«Il Lussemburgo è un Paese dalle porte aperte, una bella testimonianza di non discriminazione e non esclusione»: è stata questa una delle prime espressioni del Discorso pronunciato da papa Francesco alle Autorità, la Società Civile e il Corpo Diplomatico, lo scorso giovedì 26 settembre; egli ha parlato fin da subito di «sviluppo integrale», a una Nazione che rimane un modello di accoglienza e integrazione di migranti e rifugiati. Il Pontefice ha anche messo in evidenza gli attuali scenari bellici che abitano – ormai da anni – il continente europeo, auspicando: «Occorre che il vivere quotidiano dei popoli e dei loro governanti sia animato da alti e profondi valori spirituali. Saranno questi valori a impedire l’impazzimento della ragione e l’irresponsabile ritorno a compiere i medesimi errori dei tempi passati, aggravati per giunta dalla maggiore potenza tecnica di cui l’essere umano ora si avvale. Il Lussemburgo è proprio al centro della capacità di fare l’amicizia ed evitare queste strade. Io direi: è una delle vostre vocazioni»; e ha indicato l’unica via percorribile della persona umana, quella del Vangelo, il quale «ci fa trovare simpatia fra tutte le nazioni, tra tutti i popoli: simpatia, sentire ugualmente, patire ugualmente. Il Vangelo di Gesù Cristo, che solo è in grado di trasformare in profondità l’animo umano, rendendolo capace di operare il bene anche nelle situazioni più difficili, di spegnere gli odi e riconciliare le parti in conflitto. Possano tutti, ogni uomo e ogni donna, in piena libertà, conoscere il Vangelo di Gesù, che ha riconciliato nella sua Persona Dio e l’uomo e che, conoscendo cosa c’è nel cuore umano, può sanarne le ferite. Sempre positivo».
Il Vescovo di Roma ha sottolineato ai presenti la strada della carità cristiana, affermando: «“Pour servir”, “Per servire”: con questo motto sono venuto tra voi. Esso si riferisce direttamente ed eminentemente alla missione della Chiesa, che Cristo, Signore fattosi servo, ha inviato nel mondo come il Padre aveva inviato Lui. Ma permettetemi di ricordarvi che questo, il servire, è anche per ognuno di voi l’alto titolo di nobiltà. Il servizio è per voi anche il compito principale, lo stile da assumere ogni giorno. Il buon Dio vi conceda di farlo sempre con animo lieto e generoso. E coloro che non hanno fede lavorino per i fratelli, lavorino per la patria, lavorino per la società. Questa è una strada per tutti, sempre per il bene comune!».
Successivamente, in presenza della Comunità Cattolica nella cattedrale di “Notre-Dame”, Francesco ha rilanciato tre realtà centrali della dimensione cristiana: il servizio, la missione e la gioia.
Venerdì 27, incontrando le Autorità e la Società Civile nel Castello di Laeken (Bruxelles), il Papa ha tuonato con forza, a vantaggio della pace mondiale e di un radicale incremento demografico: «L’Europa ha bisogno del Belgio per portare avanti il cammino di pace e di fraternità tra i popoli che la compongono. Questo Paese ricorda a tutti gli altri che, quando – sulla base delle più varie e insostenibili scuse – si comincia a non rispettare più confini e trattati e si lascia alle armi il diritto di creare il diritto, sovvertendo quello vigente, si scoperchia il vaso di Pandora e tutti i venti incominciano a soffiare violenti, squassando la casa e minacciando di distruggerla. In questo momento storico credo che il Belgio ha un ruolo molto importante. Siamo vicini a una guerra quasi mondiale. La concordia e la pace, infatti, non sono una conquista che si ottiene una volta per tutte, bensì un compito e una missione – la concordia e la pace sono un compito e una missione –, una missione incessante da coltivare, da curare con tenacia e pazienza. L’essere umano, infatti, quando smette di fare memoria del passato e di lasciarsene istruire, possiede la sconcertante capacità di tornare a cadere anche dopo che si era finalmente rialzato, dimenticando le sofferenze e i costi spaventosi pagati dalle generazioni precedenti. In questo la memoria non funziona, è curioso, sono altre forze, sia nella società sia nelle persone, che ci fanno cadere sempre nelle stesse cose. In questo senso il Belgio è quanto mai prezioso per la memoria del continente europeo»; «L’inferno della guerra, lo stiamo vedendo, che può trasformarsi in una guerra mondiale. E l’inverno demografico; per questo dobbiamo essere pratici: fare figli, fare figli!»: ha evidenziato il Pontefice.
Nell’Incontro con i Docenti Universitari – nel “Promotiezaal” della “Katholieke Universiteit Leuven” – Francesco ha ricordato agli accademici presenti la vocazione del mondo universitario: «È questo il primo compito dell’Università: offrire una formazione integrale perché le persone ricevano gli strumenti necessari a interpretare il presente e a progettare il futuro. La formazione culturale, infatti, non è mai fine a sé stessa e le Università non devono correre il rischio di diventare delle “cattedrali nel deserto”; esse sono, per loro natura, luoghi propulsori di idee e di stimoli nuovi per la vita e il pensiero dell’uomo e per le sfide della società, cioè spazi generativi. È bello pensare che l’Università genera cultura, genera idee, ma soprattutto promuove la passione per la ricerca della verità, al servizio del progresso umano». Bergoglio ha rivolto a tutti i presenti un prezioso monito: «Desidero allora rivolgervi un semplice invito: allargare i confini della conoscenza! Non si tratta di moltiplicare le nozioni e le teorie, ma di fare della formazione accademica e culturale uno spazio vitale, che comprende la vita e parla alla vita. Allargare i confini e diventare uno spazio aperto per l’uomo e per la società è la grande missione dell’Università»; come anche a rifuggire da quei pericolosi «stanchezza dello spirito» e «razionalismo senz’anima», oggi molto diffusi. L’auspicio del Pontefice rimane quello di «allargare i confini», affinché si conservi «accesa la fiamma di questo fuoco; allargate i confini! Siate inquieti, per favore, con l’inquietudine della vita, siate cercatori della verità e non spegnete mai la passione, per non cedere all’accidia del pensiero, che è una malattia molto brutta. Siate protagonisti nel generare una cultura dell’inclusione, della compassione, dell’attenzione verso i più deboli e verso le grandi sfide nel mondo in cui viviamo».
Sabato 28, nell’Incontro con i Vescovi, i Sacerdoti, i Diaconi, i Consacrati, le Consacrate, i Seminaristi e gli Operatori Pastorali, nella Basilica del Sacro Cuore di Koekelberg Francesco ha consegnato ai presenti tre parole, centrali nell’esperienza della fede cristiana: l’evangelizzazione, la gioia e la misericordia.