La Commissione teologica internazionale pubblicazione il documento “Gesù Cristo, Figlio di Dio, Salvatore. 1700° anniversario del Concilio Ecumenico di Nicea (325-2025)”
Il 20 maggio 2025 segna un anniversario di straordinaria importanza per la Chiesa e per l’intera cristianità: 1700 anni dall’apertura del Concilio di Nicea, il primo Concilio ecumenico della storia. Celebrato nel 325 in Asia Minore, questo evento non fu solo un punto di svolta teologico, ma anche il momento in cui la Chiesa si dotò di un linguaggio condiviso per esprimere la fede in Gesù Cristo, una confessione che sarebbe diventata la base dell’identità cristiana attraverso i secoli. L’anniversario di quest’anno assume un significato ancora più profondo nel contesto del Giubileo 2025, incentrato sul tema “Cristo nostra speranza”. Inoltre, la coincidenza della data di Pasqua tra le Chiese d’Oriente e d’Occidente sottolinea l’urgente necessità di riscoprire quell’unità cristiana che affonda le sue radici proprio nelle dichiarazioni di fede di Nicea.
Per commemorare questa pietra miliare, la Commissione Teologica Internazionale ha pubblicato il documento intitolato “Gesù Cristo, Figlio di Dio, Salvatore” e ha esteso l’invito a partecipare alla Giornata di Studio sul documento “Gesù Cristo, Figlio di Dio, Salvatore”, che si terrà il 20 maggio presso l’Auditorium “San Giovanni Paolo II” della Pontificia Università Urbaniana.
Una verità che illumina la storia
Papa Francesco ha recentemente sottolineato come, in un mondo lacerato da guerre, inquietudini e incertezze, la proclamazione della fede in Cristo sia più che mai essenziale. Il Concilio di Nicea non fu un semplice dibattito teologico, ma un momento fondativo che ancora oggi illumina il cammino della Chiesa. La verità di un Dio che è amore, che si fa uomo per la salvezza dell’umanità, è il principio cardine su cui si fonda la fraternità universale tra i popoli.
L’obiettivo del documento non è solo storico, ma pastorale: riscoprire le immense risorse del Credo per l’evangelizzazione e per affrontare le sfide culturali e sociali del nostro tempo. La fede proclamata a Nicea non è un’eredità statica, ma una sorgente di acqua viva che continua a ispirare il cammino della Chiesa. Essa ci invita ad accogliere il dono dello Spirito Santo, che libera dall’egoismo e costruisce relazioni di comunione al di là di ogni barriera. Come afferma la preghiera di Gesù al Padre: “Che tutti siano uno, come io e te siamo uno” (Gv 17, 22), così anche noi siamo chiamati a vivere questa unità nel nostro tempo.
Nicea e il cammino sinodale della Chiesa
A Nicea, per la prima volta, l’universalità della Chiesa si espresse in una forma sinodale, ovvero in un “camminare insieme” che oggi è tornato al centro della riflessione ecclesiale. L’esperienza conciliare del 325 rappresenta un modello di discernimento e di unità nella missione, offrendo un punto di riferimento prezioso per il processo sinodale attuale voluto da Papa Francesco.
In un’epoca di cambiamento radicale, il Credo di Nicea continua a essere una luce che guida la Chiesa. La sua professione di fede non è solo una dichiarazione dottrinale, ma una chiave per comprendere il senso della storia e il destino dell’umanità alla luce di Cristo. Guardare a Nicea significa riscoprire il cuore della nostra fede, che continua a essere il fondamento su cui costruire il futuro della Chiesa e del mondo.
La divinizzazione, cuore della fede nicena e della speranza cristiana
La questione della divinizzazione, ossia della partecipazione dell’uomo alla vita divina, rappresenta il cuore pulsante della teologia cristiana patristica e della fede nicena. Il testo della Commissione Teologica Internazionale sottolinea come la corretta comprensione della relazione tra il Padre e il Figlio sia essenziale per comprendere il senso della salvezza e della trasformazione dell’essere umano in Dio.
Il tema centrale del dibattito teologico non è puramente speculativo, ma ha un impatto esistenziale profondo. I Padri della Chiesa d’Oriente e d’Occidente si impegnarono a diffondere la fede nicena tra i fedeli attraverso predicazioni e catechesi. Questa fede si opponeva fermamente all’arianesimo, il quale negava la piena divinità del Figlio, considerandolo la creatura più eminente del Padre. Tale errore, secondo i Padri, non era solo una deviazione dottrinale, ma un pericolo esistenziale: se il Figlio non fosse veramente Dio, allora l’uomo non potrebbe realmente partecipare alla vita divina. Gregorio di Nissa, Giovanni Crisostomo, Agostino, tra gli altri nominati dal documento, difesero con forza la fede nicena, spiegando che Dio è “una essenza, tre ipostasi”. Solo se il Figlio è pienamente Dio, la sua incarnazione assume un valore redentivo capace di trasformare l’umanità.
Gregorio di Nissa, in particolare, sviluppò una catechesi approfondita sulla natura divina del Verbo incarnato, sottolineando come la salvezza non sia semplicemente un perdono, ma una vera e propria trasformazione dell’essere umano. Se Basilio parla di battesimo come “instaurazione nella filiazione”, il Nisseno lo descrive come “l’inizio in noi della vita eterna”. Ambrogio aggiunge che il battesimo rappresenta la “salvezza dal peccato e dalla morte”. Tutti questi concetti convergono nella realtà della divinizzazione: Dio si è fatto uomo affinché l’uomo possa essere reso partecipe della vita divina.
Questa visione è strettamente legata alla Trinità: il battesimo è efficace solo se amministrato nel nome della “Trinità increata”, ossia nelle tre Persone coeterne. Qualunque deviazione da questa fede, come l’arianesimo, rende vano il battesimo stesso, poiché significa riporre la propria speranza di salvezza in una creatura e non in Dio stesso.
La divinizzazione non è una semplice metafora, ma il destino ultimo dell’uomo in Cristo. La salvezza non si riduce a un atto giuridico, ma implica un cambiamento ontologico profondo: l’essere umano viene trasformato per partecipare alla stessa vita della Trinità. In questa prospettiva, la battaglia dei Padri della Chiesa contro l’arianesimo non è stata solo una difesa dottrinale, ma un atto d’amore per l’umanità, affinché nessuno fosse privato della possibilità di diventare “figlio di Dio” nel Figlio Unigenito.
In un mondo segnato da divisioni e incertezze, il messaggio di Nicea ci invita a rinnovare la nostra fede e a lavorare insieme per una testimonianza comune, affinché la luce di Cristo possa risplendere sempre più luminosa. La fede nicena non è dunque solo una formula dogmatica, ma la chiave che apre all’uomo le porte della vita eterna.