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La letteratura e la formazione. Lettera di papa Francesco

by | 7 Ago 2024 | Teologia

La conoscenza della letteratura e buone letture aiutano la formazione cristiana. Lo ha scritto papa Francesco nella Lettera sul ruolo della letteratura nella formazione, Documento firmato il 17 luglio e reso noto in questi giorni dalla Sala Stampa Vaticana.

Sull’architrave del teatro Massimo di Palermo possiamo leggere l’epigrafe: “L’arte rinnova i popoli e ne rivela la vita. Vano delle scene il diletto, ove non miri a preparar l’avvenire”; effettivamente, il fine dell’arte e della cultura non possono essere il prestigio o la vanagloria: queste potrebbero aiutare lo sviluppo delle persone umane e dei popoli, il progresso e il benessere.

Papa Francesco – infatti – ha scritto proprio all’inizio della presente Lettera: «Come possiamo raggiungere il centro delle antiche e nuove culture se ignoriamo, scartiamo e/o mettiamo a tacere i loro simboli, i messaggi, le creazioni e le narrazioni con cui hanno catturato e voluto svelare ed evocare le loro imprese e gli ideali più belli, così come le loro violenze, paure e passioni più profonde? Come possiamo parlare al cuore degli uomini se ignoriamo, releghiamo o non valorizziamo “quelle parole” con cui hanno voluto manifestare e, perché no, rivelare il dramma del loro vivere e del loro sentire attraverso romanzi e poesie?» (n. 9). In tutte queste realtà, il Pontefice legge l’evangelizzazione e l’edificazione del regno di Dio: «Grazie al discernimento evangelico della cultura, è possibile riconoscere la presenza dello Spirito nella variegata realtà umana, è possibile, cioè, cogliere il seme già piantato della presenza dello Spirito negli avvenimenti, nelle sensibilità, nei desideri, nelle tensioni profonde dei cuori e dei contesti sociali, culturali e spirituali» (n. 12).

In questo Documento, il Vescovo di Roma mette in guardia da una serpeggiante tentazione, quella di testimoniare un Cristo senza carne: «L’urgente compito dell’annuncio del Vangelo nel nostro tempo richiede, dunque, ai credenti e ai sacerdoti in particolare l’impegno a che tutti possano incontrarsi con un Gesù Cristo fatto carne, fatto umano, fatto storia. Dobbiamo stare tutti attenti a non perdere mai di vista la £carne” di Gesù Cristo: quella carne fatta di passioni, emozioni, sentimenti, racconti concreti, mani che toccano e guariscono, sguardi che liberano e incoraggiano, di ospitalità, di perdono, di indignazione, di coraggio, di intrepidezza: in una parola, di amore» (n. 14). Nello stesso tempo, ricorda gli innumerevoli benefici che la lettura arreca alla persona umana.

Francesco ci consegna – in queste pagine – l’alto valore del “contatto vivo” con la letteratura; dunque, con “qualcuno che parla” al lettore. Essa può aiutare ciascun cristiano anche nella impegnativa pratica del discernimento: «Nella letteratura, poi, sono in gioco questioni di forma di espressione e di senso. Essa rappresenta pertanto una sorta di palestra di discernimento, che affina le capacità sapienziali di scrutinio interiore ed esteriore del futuro sacerdote. Il luogo nel quale si apre questa via di accesso alla propria verità è l’interiorità del lettore, implicato direttamente nel processo della lettura. Ecco dunque dispiegarsi lo scenario del discernimento spirituale personale dove non mancheranno le angosce e persino le crisi» (n. 26); aggiunge Francesco: «Si capisce così che il lettore non è il destinatario di un messaggio edificante, ma è una persona che viene attivamente sollecitata ad inoltrarsi su un terreno poco stabile dove i confini tra salvezza e perdizione non sono a priori definiti e separati. L’atto della lettura è, allora, come un atto di “discernimento”, grazie al quale il lettore è implicato in prima persona come “soggetto” di lettura e, nello stesso tempo, come “oggetto” di ciò che legge. Leggendo un romanzo o un’opera poetica, in realtà il lettore vive l’esperienza di “venire letto” dalle parole che legge. Così il lettore è simile ad un giocatore sul campo: egli fa il gioco ma nello stesso tempo il gioco si fa attraverso di lui, nel senso che egli è totalmente coinvolto in ciò che agisce» (n. 29).

La letteratura – prosegue Francesco – purifica i rapporti inter-soggettivi e relazionali: «È necessario recuperare modi di rapportarsi alla realtà ospitali, non strategici, non direttamente finalizzati a un risultato, in cui sia possibile lasciar emergere l’eccedenza infinita dell’essere. Distanza, lentezza, libertà sono i caratteri di un approccio al reale che trova proprio nella letteratura una forma di espressione non certo esclusiva ma privilegiata. La letteratura diventa allora una palestra dove allenare lo sguardo a cercare ed esplorare la verità delle persone e delle situazioni come mistero, come cariche di un eccesso di senso, che può essere solo parzialmente manifestata in categorie, schemi esplicativi, in dinamiche lineari di causa-effetto, mezzo-fine» (n. 32). Essa ci aiuta a vedere più in profondità, attraverso gli occhi degli altri; cogliamone, dunque, tutta la ricchezza umana e spirituale che dalla letteratura promana, e lasciamo che anch’essa ci formi alla scuola della Buona Novella e di una umanità che profuma di bellezza.

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