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LIMES, un numero dedicato a Papa Leone XIV

da | 15 Giu 2025 | Recensioni

Il Papa, l’Impero e la Tempesta: il nuovo numero di Limes dedicato al rebus del pontificato di Papa Leone XIV

C’è un uomo venuto da Chicago, cresciuto tra Perù e Roma, che oggi siede sul trono più antico e più osservato della terra. Un uomo che, nel nome di Leone, raccoglie il peso secolare della Chiesa cattolica e la sfida futura di un’umanità smarrita. E non a caso, Limes gli dedica il suo nuovo numero in edicola e online da sabato 14 giugno: Il rebus di papa Leone, una mappa mondiale delle fratture e delle speranze, con lo sguardo fisso su un pontificato destinato a fare storia.

Il ritorno del governo, dopo il carisma

Papa Leone XIV – al secolo Robert Francis Prevost – non è solo il primo pontefice americano: è, secondo Limes, l’uomo scelto per rimettere ordine in una Chiesa sull’orlo dello scisma. Dopo anni di “carismi senza comando” – da Giovanni Paolo II a Francesco, passando per l’interludio teologico di Benedetto XVI – torna il governo. Come ha spiegato Lucio Caracciolo nell’ultima puntata di Mappa Mundi, «la Chiesa non è stata governata dagli ultimi papi, forse solo Paolo VI ci ha provato davvero». Oggi, Leone XIV è chiamato a stabilire quali brecce aperte da Francesco vadano consolidate e quali chiuse, per salvare l’unità del cattolicesimo senza spegnerne il fuoco missionario.

Crisi della Chiesa, crisi dell’America

Il cuore geopolitico del volume è tutto in questa sovrapposizione: la crisi della Chiesa e la crisi degli Stati Uniti. Due mondi nati per redimere il pianeta – uno con la Croce, l’altro con il Dollaro e le armi – oggi attraversati da lacerazioni profonde. Leone XIV incarna questa doppia tensione. È “figlio di Agostino” e figlio di un’America che vacilla. Il suo pontificato si apre con un richiamo simbolico a Costantino, l’imperatore che cristianizzò l’Impero. Oggi tocca a Leone cercare di cristianizzare un’America che rischia di spaccarsi lungo faglie morali, razziali, politiche.

Come scrive Piero Schiavazzi nel suo articolo, “L’atlantismo di Papa Prevost”, il nuovo pontefice sta spostando la rotta della barca di Pietro verso Occidente, chiudendo la stagione dell’equidistanza tra Mosca e Kiev, riaprendo il dialogo con Israele e tagliando i ponti con l’ambiguità di certa diplomazia vaticana del passato. Tutto questo mentre dall’altra parte dell’Atlantico Donald Trump – o, più insidiosamente, il suo vicepresidente J.D. Vance – cerca di capitalizzare questa nuova alleanza con il papato americano per ridefinire il cattolicesimo civile statunitense.

Leone XIV, il papa romanista (e yankee)

Definito da Massimo Franco un “latin yankee”, Leone XIV è una figura ibrida, come molte del XXI secolo: nato negli USA, formato in America Latina, agostiniano per vocazione, vicino spiritualmente al pensiero di Sant’Agostino ma anche alle dinamiche concrete del potere. Ha guidato per anni l’Ordine agostiniano – eletto e rieletto – e conosce il peso della responsabilità. Ma ama anche la Roma terrena: tifa per la Roma giallorossa, come racconta con ironia Limes nella rubrica “Il papa romanista”.

I numeri dell’arcipelago cattolico

Guglielmo Gallone, con schede e dati dettagliati, tratteggia il profilo sociologico del cattolicesimo globale: 1,4 miliardi di battezzati, ma molto meno della metà realmente coinvolti nella vita attiva della Chiesa. Una geografia che si spezza tra un’Europa secolarizzata, un’Africa in crescita esplosiva e un’America del Nord divisa tra modernismo e tradizione. Il pontificato di Leone dovrà mediare queste spinte divergenti, ricucendo lo strappo tra “comunità di fede” e “istituzione” che Francesco aveva spinto fino al limite.

La Chiesa di Vance e il cattolicesimo della destra

Ma Leone dovrà anche fronteggiare il nuovo “cattolicesimo di potere” americano, promosso da J.D. Vance – il vice di Trump – che propone un modello teologico-politico dove i doveri superano i diritti, e dove la fede diventa collante nazionale più che via personale. Come spiega Federico Petroni in “La Chiesa di Vance”, questo tentativo di strumentalizzare Roma per rifondare Washington sarà una delle prove più dure per Leone. Anche perché i finanziamenti della Papal Foundation americana sono cruciali in una fase in cui le casse vaticane piangono.

Il futuro secondo Agostino e AI

In una sezione sorprendente del numero, Limes affronta anche la sfida dell’intelligenza artificiale. Giuseppe De Ruvo, in “Leone, l’AI e la questione burina”, ipotizza una nuova dottrina sociale capace di affrontare l’impatto spirituale e materiale delle tecnologie digitali. Qui Leone si presenta come il primo pontefice a voler elaborare un pensiero teologico sulle macchine pensanti, rilanciando la scia intellettuale di Leone XIII, grande analista del mondo moderno alla fine del XIX secolo.

Una Chiesa più occidentale, ma non meno globale

Non manca un focus sui grandi temi della diplomazia e della guerra. Adriano Roccucci descrive la difficile eredità del rapporto con Mosca, mentre Matteo Prodi analizza la “pace di Leone”, tra diplomazia e teologia agostiniana. La sezione finale è un bilancio del pontificato di Francesco: dalle “sante contraddizioni” (Giulio Albanese) all’analisi mediatica del suo “managerialismo” (Nathan Pinkoski). E poi la tavola rotonda con i gesuiti, le carte geopolitiche di Laura Canali, la prospettiva cinese (“Il drago studia Leone”) e la sfida africana, narrata da Gallone.

Una Chiesa imperiale o evangelica?

Il punto vero resta sempre lo stesso: la Chiesa vuole tornare a essere istituzione imperiale, come ai tempi di Costantino, o mantenersi Chiesa dei poveri, come voleva Francesco? Leone, da buon agostiniano, sa che la risposta non sta nel bianco o nel nero, ma nel tenere insieme città celeste e città terrena. Resta da vedere se il mondo, e la Chiesa stessa, vorranno seguirlo su questa via stretta ma necessaria.

“Il rebus di papa Leone” è in edicola e online per gli abbonati digitali dal 14 giugno 2025.
Tra gli autori: Andrea Riccardi, Massimo Franco, Federico Petroni, Giuseppe De Ruvo, Vincenzo Paglia, Lucio Caracciolo, Benedetta Lazzeri, e molti altri.

Un numero per comprendere la geopolitica della fede, oggi più strategica che mai.
Perché, come suggerisce il titolo di un altro pezzo del volume: Solo Roma ci salverà.

 

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