“Nell’ambito dell’Ortodossia non esiste un atteggiamento uniforme nei confronti dei diritti umani”, questa la denuncia del Patriarca ecumenico Bartolomeo alla IV Conferenza Internazionale sulla Libertà Religiosa, organizzata dagli Arconti del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli, iniziata domenica 26 maggio ad Atene e conclusasi martedì 28. Il collegio degli Arconti venne istituiti il 10 marzo 1966 dal patriarca di Costantinopoli Atenagora, il quale costituì l’Ordine di Sant’Andrea Apostolo – Arconti del Patriarcato Ecumenico come riconoscimento per i principali benefattori e sostenitori del Patriarcato ecumenico, il primus inter pares dei Patriarcati cristiano-ortodossi del mondo e delle Chiese autocefale. La conferenza sarà seguita dal 1° Summit Globale degli Arconti mercoledì 29, sempre nella capitale greca. I delegati della Conferenza internazionale si sono riuniti in luoghi di rilevanza religiosa e culturale, come la Cattedrale metropolitana dell’Annunciazione di Atene, la storica Stoà di Attalo, che oggi ospita il Museo dell’Agorà di Atene, il Palazzo Reale del Vecchio Parlamento, nonché l’elegante edificio neoclassico dello Zappeion. Il tema della Conferenza è stato: “Proteggere la libertà religiosa, la democrazia e i diritti umani”. Mentre l’Arcivescovo d’America, Sua Eminenza Elpidophoros è arrivato in Grecia nei giorni scorsi per partecipare alla conferenza, il Patriarca ecumenico Bartolomeo è intervenuto con un video saluto, affermando che l’Ortodossia oggi è chiamata a porre tra le sue priorità la sacralità dell’essere umano e l’integrità del creato. Tra le questioni più urgenti in discussione alla conferenza, le sfide e le vere e proprie minacce cui deve far fronte il Patriaricato, che si trova nel quartiere Fanar di Istanbul, l’aumentare dell’autoritarismo a livello globale e le sue ripercussioni sulle comunità religiose, nonché il ruolo della religione nella geopolitica.
Riportiamo il discorso tenuto dal Patriarca Bartolomeo:
“Ci rivolgiamo a voi dal Fanar con sentimenti di onore e amore, essendo presenti con voi spiritualmente alla IV Conferenza Internazionale degli Arconti del Trono Ecumenico, sul tema “Proteggere la libertà religiosa, la democrazia e i diritti umani”, che si tiene nella celebre città di Atene, fiducioso che i suoi lavori saranno portati avanti con successo. Il triplice tema della Conferenza punta ai valori e ai fondamenti normativi di una società aperta, della democrazia, dello stato di diritto e dello stato sociale, al nucleo della cultura politica contemporanea, con alla base i diritti umani. Questi diritti servono da barometro per le minacce contro la dignità umana, sia per la promozione del rispetto concreto e universale della dignità umana. L’attenzione al diritto alla libertà religiosa è segnata dalla dimensione trascendente, senza la quale è impossibile stabilire un rispetto assoluto per la persona umana.
La Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo (10 dicembre 1948) è forse il documento legale più conosciuto del mondo moderno, un “manifesto umanista”, emerso dalla più grande catastrofe umanitaria della storia umana. E oggi, a più di 75 anni dalla solenne Dichiarazione Universale delle Nazioni Unite, nel cui preambolo vengono descritti come “uno standard comune di realizzazione per tutti i popoli e tutte le nazioni”, i diritti umani rimangono di centrale rilevanza politica, quale simbolo di civiltà globale fondata sul rispetto assoluto della dignità umana.
Naturalmente, è proprio questa rivendicazione universale dei diritti umani che viene vigorosamente contestata nel nostro tempo, soprattutto da alcuni popoli e culture non occidentali e da religioni non cristiane. I diritti umani vengono descritti troppo facilmente come il riflesso di una “concezione puramente occidentale del diritto” e addirittura come il “cavallo di Troia dell’Occidente” per il dominio culturale sul resto del mondo. Più in generale, tuttavia, nonostante i vari progressi compiuti nei settori della loro tutela costituzionale e della protezione internazionale, dei diritti umani si può abusare e far uso come pretesto o copertura umanitaria per intervenire negli affari interni di altri Stati. Un altro grosso problema è l’espansione sconsiderata del loro contenuto, tanto che anche i desideri e le aspirazioni individuali vengono battezzati come “diritti umani”. Per questo motivo, nel prossimo futuro, i diritti umani rimarranno un compito da realizzare e non una realtà garantita. Il progresso universale dei diritti umani sembra dipendere in larga misura dall’atteggiamento religioso nei loro confronti, cioè dall’adozione da parte delle religioni delle loro richieste umanitarie e dall’impegno delle religioni nella lotta per il loro rispetto. Pertanto, sulla questione dei diritti umani, qualsiasi analisi della situazione contemporanea che non faccia riferimento anche al ruolo della religione risulta incompleta.
Forse i diritti umani costituiscono “la domanda più persistente mai posta alle religioni”. È la questione del loro atteggiamento verso l’umanesimo, la libertà, la società aperta, il pluralismo, verso i loro presupposti antropologici, una questione, dunque, che non può essere elusa. Ciò che è in gioco nell’incontro delle religioni con i diritti umani non è altro che l’accettazione o il rifiuto della loro portata universale. Le religioni devono comprendere che la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo è proprietà dell’umanità intera. È stato giustamente scritto che “chi non si lascia giudicare per primo dall’universalità dei diritti umani, non ne ha capito nulla”.
Nell’ambito dell’Ortodossia non esiste un atteggiamento uniforme nei confronti dei diritti umani. Si può dire che nei loro confronti prevale un atteggiamento “difensivo”, il sospetto che costituiscano una minaccia per le nostre tradizioni comunitarie. È evidente, tuttavia, che un atteggiamento complessivamente sprezzante della Chiesa ortodossa nei confronti dei diritti umani e la loro considerazione come una minaccia diretta alla nostra identità deriva da un malinteso sia dei diritti umani che dell’etica ortodossa. Dobbiamo capire, una volta per tutte, che se rifiutiamo apertamente i diritti umani, neghiamo una parte importante della nostra tradizione umanitaria. Chiaramente, la Chiesa mostra la sua Verità quando difende i diritti umani e non quando segue ideologie nazionalistiche. Oggi l’Ortodossia è chiamata a offrire una sfida positiva al mondo contemporaneo, una prospettiva ispirata da Dio sulla vita e sulla libertà in un’epoca di ridefinizione della gerarchia dei valori, ponendo in cima alla scala dei valori la santità della persona umana e l’integrità della creazione.
La Chiesa si oppone alla violenza e alle forze che minano la coesione sociale, evidenziando l’etica del ministero, del servizio, dell’offerta di aiuto e l’approccio eucaristico verso la creazione, contro l’isolamento, l’individualismo e l’atteggiamento di possessività. Sottolinea inoltre che il futuro non appartiene al sedicente “uomo-Dio” dello scientismo, che abolisce limiti e misure, distruggendo i termini della “condizione umana” (conditio humana) e, più in generale, della vita sul pianeta terra. La fede ortodossa è fonte di ispirazione e di dinamismo per la buona testimonianza nel mondo contemporaneo e promuove il dialogo e la cooperazione per una risposta comune alle grandi sfide del nostro tempo. L’Ortodossia ha una ricca tradizione, grandi risorse spirituali, che devono essere sfruttate nell’incontro con i diritti umani. Certamente, i diritti umani rappresentano l’ambivalenza della transizione moderna dai valori “dati” ai valori “formati”. Questa transizione non è stata priva di rischi. Tuttavia, questo fatto non giustifica l’identificazione dei diritti umani con gli aspetti negativi della modernità, né con il “fondamentalismo del modernismo”. Allo stesso modo, per la Chiesa ortodossa, ma soprattutto per le religioni non cristiane, le maggiori difficoltà nell’incontro con i diritti umani si riscontrano sul tema della comprensione e dell’interpretazione del diritto alla libertà religiosa. Il diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione è richiamato nell’articolo 18 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo nei seguenti termini: “Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto comprende la libertà di cambiare religione o credo, e la libertà di manifestare, individualmente o in comune, in pubblico o in privato, la propria religione o il proprio credo nell’insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell’osservanza dei riti”.
Di particolare importanza per il nostro tema è il chiaro riferimento del Santo e Grande Concilio (Creta, 2016) al diritto alla libertà religiosa: “Un diritto umano fondamentale è la tutela del principio della libertà religiosa in tutti i suoi aspetti – vale a dire, la libertà di coscienza, credo e religione, compreso, individualmente e in comunità, in privato e in pubblico, il diritto alla libertà di culto e di pratica, il diritto di manifestare la propria religione, nonché il diritto delle comunità religiose all’istruzione religiosa e alla piena funzione ed esercizio dei propri doveri religiosi, senza alcuna forma di ingerenza diretta o indiretta da parte dello Stato”. (Enciclica § 16). Di tutti gli aspetti del diritto alla libertà religiosa, il diritto di “cambiare religione” è quello più controverso. Tuttavia, come è stato detto, è proprio questo punto che segna il “cambio di paradigma” che i diritti umani più ampiamente incarnano. Un ostacolo a una corretta comprensione del contenuto del diritto alla libertà religiosa è l’opinione che si tratti di garantire un diritto individuale, legato alla cultura politica occidentale e corrosivo rispetto alle altre tradizioni. Il diritto alla libertà religiosa apre nuove prospettive positive per le religioni, mentre esige da loro qualcosa di più della semplice tolleranza della differenza, che, dopotutto, non è a loro sconosciuta. Il riconoscimento del “diritto alla differenza” è una grande conquista nella storia della civiltà. Ma la nozione di differenza non può mascherare i valori comuni esistenti. I valori umani universali appartengono al deposito di valori delle grandi religioni, che va messo in risalto. Le religioni sono chiamate a riconoscere nella sua interezza la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. I diritti umani sono indivisibili. Non possono essere invocati e utilizzati selettivamente.
Stimata assemblea,
al di là di ogni dubbio, i diritti umani rappresentano una conquista politica molto importante, che ha portato a un mondo più umano. Nessuna discussione sui fondamenti normativi della società globale può ignorare i diritti umani, che oggi sono la bandiera di una società più aperta e un simbolo delle lotte e delle speranze per un mondo più giusto. È certo che rimarranno anche nel futuro come una delle grandi questioni dell’umanità, un’espressione duratura dell’umanesimo. Ribadiamo che il corso futuro dei diritti umani dipende dall’atteggiamento delle grandi religioni nei loro confronti. Crediamo inoltre che il progresso nella loro attuazione dipenda dal riconoscimento, dalla corretta comprensione e dall’attuazione del diritto alla libertà di religione. L’arretramento dell’orientamento religioso della vita nel mondo occidentale, nonostante le voci contrarie, non solo non promuove gli obiettivi dei diritti umani, ma incide negativamente sul loro rispetto. È stato giustamente scritto che “con l’oblio o la perdita del mistero della religione, scompare anche il senso dell’inviolabilità della dignità umana”. In questo senso riteniamo necessario un dialogo interreligioso sui diritti umani, che liberi le religioni dall’introversione che sempre alimenta il fondamentalismo. In questo dialogo, ciascuna religione è chiamata a sviluppare l’importanza dei propri principi per la nostra epoca, per le grandi questioni e sfide del nostro tempo, per la giustizia e la pace, e a contribuire alla definizione di azioni comuni.
In conclusione, desideriamo sottolineare che l’incontro della Chiesa ortodossa con i diritti umani è uno spazio in cui evidenziare il suo giusto rapporto con la politica. Anche se la Chiesa non si occupa di politica nel senso stretto del termine, la sua testimonianza è essenzialmente e permanentemente politica. La difesa della dignità della persona umana nei suoi diversi aspetti, la denuncia del razzismo, di ogni forma di discriminazione e delle moderne forme di schiavitù; l’opporsi alle forze e alle tendenze che minano la coesione sociale e la pace; la promozione di una cultura della solidarietà e del dialogo, della riconciliazione e della cooperazione. L’obiezione che un simile intervento coinvolgerebbe eccessivamente la Chiesa nelle vicende umane e la testimonianza cristiana si trasformerebbe in politica, è un’obiezione priva di fondamento teologico e indica un indebolimento del senso del significato degli sviluppi storici.
Grazie per l’attenzione!”.