Nel 2018 papa Francesco ha consegnato alla Chiesa un documento – sotto forma di Esortazione Apostolica – dedicato alla vocazione alla santità: Gaudete et exsultate. Le sue motivazioni sono già espresse nei primissimi numeri: «Il mio umile obiettivo è far risuonare ancora una volta la chiamata alla santità, cercando di incarnarla nel contesto attuale, con i suoi rischi, le sue sfide e le sue opportunità» (n. 2). Il Pontefice ribadisce che «il Signore chiede tutto, e quello che offre è la vera vita, la felicità per la quale siamo stati creati. Egli ci vuole santi e non si aspetta che ci accontentiamo di un’esistenza mediocre, annacquata, inconsistente» (n. 1).
Gaudete et exsultate si apre, inoltre, donandoci una preziosa verità antropologica: nella storia che abbiamo ereditato non scorre soltanto la santità; c’è anche vita che «non è stata sempre perfetta, però, anche in mezzo a imperfezioni e cadute, hanno continuato ad andare avanti e sono piaciute al Signore» (n. 3). Al di sopra di tutto è importante il dono che ognuno può fare agli altri, l’esistenza virtuosa, l’imitazione di Cristo.
Un ulteriore dato che papa Francesco mette in evidenza, in questa Esortazione, è antropo-teologico, ed è l’alto valore della comunione interpersonale; egli scrive: «Il Signore, nella storia della salvezza, ha salvato un popolo. Non esiste piena identità senza appartenenza a un popolo. Perciò nessuno si salva da solo, come individuo isolato, ma Dio ci attrae tenendo conto della complessa trama di relazioni interpersonali che si stabiliscono nella comunità umana: Dio ha voluto entrare in una dinamica popolare, nella dinamica di un popolo» (n. 6). Al Pontefice sta a cuore porre alla meditazione della comunità cristiana quella santità che possiamo definire feriale, «“della porta accanto”», «la santità nel popolo di Dio paziente» (n. 7).
San Paolo definì la vocazione cristiana in questi termini: «Essere potentemente rafforzati nell’uomo interiore, mediante il suo Spirito. Che il Cristo abiti per mezzo della fede nei vostri cuori, e così, radicati e fondati nella carità, siate in grado di comprendere con tutti i santi quale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità, e di conoscere l’amore di Cristo che supera ogni conoscenza, perché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio» (Ef 3,16-19). «La santità – scrive il Papa – è il volto più bello della Chiesa» (n. 9). Egli, più avanti nel documento, prosegue: «Per essere santi non è necessario essere vescovi, sacerdoti, religiose o religiosi. Molte volte abbiamo la tentazione di pensare che la santità sia riservata a coloro che hanno la possibilità di mantenere le distanze dalle occupazioni ordinarie, per dedicare molto tempo alla preghiera. Non è così. Tutti siamo chiamati ad essere santi vivendo con amore e offrendo ciascuno la propria testimonianza nelle occupazioni di ogni giorno, lì dove si trova» (n. 14).
L’Esortazione invita a prendere le distanze da due pericolosi nemici della santità, due falsificazioni dell’antropologia: lo gnosticismo e il pelagianesimo attuali. Il primo – sintetizza il Papa – concepisce la vita come puro pensiero astratto e precipita in una superficialità vanitosa e in una spiritualità disincarnata; pretende la chiarezza di fronte a ogni situazione e si appaga di elucubrazioni mentali (cfr. Gaudete et exsultate 37-41). Il secondo trasmette «l’idea che tutto si può fare con la volontà umana, come se essa fosse qualcosa di puro, perfetto, onnipotente, a cui si aggiunge la grazia» (n. 49); è mancante «di un riconoscimento sincero, sofferto e orante dei nostri limiti» (n. 50); confida primieramente nelle proprie opere e negli sforzi personali, a discapito della grazia. I nuovi pelagiani si lasciano trascinare da: «l’ossessione per la legge, il fascino di esibire conquiste sociali e politiche, l’ostentazione nella cura della liturgia, della dottrina e del prestigio della Chiesa, la vanagloria legata alla gestione di faccende pratiche, l’attrazione per le dinamiche di auto-aiuto e di realizzazione autoreferenziale» (n. 57).
Francesco, mettendo in guardia da entrambe le derive antropologiche, conclude: «Per questo esorto ciascuno a domandarsi e a discernere davanti a Dio in che modo si possano rendere manifeste nella sua vita» (n. 62). La ricerca della volontà divina rimane centrale nella vita cristiana; sottolinea, infatti, il documento: «Chiedi sempre allo Spirito che cosa Gesù si attende da te in ogni momento della tua esistenza e in ogni scelta che devi fare, per discernere il posto che ciò occupa nella tua missione. E permettigli di plasmare in te quel mistero personale che possa riflettere Gesù Cristo nel mondo di oggi. Voglia il Cielo che tu possa riconoscere qual è quella parola, quel messaggio di Gesù che Dio desidera dire al mondo con la tua vita. Lasciati trasformare, lasciati rinnovare dallo Spirito, affinché ciò sia possibile, e così la tua preziosa missione non andrà perduta. Il Signore la porterà a compimento anche in mezzo ai tuoi errori e ai tuoi momenti negativi, purché tu non abbandoni la via dell’amore e rimanga sempre aperto alla sua azione soprannaturale che purifica e illumina» (nn. 23-24).
Il capitolo terzo della Esortazione – invece – è costituito da una bella e profonda riflessione sul vangelo delle beatitudini (cfr. Mt 5,3-12; Lc 6,20-23), «carta d’identità del cristiano» (n. 63). Il Papa invita ad andare controcorrente; ad accogliere la novità evangelica come verità del nostro cuore; a osare un’esistenza austera e sobria, mite, intrisa di tenerezza e di compassione; ad anelare alla giustizia e alla misericordia; a custodire di un cuore pulito e ricco di amore; a edificare la pace e la concordia; ad accogliere anche la croce, la persecuzione, le incomprensioni. Il culto maggiormente gradito a Dio – ricorda Francesco – è la custodia della relazione con Lui, legata alla nostra quotidiana donazione di amore e generosità agli altri.
La santità indicata da Gaudete et exsultate si gioca sulla solidità interiore, la fedeltà nell’amore, la pazienza e la costanza nel bene (cfr. n. 112); la fermezza nelle scelte, l’umiltà (cfr. nn. 116.118). Essa si rivela nella gioia e nella capacità di umorismo, in «uno spirito positivo ricco e di speranza» (n. 122); nella gratitudine (cfr. n. 127) e nell’amore fraterno (cfr. n. 128). La vita cristiana – nella sua verità e bellezza – chiama all’audacia e al fervore; ad aprirsi alla novità e a porre al centro la vita interiore e comunitaria.
Concludiamo questo nostro breve itinerario di conoscenza della Esortazione Gaudete et exsultate lasciandoci interrogare da tre parole che papa Francesco ci consegna, a chiusura del documento: combattimento, vigilanza e discernimento; per far sviluppare il bene, maturare spiritualmente e crescere nell’amore, e per «una vera uscita da noi stessi verso il mistero di Dio» (n. 175).