Alla luce degli ultimi tragici fatti di cronaca e in vista della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, una riflessione a partire da un episodio dell’Antico Testamento, prendendo spunto da un contributo del teologo Martin M. Lintner.
Anche la Sacra Scrittura mette bene in luce i più profondi e oscuri baratri in cui può sprofondare la vita umana a seguito di un’esperienza di violenza in ambito sessuale, evento traumatico al quale sono esposte soprattutto le donne. La Bibbia conosce bene il loro destino: Tamar è una di loro (2Sam 13,1-22).
La storia che vede protagonista la nostra donna, figlia del re Davide, è questa. Amnòn si innamora della sua bella sorellastra ed è infiammato di desiderio per lei. È insensibile a qualsiasi obiezione che lei avanza, a tal punto da respingere anche la proposta della sua amata di sposarsi. Così, alla fine, la violenta. Poi però si allontana pieno di disgusto da lei e la fa buttare fuori di casa, nonostante lei lo supplichi di non abbandonarla. Per proteggere Amnòn, Tamar viene costretta da suo fratello Assalonne a tacere; da allora la povera vittima vive sola e dimenticata.
La problematica della violenza sessuale, che purtroppo ancora oggi interessa un numero illimitato di donne, quando non provoca la morte fisica della vittima, si rivela molte volte in tre momenti:
- l’amore del colpevole che evidentemente amore non è, l’amore malato, si trasforma in odio, così l’autodisprezzo del reo per l’azione compiuta viene proiettato sulla donna, confluendo nell’odio contro la vittima stessa;
- disorientata e traumatizzata, la donna che ha subito violenza, viene abbandonata soccombendo al proprio destino da sola;
- a seguito di quanto accaduto, la vittima viene costretta al silenzio dallo stesso carnefice con minacce e vessazioni e, spesso, anche dalle altre persone che la circondano e che dovrebbero soccorrerla e proteggerla.
Non parlare di quanto accaduto, non permette di rielaborare e superare l’esperienza traumatica vissuta. Passare sotto silenzio, reprimere, occultare, proteggere il colpevole piuttosto che prestare ascolto e aiuto alla vittima… tutte queste non sono invenzioni del nostro tempo.
Di fronte ai numerosi dati sommersi relativi alla violenza sessuale contro le donne, è necessario quindi gridare a Tamar maltrattata: “Parla, sorella mia, parla forte!”.