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Perché rendiamo tutto più complicato?

da | 4 Nov 2025 | Orizzonte salute

C’è un momento preciso — silenzioso e invisibile — in cui una cosa semplice si trasforma in un labirinto mentale. Lo riconosci subito: inizi con un pensiero lineare, limpido, quasi banale, e nel giro di pochi minuti ti ritrovi in un dedalo di ipotesi, “forse”, “ma se”, “e se poi…”. È il punto esatto in cui la semplicità abdica e la complessità prende il comando. Ma perché lo facciamo? Perché trasformiamo la chiarezza in nebbia, l’intuizione in analisi, la vita in un esercizio di complicazione?

Sembra un paradosso, ma la mente umana, quella meravigliosa architettura che ci distingue, ha una naturale inclinazione a complicare. Lo fa in modo raffinato, sottile, quasi artistico. Prende una decisione semplice — “devo scrivere quella mail”, “devo chiamare quella persona”, “devo cambiare lavoro” — e la veste di infinite sfumature, di possibilità, di proiezioni. È come se dentro di noi ci fosse un regista instancabile che rifiuta le scene lineari e pretende sempre un colpo di scena.

Eppure, nel fondo, questa abitudine alla complicazione ha una radice antica e affascinante: la paura. Paura di sbagliare, di scegliere, di perdere. Ogni volta che aggiungiamo un passaggio inutile, una domanda di troppo, una revisione superflua, in realtà stiamo cercando protezione. Complicare è un modo elegante per rimandare, per difendersi, per sentirsi ancora nel controllo. È un autoinganno che veste i panni della razionalità.

Pensaci: quante volte hai impiegato più tempo a pensare se fare qualcosa che a farla davvero? Quante volte hai riaperto un messaggio già pronto, riletto una frase cento volte, o rimandato una scelta finché il momento ideale non è mai arrivato? Non è pigrizia, non è indecisione — è il bisogno di sentirci al sicuro in un mondo che cambia troppo in fretta. Così, ci rifugiamo nella complessità come in una coperta pesante: scomoda, ma rassicurante.

Eppure, la semplicità non è sinonimo di superficialità. È, anzi, la forma più alta di intelligenza emotiva. Significa scegliere l’essenziale, dire “sì” o “no” senza paura del giudizio, capire che spesso la soluzione è già lì, solo coperta da strati di pensieri superflui. La semplicità è un gesto di coraggio. È avere fiducia nel proprio intuito, nella chiarezza, nella vita che sa scorrere anche senza che la teniamo costantemente sotto controllo.

Forse complicare è il nostro modo di sentirci vivi, di mettere alla prova la mente, di dimostrare che nulla è troppo semplice per noi. Ma arriva un momento in cui ci accorgiamo che la vera sfida non è capire tutto, ma lasciar andare qualcosa.

La prossima volta che sentirai la tentazione di analizzare, rimandare o ricontrollare, prova un piccolo esperimento: respira, e scegli la via più semplice. Non la più rapida, non la più comoda — ma quella che ti sembra più vera. Scoprirai che la semplicità non è povertà di pensiero, ma ricchezza di presenza. È tornare a casa, dentro di sé, dopo anni trascorsi a costruire labirinti inutili.

E forse, proprio lì, nel silenzio limpido della semplicità, capirai che la vita non chiede di essere complicata. Chiede solo di essere vissuta.

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