Domenica scorsa, 9 febbraio, a Roma è stato celebrato il Giubileo dedicato alle forze armate, di polizia e di sicurezza. Papa Francesco ha presieduto la santa messa, in Piazza San Pietro, nella V Domenica del Tempo Ordinario.
«Gesù vide, salì e sedette»: sono gli atteggiamenti del Signore, che il Pontefice ha messo in evidenza nella sua omelia; spiegando, inoltre: «Gesù vide, Gesù salì, Gesù sedette. Gesù non è preoccupato di mostrare un’immagine di sé alle folle, non è preoccupato di eseguire un compito, di seguire una tabella di marcia nella sua missione; al contrario, al primo posto mette sempre l’incontro con gli altri, la relazione, la preoccupazione per quelle fatiche e quei fallimenti che spesso appesantiscono il cuore e tolgono la speranza. […] Anzitutto Gesù vide. Egli ha uno sguardo attento che, pure in mezzo a tanta folla, lo rende capace di avvistare due barche accostate alla riva e di scorgere la delusione sul volto di quei pescatori, che ora stanno lavando le reti vuote dopo una notte andata male. Gesù punta il suo sguardo pieno di compassione. Non dimentichiamo questo: la compassione di Dio. I tre atteggiamenti di Dio sono vicinanza, compassione e tenerezza. Non dimentichiamo: Dio è vicino, Dio è tenero, Dio è compassionevole, sempre. E Gesù punta quello sguardo pieno di compassione negli occhi di quelle persone, cogliendo il loro scoraggiamento, la frustrazione di aver lavorato per tutta la notte senza prendere nulla, la sensazione di avere il cuore vuoto proprio come quelle reti che ora stringono tra le mani».
Il Vescovo di Roma presenta il secondo gesto di Cristo: «E avendo visto il loro sconforto, Gesù salì. Chiede proprio a Simone di scostare la barca da terra e ci sale sopra, entrando nello spazio della sua vita, facendosi largo in quel fallimento che abita il suo cuore. È bello questo: Gesù non si limita a osservare le cose che non vanno, come spesso facciamo noi finendo per chiuderci nel lamento e nell’amarezza; Egli invece prende l’iniziativa, va incontro a Simone, si ferma con lui in quel momento difficile e decide di salire sulla barca della sua vita, che in quella notte è tornata a riva senza successo».
Ecco la terza dinamica espressa dal racconto lucano: «Infine, una volta salito, Gesù sedette. E questa, nei Vangeli, è la tipica postura del maestro, di chi insegna. Infatti il Vangelo dice che sedette e insegnò. Avendo visto negli occhi e nel cuore di quei pescatori l’amarezza per una notte di fatica andata a vuoto, Gesù sale sulla barca per insegnare, cioè per annunciare la buona notizia, per portare la luce dentro quella notte di delusione, per narrare la bellezza di Dio dentro le fatiche della vita umana, per far sentire che c’è ancora una speranza anche quando tutto sembra perduto».
Si tratta sempre di pagine che riguardano anche la nostra vita, concreta e quotidiana: «E allora accade il miracolo: quando il Signore sale sulla barca della nostra vita per portarci la buona notizia dell’amore di Dio che sempre ci accompagna e ci sostiene, allora la vita ricomincia, la speranza rinasce, l’entusiasmo perduto ritorna e possiamo gettare nuovamente la rete in mare».
La parola di Francesco – in questa domenica giubilare – è indirizzata, particolarmente alle forze armate, di fronte alle quali egli afferma: «Anche a voi il Signore chiede di fare come Lui: vedere, salire, sedersi. Vedere, perché siete chiamati ad avere uno sguardo attento, che sa cogliere le minacce al bene comune, i pericoli che incombono sulla vita dei cittadini, i rischi ambientali, sociali e politici cui siamo esposti. Salire, perché le vostre divise, la disciplina che vi ha forgiato, il coraggio che vi contraddistingue, il giuramento che avete fatto, sono tutte cose che vi ricordano quanto sia importante non soltanto vedere il male per denunciarlo, ma anche salire sulla barca in tempesta e impegnarsi perché non faccia naufragio, con una missione al servizio del bene, della libertà, e della giustizia. E infine sedervi, perché il vostro essere presenti nelle nostre città e nei nostri quartieri, il vostro stare sempre dalla parte della legalità e dalla parte dei più deboli, diventa per tutti noi un insegnamento: ci insegna che il bene può vincere nonostante tutto, ci insegna che la giustizia, la lealtà e la passione civile sono ancora oggi valori necessari, ci insegna che possiamo creare un mondo più umano, più giusto e più fraterno, nonostante le forze contrarie del male».
L’invito finale che il Vescovo di Roma rivolge ai fedeli presenti punta nella direzione della perseveranza nel bene: «Cari fratelli e sorelle, vi siamo grati per quanto operate, a volte rischiando personalmente. Grazie perché salendo sulle nostre barche in pericolo, ci offrite la vostra protezione e ci incoraggiate a continuare la nostra traversata. Ma vorrei anche esortarvi a non perdere di vista il fine del vostro servizio e delle vostre azioni: promuovere la vita, salvare la vita, difendere la vita sempre. Vi chiedo per favore di vigilare: vigilare contro la tentazione di coltivare uno spirito di guerra; vigilare per non essere sedotti dal mito della forza e dal rumore delle armi; vigilare per non essere mai contaminati dal veleno della propaganda dell’odio, che divide il mondo in amici da difendere e nemici da combattere. Siate invece testimoni coraggiosi dell’amore di Dio Padre, che ci vuole fratelli tutti. E, insieme, camminiamo per costruire una nuova era di pace, di giustizia e di fraternità».
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