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La lettera pastorale di mons. Boccardo per la riapertura della Basilica di S. Benedetto a Norcia

da | 31 Ott 2025 | Monasteria

La lettera pastorale di mons. Renato Boccardo, “Ascolta, figlio mio, e apri docilmente il tuo cuore”, scritta per la riapertura della Basilica di San Benedetto a Norcia, riflette sulla forza spirituale dell’ascolto come via di rinascita personale, ecclesiale e sociale

La recente riapertura della Basilica di San Benedetto a Norcia – cuore ferito e nuovamente pulsante di una terra segnata dal sisma del 2016 – diventa, nelle parole di mons. Renato Boccardo, arcivescovo di Spoleto-Norcia, molto più che un evento edilizio o culturale: è un evento teologico. La sua lettera pastorale, intitolata significativamente “Ascolta, figlio mio, e apri docilmente il tuo cuore”, non si limita a commentare la rinascita di un santuario, ma elabora una mistica della ricostruzione fondata sull’ascolto e sull’obbedienza del cuore, alla luce della Regola benedettina e della Parola di Dio.

1. L’ascolto come fondamento antropologico e teologico

La prima parola della Regula BenedictiObsculta, o fili – diventa per Boccardo la chiave ermeneutica dell’intera esperienza cristiana. In un’epoca segnata dalla dispersione, dall’iperconnessione e dal rumore, l’ascolto appare come il gesto originario della fede.
Ascoltare, infatti, non è un atto passivo ma generativo: significa accogliere la Parola per lasciarsi trasformare. È il contrario del narcisismo spirituale e dell’autoreferenzialità ecclesiale.
Boccardo mostra come la fede, per la tradizione monastica, nasca da un movimento di decentramento: il credente smette di essere misura di sé stesso e si fa spazio all’Altro, al Dio che parla nel silenzio.
L’ascolto, quindi, diventa principio teologico e antropologico insieme: è la condizione perché l’uomo possa tornare “immagine e somiglianza” di Dio, che è relazione, comunione e dialogo.

2. La Regola di Benedetto come grammatica dell’umano

In questa prospettiva, mons. Boccardo legge la Regola benedettina non come un codice per monaci, ma come una grammatica universale dell’umano. Benedetto di Norcia, nel cuore del VI secolo, non fonda un ordine religioso ma inaugura una forma di vita: un modo concreto di coniugare contemplazione e lavoro, preghiera e ospitalità, stabilità e apertura.
L’equilibrio di ora et labora appare così come un’icona dell’integralità cristiana: la santità non nasce dalla fuga dal mondo ma dalla trasfigurazione del quotidiano.
Per Boccardo, questo equilibrio rappresenta la risposta più alta al dualismo moderno fra sacro e profano, spirito e materia, fede e ragione. La Regola educa a una teologia dell’incarnazione vissuta, dove l’azione e la preghiera si unificano nella carità operosa.

3. Norcia, paradigma di rinascita ecclesiale ed europea

Il ritorno della Basilica di San Benedetto alla sua comunità è per il vescovo un segno che trascende l’ambito locale. Norcia – culla del santo patrono d’Europa – diventa simbolo di una rigenerazione spirituale e culturale necessaria all’intero continente.
Boccardo evoca il paragone con il tempo di Benedetto: anche oggi, come allora, il mondo è attraversato da crisi di senso, conflitti e frammentazione. Come Benedetto seppe generare una civiltà nuova dal naufragio dell’Impero, così la Chiesa è chiamata oggi a rigenerare l’anima dell’Europa attraverso la testimonianza di comunità che vivono l’ascolto, la preghiera e la fraternità.
In questa visione, la ricostruzione delle mura diventa immagine di una ricostruzione spirituale dell’umano: non basta restituire pietre alla loro forma, occorre restituire senso e comunione a ciò che si era disperso.

4. La “stabilità” benedettina come antidoto al nomadismo interiore

Un punto centrale della riflessione di Boccardo è la stabilità, uno dei voti propri del monaco benedettino. In un mondo liquido, mobile, continuamente in fuga, la stabilità appare come una forma di resistenza spirituale: è la decisione di rimanere, di non fuggire dal luogo, dalle persone, dalle proprie responsabilità.
Essa non è immobilismo, ma fedeltà creativa. È il contrario dell’erranza superficiale che cerca altrove la felicità.
Boccardo interpreta la stabilità come simbolo di incarnazione: Dio non è un’idea itinerante, ma Colui che “pianta la sua tenda tra noi” (Gv 1,14). Il credente, restando, impara a scoprire la presenza di Dio nel reale, nel tempo e nella storia.

5. L’ospitalità come via della pace

Il tratto più evangelico della Regola – “tutti gli ospiti siano accolti come Cristo” – diventa per Boccardo un programma di rinnovamento ecclesiale.
L’ospitalità, che unisce dimensione liturgica e sociale, appare oggi come una profetica risposta ai muri del nostro tempo: muri culturali, religiosi, economici.
Accogliere l’altro come Cristo significa riconoscere in ogni volto la presenza di Dio e abbattere la logica dell’indifferenza. È una teologia dell’incontro che anticipa il magistero di Papa Francesco e si inserisce nel solco dell’“ecologia integrale” di Laudato si’: tutto è relazione, tutto è dono.

6. Un nuovo umanesimo dell’ascolto

L’editoriale di Boccardo si chiude con un appello che è insieme spirituale e civile: l’Europa potrà rinascere solo se tornerà ad ascoltare.
Ascoltare Dio, la Parola, la coscienza, il grido dei poveri, il silenzio del creato.
Questo ascolto diventa sorgente di un nuovo umanesimo cristiano, fondato sulla gratuità e sulla comunione. È l’opposto dell’uomo tecnico e autoreferenziale che domina la storia contemporanea.
In un tempo in cui l’intelligenza artificiale sembra voler sostituire la sapienza umana, la voce di Norcia ricorda che la vera intelligenza è ascolto del mistero.

 “Ascolta, figlio mio, e apri docilmente il tuo cuore” è dunque molto più di una lettera pastorale: è un manifesto spirituale per un’epoca post-secolare.
Mons. Boccardo rilegge la vocazione benedettina come un cammino ecclesiale di discernimento, di silenzio e di pace.
Dalla Basilica ricostruita di Norcia si leva un monito evangelico: ricostruire non significa soltanto edificare, ma convertirsi.
Solo un cuore docile – capace di ascoltare – può ridare forma alla Chiesa e all’Europa.
E in questo ascolto umile e perseverante, l’uomo riscopre sé stesso come “opera di Dio che continua a farsi carne nel mondo”. 

 

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