Il tradizionale scambio di auguri per il nuovo anno tra papa Francesco e il Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede è stato interpretato dal Pontefice, quest’anno, come «un momento in cui la famiglia dei popoli si riunisce simbolicamente». Le Eccellenze, le Signore e i Signori sono stati ricevuti nella mattinata di giovedì 9 gennaio nella Aula della Benedizione.
Nell’incipit del Discorso, il vescovo di Roma ha ricordato il tempo giubilare appena incominciato: «All’inizio di quest’anno, che per la Chiesa cattolica ha una particolare rilevanza, il nostro ritrovarci ha una valenza simbolica speciale, poiché il senso stesso del Giubileo è quello di “fare una sosta” dalla frenesia che contraddistingue sempre più la vita quotidiana, per rinfrancarsi e per nutrirsi di ciò che è veramente essenziale: riscoprirsi figli di Dio e in Lui fratelli, perdonare le offese, sostenere i deboli e i poveri, far riposare la terra, praticare la giustizia e ritrovare speranza. A ciò sono chiamati tutti coloro che servono il bene comune e esercitano quella forma alta di carità – forse la forma più alta di carità – che è la politica»; la sua parola – coraggiosa e gentile – si è soffermata sui conflitti attuali, i limiti, il desiderio della fraternità universale: «Paradossalmente, il termine confine indica non un luogo che separa, bensì che unisce, “dove si finisce insieme” ( cum-finis), dove si può incontrare l’altro, conoscerlo, dialogare con lui. Il mio augurio per questo nuovo anno è che il Giubileo possa rappresentare per tutti, cristiani e non, un’occasione per ripensare anche le relazioni che ci legano, come esseri umani e comunità politiche; per superare la logica dello scontro e abbracciare invece la logica dell’incontro; perché il tempo che ci attende non ci trovi vagabondi disperati, ma pellegrini di speranza, ossia persone e comunità in cammino impegnate a costruire un futuro di pace».
La sua riflessione antropologica è proseguita, con queste espressioni: «In ogni epoca e in ogni luogo, l’uomo è sempre stato allettato dall’idea di poter essere autosufficiente, di poter bastare a sé stesso ed essere artefice del proprio destino. Ogni qualvolta si lascia dominare da tale presunzione, si trova costretto da eventi e circostanze esterne a scoprire di essere debole e impotente, povero e bisognoso, afflitto da sciagure spirituali e materiali. In altre parole, scopre di essere misero e di avere bisogno di qualcuno che lo sollevi dalla propria miseria. Numerose sono le miserie del nostro tempo. Mai come in quest’epoca l’umanità ha sperimentato progresso, sviluppo e ricchezza e forse mai come oggi si è trovata sola e smarrita, non di rado a preferire gli animali domestici ai figli. C’è un urgente bisogno di ricevere un lieto annuncio. Un annuncio che, nella prospettiva cristiana, Dio ci offre nella notte di Natale! Tuttavia, ciascuno – anche chi non è credente – può farsi portatore di un annuncio di speranza e di verità»; accanto alle sottolineature sulla intelligenza artificiale, sulla centralità del compito educativo, sull’egemonia economica, sulla difesa della vita, sull’impegno ecologico.
Francesco – nel Discorso più importante dell’anno, insieme a quello alla Curia Romana in occasione dello scambio degli auguri natalizi – ha utilizzato espressioni toccanti, quali: «diplomazia della speranza», «diplomazia della verità», «diplomazia del perdono»; per concludere il proprio intervento con questo auspicio: «Come vorrei che questo 2025 fosse veramente un anno di grazia, ricco di verità, di perdono, di libertà, di giustizia e di pace!».