Ordine Antoniano Maronita, ancora attivi e fiorenti, che al 2008 contavano 34 monasteri e 174 membri. La sua profonda fede in Dio e la sua grande conoscenza della teologia, della storia e della liturgia lo guidarono a realizzare la riforma più significativa della Chiesa maronita. Questo gli valse il rispetto del clero e del popolo, che lo venerò già in vita come santo. Che il beato Patriarca Stefano Douayhy possa intercedere per l’unità dei cristiani, la riunificazione dell’isola di Cipro e la cessazione di tutte le ostilità in un Medio Oriente dalla situazione politica sempre più convulsa.

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