Periodico di informazione religiosa

In morte di un poeta

by | 9 Mar 2023 | Cronaca

A Cutro, la morte di un uomo a poche centinaia di metri dalla riva. Si chiamava Kenan Shukur. Veniva dall’Afghanistan. Non era solo un disperato in cerca di un futuro migliore, ma un poeta che ha saputo cantare anche la disperazione e la speranza. Della sua morte ci rimane l’ultima sua poesia capace di testimoniare la potenza della parola poetica di cui era portatore. In mare è morto un uomo che sapeva dare un nome al cuore della realtà che gli si parava dinnanzi.

«La terra della mia anima è così dura, c’è un sasso pesante sul mio petto, da questo barcone ho capito che chi vede la realtà deve essere realista, che sei il luogo in cui arrivi e quella è la tua ultima destinazione»

In questi pochi versi è condensata un’intera vita, un’intera vicenda. Il nostro mondo interiore quando è ferito dalla sofferenza smette di essere vitale e si trasforma in pietra. Ci induriamo per cercare di soffrire di meno. Nessuno nasce con un “sasso sul petto”. Capita però nella vita di sentire che ci sono cose che ci pesano sul cuore.

Quante volte, come quest’uomo, abbiamo sentito la vita come peso e non come opportunità. Ma la vera libertà è osare qualcosa pur sapendo che nessuno ci assicurerà che andrà bene. Avere speranza e provare non significa sempre vincere. Chi sperimenta le cose difficili della vita, la precarietà che a volte essa ci riserva, si ritrova nelle incontrollabili acque dell’esistenza, su un barcone, così come fisicamente Kenan Shukur si è ritrovato.

Ma quel barcone potrebbe essere un letto d’ospedale, o la sedia dove sei seduto nella solitudine della tua stanza, o un vagone di metro in cui avverti che la vita va avanti e tu arranchi ad andarle dietro. Prima o poi ci ritroviamo con gli occhi di quest’uomo a desiderare una riva in cui pensiamo sia nascosto il nostro destino. “Sei il luogo in cui arrivi”, sei cioè ciò che desideri della tua vita. È nel nostro desiderio il nostro vero destino. Mi piacerebbe poter mettere un lieto fine a questa storia, ma essa finisce in tragedia.

Quest’uomo è morto in mare insieme ad altre decine di compagni, donne e bambini. Raccogliere la sua parola è non sprecare la sua morte. E’ poter gridare l’ingiustizia e rendere onore a un poeta che ha umanizzato l’orrore di una morte così. I nostri giornali registrano numeri per dare notizia di una tragedia. Ma in certe storie non ci sono numeri, ma storie, volti e uomini e donne come Kenan Shukur. Il mondo è più povero senza persone così. Non si può morire di speranza.

Da cristiano so bene che è in questo buio che riconosco il Cristo Crocifisso in cui credo. So anche che Egli è Risorto, ma la Sua resurrezione non giustifica l’ingiustizia, la riscatta senza diminuirne lo scandalo. La Croce è sempre un inciampo. Questa tragedia non può essere incasellata in nessuna giustificazione, perché ogni tentativo in tal senso è sempre bestemmia.

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