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Sant’Atanasio, voce immortale e campione di Nicea.

da | 2 Mag 2025 | Vita ecclesiale

Sant’Atanasio, voce immortale e campione di Nicea. Il ritratto di Gregorio di Nazianzo

1. Il volto dell’episcopato ideale

Ci sono uomini che attraversano la storia come torce accese, che non si consumano nel buio del tempo ma lo rischiarano per i secoli a venire. Uno di questi fu Atanasio di Alessandria, voce immortale della fede nicena, guida indomita della Chiesa perseguitata, luce inestinguibile in un’epoca di confusione e compromesso. A lui Gregorio di Nazianzo, padre e maestro della retorica cristiana, dedica una delle sue più potenti orazioni, dipingendolo non solo come “uomo di Dio” ma come specchio dell’episcopato perfetto, in cui “la vita e le abitudini sono il modello del vero vescovo, e il suo insegnamento è la legge dell’ortodossia”.

2. Dall’esilio all’apoteosi

Cinque volte esiliato, mai domato. Atanasio non è una figura scolpita nella pietra del potere, ma nella roccia della verità. Ogni volta che l’eresia pensava di averlo messo a tacere, la sua voce tornava più forte, la sua penna più tagliente, la sua fede più pura. Gregorio lo celebra come “glorioso lottatore, che ha trionfato in tre combattimenti”, e per questo “ha conquistato un titolo perfetto di gloria”. Un atleta dello spirito che ha saputo soffrire, resistere, istruire, e soprattutto perdonare.

3. Uomo di persuasione, non di violenza

L’epoca di Atanasio era segnata dallo scontro, ma lui non alzava fruste, bensì parole. “Purificò il tempio da coloro che facevano mercimonio di Dio, imitando Cristo anche in questo”, scrive Gregorio, “ma non con una frusta intrecciata bensì con parole persuasive”. Fu costruttore di unità, instancabile pacificatore: “Riconciliò coloro che erano in conflitto, senza l’aiuto di alcun coadiutore. Coloro che erano stati offesi li liberò dall’oppressione, senza guardare se fossero dei suoi o degli avversari”.

4. La Trinità sul candelabro

In un tempo in cui parlare della Trinità significava rischiare la vita, Atanasio lo fece con audacia. Secondo Gregorio, “la Trinità fu di nuovo proclamata con franchezza, e posta sul candelabro, irradiando la luce brillante dell’unico Dio nelle anime di tutti”. Non fu solo un predicatore: fu legislatore della fede, “scrivendo lettere a molti, invitandone altri, istruendo anche chi si presentava spontaneamente, e proponendo come unica legge per tutti la buona volontà”.

5. Il suo avversario? Un imperatore ribelle a Dio

Ma come accade per ogni grande luce, le tenebre cercarono di soffocarla. L’imperatore Giuliano l’Apostata, “primo tra i cristiani a infuriare contro Cristo”, fu il suo persecutore più spietato. Gregorio lo definisce “basilisco d’empietà”, serpente velenoso che, ottenuta l’occasione, mostrò “di essere un traditore doppio: verso l’imperatore che gli aveva affidato l’Impero e verso Dio che lo aveva salvato”. Ma “il superamento di Atanasio e della forza della sua dottrina si rivelò impossibile”, confessa Gregorio. “Ogni tentativo contro di noi falliva per la sua resistenza”.

6. La confessione scritta che illuminò Oriente e Occidente

Nel tempo della confusione dottrinale, quando perfino gli amici della fede nicena si dividevano in fazioni, Atanasio fu il primo a confessare “in modo chiaro e distinto l’unità della sostanza e l’essenza delle tre Persone”, anticipando ciò che in seguito lo Spirito avrebbe chiarito su tutta la Trinità. Presentò questa confessione all’imperatore come un dono regale: “Oppose al non scritto dell’innovazione l’ortodossia di uno scritto, affinché un imperatore fosse vinto da un imperatore, la ragione dalla ragione, un trattato da un trattato”.

7. La crisi delle parole: essenza, ipostasi, persone

Gregorio sapeva bene che a volte le lacerazioni della Chiesa nascono da differenze solo apparenti. Così spiega: “Noi usiamo in senso ortodosso i termini ‘una essenza’ e ‘tre ipostasi’, uno per indicare la natura divina, l’altro per le proprietà delle tre Persone”. Ma i latini, poveri di termini, parlavano di “tre Persone” per evitare il sospetto di triteismo. Da qui fraintendimenti, accuse, anatemi. E Atanasio? “Si comportò da vero medico: conferì con entrambi i partiti, valutò con attenzione il significato dei termini e, riconosciutane l’identità nella fede, permise a ciascuno di usare i propri, unendoli nell’azione comune”.

8. Una sintesi della santità

Gregorio ci offre un elogio che ha la potenza di una sinfonia: “Semplice nel carattere, ma abile nell’arte di governare. Persuasivo nel ragionamento, ancora più brillante nella mente. Umile con gli umili, superiore ai più elevati. Ospitale, protettore dei supplici, scudo contro i mali. Accoglieva vergini e sposati, era pacifico e pacificatore, e accompagnava i morenti nel passaggio”. Un mosaico di virtù distribuite tra gli dèi della Grecia, riunite tutte in un solo uomo.

9. Morte gloriosa, eredità eterna

Dopo aver lottato come pochi, Atanasio “chiuse la vita in una buona vecchiaia, e fu raccolto tra i patriarchi, i profeti, gli apostoli e i martiri”. Le lacrime versate alla sua morte superarono quelle del ritorno dall’esilio. “O tu, santo e amato,” conclude Gregorio, “che con tutta la tua luminosa fama hai così ben illustrato le proporzioni tra parola e silenzio, arresta ora le mie parole, che non giungono a renderti lode degna. E getta su di noi uno sguardo propizio dall’alto, guidando questo popolo nell’adorazione perfetta della Trinità perfetta”.

10. Un’eredità per oggi

La voce di Atanasio non è confinata nel IV secolo. È eco profonda di una lotta che ogni cristiano deve affrontare: dire la verità anche quando costa, restare uniti nella fede pur nelle differenze, e non temere la persecuzione se nasce dall’amore per Cristo. In lui, “semplice nel cuore e grande nell’intelletto”, Gregorio ci consegna un modello per ogni epoca. Una voce immortale, davvero. Un campione, ieri e oggi, del mistero glorioso proclamato a Nicea.

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