Veglia di Natale con Gregorio Magno.
“Gloria Dio nell’alto dei cieli e pace agli uomini che egli ama”. Ascoltiamo l’ineffabile melodia che risuona nel silenzio di questa notte, notte santa, notte di silenzio. Non dobbiamo più temere la notte: nella quiete notturna la dolcissima parola dell’amore di Dio si è fatta carne. Dio è con noi! Non abbiamo potuto ascendere in cielo per essere con Dio e allora Dio è disceso dal cielo per essere l’Emmanuele, il Dio con noi. Felice allora chi ti apre la porta del cuore al tuo avvento, Gesù: tu infatti entrerai e dimorerai là. Perché Dio non è più al di là delle stelle, non abita più una luce inaccessibile: è Natale, Dio è vicino, la Parola si è fatta carne. L’arrivo pieno di grazia della Parola si è fatto Natale nella notte della nostra vita. L‘annuncio che risuona a Natale non è una semplice bella notizia. Nel Natale di Cristo avviene un mirabile commercio, un misterioso e divino scambio: il Verbo diventa debole, figlio dell’uomo e l’uomo mortale è innalzato alla dignità di figlio di Dio. Dio si è fatto uomo, perché l’uomo diventi Dio, dice sant’Ireno. Dio si è fatto ciò che siamo, per renderci partecipi di ciò che egli è, concorda san Cirillo di Alessandria. Perciò, chiosa san Leone Magno, mentre adoriamo la nascita del nostro Salvatore, ci troviamo celebrare la nostra stessa generazione. Per vivere il Natale bisogna come Maria concepire e generare Cristo nel proprio cuore. Ma chi può essere come Maria? Anche se nessuna lingua umana potrà mai glorificare abbastanza colei da cui ha preso carne il mediatore fra Dio e gli uomini, anche se nessun elogio umano potrà mai essere all’altezza di colei il cui ventre purissimo ha dato il frutto che è l’alimento della nostra anima, con Origene continuiamo ad esclamare: “Che giova che il Verbo sia disceso in questo mondo, se non nasce in noi?” Cristo nasce in chi lo accoglie con l’ascolto e l’obbedienza. In questo modo il Natale e non è più legato a un unico giorno dell’anno, ma è un evento capace oggi e sempre di trasformazione, un evento che illumina il mistero dell’uomo e ci rivela il nostro volto divino.
Un fanciullo li guiderà
Ecco che cos’è la carità, che accende anime diverse, le brucia, le fonde e le plasma, come un unico gioiello d’oro. Ma quando gli letti amano così, necessariamente si slanciano verso colui che meriteranno di vedere in cielo con gioia eterna. Uno solo, infatti, è il Signore e Redentore nostro, che lega quaggiù i cuori degli eletti nell’unità dei sentimenti e non cessa di stimolarne interiormente i desideri all’amore celeste. Così il testo prosegue: “E un fanciullo li guiderà” (Is 11,6). Chi è questo fanciullo, se non colui del quale è scritto: “Un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio” (Is 9,5)? Egli guida questi uomini che abitano insieme, perché il loro cuore non abbia ad attaccarsi alle cose della terra; egli alimenta ogni giorno in essi la fiamma del desiderio interiore.
Egli ci guida, nel senso che continuamente ravviva in noi il fuoco del suo amore, perché non accada che, amandoci a vicenda, rimaniamo con lo spirito in questo luogo d’esilio; che la tranquillità di questa vita ci appaghi talmente da farci dimenticare la patri; che il torpore s’impossessi dell’anima lusingata dal successo. Così egli mescolerà ai suoi doni i flagelli, di modo che tutto ciò che ci affascina in questo mondo ci diventi amaro, e sorga nel nostro cuore un fuoco divorante che non ci dia pace, continuamente provochi in noi il desiderio del cielo e, per così dire, deliziosamente ci tormenti, soavemente ci crucci, gioiosamente ci affligga.
Dalle Omelie su Ezechiele II, IV, 3