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San Giovanni Climaco e la IV Domenica di Quaresima. Una scala verso il Paradiso

da | 30 Mar 2025 | Monasteria

Nel cuore del cammino quaresimale, la Chiesa ci invita a riflettere sulla vita e sugli insegnamenti di San Giovanni Climaco, noto anche come Giovanni della Scala, uno dei più grandi maestri della vita ascetica. La Quarta Domenica di Quaresima è dedicata alla sua memoria, offrendo ai fedeli un modello di disciplina spirituale e di elevazione dell’anima.

Il santo della scala spirituale

San Giovanni Climaco visse tra il VI e il VII secolo (prima del 579 e morì intorno al 650), dedicando la sua esistenza alla preghiera, alla solitudine e alla lotta contro le passioni umane. Poco si conosce della sua vita, ma si sa che fu monaco sul Monte Sinai e, successivamente, a 75 anni, fu scelto come abate del Monastero di Santa Caterina, ma terminò nuovamente la sua vita in solitudine, come asceta del deserto. 

Questo monastero, situato ai piedi del Monte Sinai, è uno dei più antichi al mondo, abitato ininterrottamente da oltre 1700 anni. Grazie al suo clima unico, ha preservato manoscritti e icone del primo millennio come se fossero appena stati creati. Tuttavia, la sua più grande ricchezza è il patrimonio spirituale: oltre 170 santi sono venerati dalla Chiesa Ortodossa e dalla Chiesa Cattolica, tra cui lo stesso San Giovanni Climaco.

La Scala del Paradiso, un cammino verso Dio

Nel VII secolo, Giovanni, abate del monastero di Raithu sul Mar Rosso, chiese a San Giovanni Climaco di scrivere una guida alla vita spirituale per i monaci. Nacque così la Scala del Paradiso (o Klimax), ispirata all’immagine della scala di Giacobbe (Gen 28,10-19) o ai 30 anni della vita di Gesù. In essa, l’autore descrive il cammino dell’anima come una scala verso il cielo, dove ogni gradino rappresenta una virtù da acquisire per avvicinarsi a Dio.

Il testo, come una vera e propria scala articolata a successivi livelli, che corrispondono ai 30 capitoli, o «gradini», espone quali siano i vizi che il monaco deve superare per purificare la propria scelta (capp. 1-23) e quali poi le virtù che possono migliorarla (capp. 24-30), fino a coronarne il traguardo. Un’icona del XII secolo conservata nel Monastero di Santa Caterina raffigura i monaci che scalano questa scala: alcuni raggiungono Dio acquisendo tutte le virtù, altri cadono, trascinati dalle passioni, incapaci di sostenere la vita ascetica fino alla fine.

Tuttavia, merita menzione la fortuna della scala tra i Padri della Chiesa, che l’hanno adottata come modello di ascensione spirituale, sancendo la sua definitiva affermazione iconografica a partire dal IV secolo. Emblematiche sono le lampade a olio con il motivo della scala rinvenute all’interno di numerose tombe giudaiche in Palestina e i graffiti presenti sulle mura di Dura Europo. I Padri insistono nel distinguere tra valenza spirituale e valenza escatologica della scala. Se la scala spirituale rappresenta l’ascesa in interiore homine – fatta di progressioni, discese, interruzioni, cadute e risalite – nei diversi gradi delle virtù durante la vita terrena, la scala escatologica rappresenta l’ascesa al cielo dell’anima dopo la morte, che può avere esito fausto o infausto in relazione al giudizio finale. La prima scalata, dunque, è in preparazione alla seconda.

Il percorso ascensionale della Scala

La Scala Paradisi inizia con il ritiro dal mondo, condizione imprescindibile per raggiungere l’anacoresi. Nel primo gradino, Giovanni stabilisce che il monaco è una creatura angelica in un corpo mortale e deve meditare incessantemente sulla morte per soggiogare la carne (meditatio mortis, Gradino 6). L’autore fa riferimento alla guida ispirata di Mosè: come il popolo di Israele non avrebbe potuto liberarsi dalla schiavitù senza di lui, così il monaco necessita di un padre spirituale per progredire nella scalata verso la perfezione.

Centrale in questo cammino è il terzo gradino, dedicato alla xeniteia (ξενιτεία), la condizione di pellegrino spirituale: “Straniamento è in effetti separazione da ogni cosa per rendere il pensiero inseparabile da Dio”. Il monaco vive come straniero nel mondo, imitando Abramo, chiamato da Dio ad abbandonare la sua terra per un paese sconosciuto (Gen 12,1). Anche l’israelita errante ricorda le proprie peregrinazioni prima della terra promessa: “Mio padre era un Arameo errante” (Dt 26,5).

Tra gli altri aspetti, Climaco sottolinea l’importanza di una guida spirituale per superare il mare dei peccati e le passioni che ostacolano l’ascesa: “Quanti di noi vogliono sfuggire al faraone, hanno bisogno di un Mosè e di un mediatore davanti a Dio, che tenda le mani per noi”. L’obbedienza al padre spirituale è vista come un martirio della volontà (martirio della volontà), una forma di sacrificio paragonabile a quello dei martiri della fede: “Come una nave con un buon nocchiero approda senza pericolo, così l’anima che ha un buon pastore sale facilmente al cielo”. 

Climaco propone numerose «definizioni», ossia aforismi che con brevi formulazioni, facilmente richiamabili alla memoria, che evidenziano i punti principali della sua materia. E convergono i modelli dei Padri del deserto egiziano, ma anche di quelli palestinesi, come Barsanufio e Doroteo di Gaza.  L’impianto così scandito è una delle ragioni del grande successo della Scala, che assicurò al testo ampia diffusione, non solo in area greca, ma anche attraverso traduzioni latine, siriache, armene, slave, arabe; ulteriori ragioni furono la semplicità e l’efficacia con cui Climaco traccia il programma spirituale, in termini certamente più organici e coerenti rispetto ad altre opere di pedagogia monastica.

Un modello per il credente moderno

Sebbene scritta per monaci, l’opera di San Giovanni Climaco è sorprendentemente attuale. In un mondo dominato da distrazioni e materialismo, la sua Scala ci insegna a riscoprire il valore della disciplina, della preghiera e del distacco dalle cose effimere. La Scala guida il fedele verso l’ideale della hesychia, ovvero la tranquillità interiore ed esteriore. La lotta contro i logismòi, i pensieri malvagi che minacciano ogni passo del monaco, è essenziale per la preghiera continua. Per orientarsi in questa battaglia spirituale, il monaco deve distinguere tra spiriti malvagi e virtù opposte, cosa complessa a causa della varietà delle esperienze. A tal fine, Climaco offre aforismi che semplificano questi concetti.

La via migliore di rinuncia al mondo è quella che media tra la solitudine assoluta dell’anacoreta e la vita comunitaria del cenobio. La vita eremitica con uno o due confratelli è l’ideale, poiché la solitudine può portare a pericoli come l’accidia, mentre la vita comunitaria offre supporto. La speranza che il cammino spirituale individuale abbia un senso all’interno della comunità ecclesiale è forte, ma non come esempio per il mondo, bensì per contrapporre la purezza della vita angelica alla corruzione materiale.

San Giovanni Climaco ci lascia un’eredità spirituale preziosa: la certezza che, con sforzo e fede, possiamo elevarci verso il Cielo. In questa Quarta Domenica di Quaresima, la sua vita e i suoi insegnamenti ci incoraggiano a perseverare nel nostro percorso spirituale, ricordandoci che ogni passo, per quanto piccolo, è un avvicinamento alla luce di Dio.

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