Periodico di informazione religiosa

Una data comune per la celebrazione della Pasqua

da | 3 Mag 2023 | Liturgia

Venite e prendete la luce. Per una data comune della celebrazione della Pasqua. E’ questo il titolo di un incontro online che si è tenuto il 20 aprile 2023, promosso dall’Eparchia di Lungro insieme al Centro Studi per l’Ecumenismo in Italia.  I due interventi principali sono stati affidati a S.E. il Cardinale Kurt Koch, Prefetto del Dicastero per la Promozione dell’Unità dei Cristiani e a S.E. il Metropolita Job di Pisidia, co-presidente della Commissione Mista per il Dialogo teologico ufficiale tra Cattolici e Ortodossi.

Nikos Tzoitis, analista del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli e per molto tempo portavoce del Patriarca Bartolomeo, ha introdotto l’incontro, sottolineando come sia sempre più urgente per tutti i cristiani ritrovarsi nell’anastasis, nella resurrezione, che è l’essenza del nostro comune credo. L’attuale situazione di crisi politica e religiosa in Ucraina rende necessaria una decisa accelerazione dei tempi. Come rilevava Zizioulas, se sappiamo di esserefratelli, perché figli di uno stesso Padre, è giunto però il momento di trovare anche la stessa madre, la Chiesa comune, superando quei motivi politici, rivendicazioni ed. egoismi, che nella storia hanno portato la chiese ad allontanarsi.

E. Donato Olivero, Vescovo di Lungro, ha rilevato l’esistenza di tale anomalia nella celebrazione della Pasqua; anomalia legata non tanto ai riti delle diverse chiese, ma alla questione della data della Pasqua, celebrata da cattolici e ortodossi in due date diverse. Cosa che costituisce una pesante contro testimonianza da parte dei cristiani. I discepoli del Cristo non possono celebrare in date diverse la resurrezione del loro maestro. Papa Francesco nel 2022 ha rilanciato la proposta, con il sostegno del patriarca Bartolomeo, di celebrare in uno stesso giorno la risurrezione del Signore, desiderio che troverà adempimento nel 2025, quando cadrà il 1700° anniversario del concilio di Nicea e cattolici e ortodossi potranno celebrare la Pasqua nello stesso giorno, esattamente il 20 aprile.

Riportiamo ampi stralci dell’intervento del Card. Kurt Koch, in vista della futura pubblicazione degli atti: “Nel 2025 tutta la cristianità commemora il 1700º anniversario del primo Concilio Ecumenico della storia della Chiesa, un concilio che si tenne a Nicea nel 325 – come risposta agli insegnamenti ampiamente diffusi del prete alessandrino Ario – che proclamò il Credo, secondo il quale Gesù Cristo, come Figlio di Dio, è consustanziala al Padre”. Un concilio che ebbe luogo quando la Chiesa non era ancora ferita dalle divisioni e la cui confessione cristologica unisce ancora oggi le chiese cristiane. “La sua rilevanza ecumenica risiede anche nel fatto che, oltre alla confessione cristologica, ha trattato questioni disciplinari e canoniche, di cui la più importante e insieme la più attuale è la data della Pasqua. Ciò mostra che la data della Pasqua era un punto controverso della Chiesa primitiva ed esistevano diversi calcoli cronologici al riguardo”. La ragione determinante per cui il Concilio di Nicea dovette affrontare la questione della data della Pasqua si colloca nell’ottica del Nuovo Testamento: “la Pasqua cristiana è strettamente legata alla Pasqua ebraica; secondo i sinottici Matteo, Marco e Luca, l’ultima cena di Gesù fu una cena pasquale e secondo l’evangelista Giovanni, Gesù morì sulla croce il giorno stesso di Pasqua, proprio nell’ora in cui gli agnelli pasquali venivano sacrificati nel tempio di Gerusalemme”, il 14° giorno del mese di Nisan, che inizia con il novilunio primaverile. Si trattava sin dall’inizio dunque di una data variabile, come si può costatare dalle prime discordanze evidenziate dalle fonti antiche: “alcuni cristiani in Asia minore celebravano la Pasqua sempre in concomitanza con la Pasqua ebraica, indipendentemente dal fatto che fosse una domenica oppure no. Per questo sono stati chiamati quartodecimani; altri cristiani, soprattutto in Siria e in Mesopotamia, celebravano la Pasqua la domenica successiva alla Pasqua ebraica ed a loro è stato quindi assegnato il nome di protopaschiti”. A causa di tale differenze il Concilio ecumenico di Nicea ha trovato una regola uniforme: anche se gli atti originari non esistono più, documenti successivi riportano due dati fondamentali: “in primo luogo, il Concilio stabilì come data per la celebrazione pasquale la domenica successiva al primo plenilunio dopo l’equinozio di primavera; in secondo luogo, stabilì che il calcolo della data esatta non dovesse dipendere dal calcolo ebraico e decise che la Pasqua venisse celebrata dopo quella ebraica, abbandonando così la data comune tra cristiani ed ebrei”. Pur non specificando in sede conciliare quali metodi si dovessero utilizzare, si prese a modello di riferimento il calendario giuliano. Diversi secoli più tardi una nuova situazione sorse nella storia della cristianità con la riforma del calendario di Papa Gregorio XIII del 1582, resasi necessaria per le imprecisioni di quello giuliano. Secondo il nuovo calendario in uso ancora oggi la Pasqua si celebra sempre la domenica successiva al primo plenilunio di primavera. Tuttavia questa introduzione provocò una rottura tra Oriente e Occidente: “da allora le chiese in Occidente calcolano la data di Pasqua secondo il calendario gregoriano, mentre le chiese in Oriente continuano a celebrare la Pasqua secondo il calendario giuliano, che era usato in tutta la Chiesa, prima della riforma del calendario gregoriano e sul quale si era basato anche il Concilio di Nicea nel 325”. Papa Gregorio XIII cercò un accordo con il contemporaneo patriarca Geremia II di Costantinopoli sulla riforma del calendario, proposta che però fu respinta dal Sinodo di Costantinopoli del 1583, che vide il calendario gregoriano come un inammissibile rinnovamento.

Occorre aspettare il 1923, quando “una conferenza ortodossa decise che le Chiese ortodosse avrebbero dovuto adottare un calendario giuliano rivisto, il cosiddetto calendario meleziano, dal nome del Patriarca Melezio IV. È un calendario misto, che combina il calcolo del calendario gregoriano a quello della data di Pasqua, calcolata secondo il calendario giuliano. Da un lato si adotta la precisione del primo e dall’altro si rispetta la normativa della chiesa delle origini sulla data di Pasqua. Il calendario meleziano è quindi almeno a prima vista identico al calendario gregoriano, ma la data di Pasqua si determina come se fosse ancora in vigore ancora il calendario giuliano”. Ad oggi la grande eccezione è il Catholicossato apostolico-armeno di Echmiadzin, che ha adottato il calendario gregoriano nel suo insieme, compreso il ciclo pasquale. Nel contesto delle Chiese Cattoliche Orientali “i fedeli melchiti e caldei del Medioriente celebrano in molti luoghi la Pasqua nella stessa data degli ortodossi e degli ortodossi orientali, mentre in diverse regioni della diaspora occidentale aderiscono al calendario gregoriano”. Un’importante eccezione è costituita dai Maroniti in Libano, che hanno adottato il calendario gregoriano già nel 1606 e anzi “in Libano e in Siria anche i Melchiti, le comunità cattoliche siriane e la Chiesa Cattolica Armena celebrano la Pasqua secondo il calendario gregoriano”. Alla base c’è la convinzione che la Chiesa cattolica adotti il calendario giuliano in quelle aree in cui gli ortodossi rappresentano la maggioranza e mantenga il calendario gregoriano laddove i cattolici sono in maggioranza, invitando gli ortodossi e gli ortodossi orientali in minoranza a seguire la pratica cattolica, come avviene in Kerala, in India, dove la Chiesa Sira-Ortodossa festeggia la Pasqua insieme ai Siro-malabaresi, ai Siro-malankaresi e agli Anglicani. Il Concilio Vaticano II si è poi espresso sulla questione della data di Pasqua in un’appendice alla costituzione sulla Sacrosanctum Concilium del 1963: “per definire un nuovo calendario vengono menzionati due criteri, in primo luogo il Concilio si mostra disposto a che la festa di Pasqua venga assegnata ad una determinata domenica nel calendario gregoriano, a patto che vi sia l’assenso di coloro che ne sono interessati, soprattutto i fratelli separati con la Sede Apostolica; in secondo luogo il Concilio dichiara la propria disponibilità anche a introdurre nella società civile un calendario perpetuo, a condizione ovviamente che sia preservata e tutelata la settimana di sette giorni con la domenica, senza aggiunta di giorni fuori della settimana, in modo che la successione delle settimane resti intatta”. Anche papa Francesco si è reso disponibile a trovare una data comune, a patto che tutte le Chiese cristiane siano d’accordo, disponibilità confermata anche dal Patriarca copto-ortodosso Tawadros II.

Varie le soluzioni proposte per arrivare a una data comune. La soluzione più semplice è prendere come data della morte di Gesù il 7 aprile dell’anno 30, in modo da celebrare la Pasqua in una data fissa, che non dipenda dal ciclo lunare. Contro questa proposta, respinta dalle Chiese ortodosse e ortodosse orientali “è la perdita del legame tra il calcolo della Pasqua ebraica e il calcolo della celebrazione della Pasqua cristiana; un altro problema teologico risiede nel fatto tale soluzione sarebbe contraria alle disposizioni del concilio di Nicea”. Per scongiurare ulteriori scismi, le Chiese ortodosse preferiscono piuttosto una data comune variabile, conformemente alla deliberazione di Nicea. La Commissione Fede e Costituzione del Concilio Ecumenico delle Chiese ha tenuto una consultazione ad Aleppo, in Siria, nel 1997, durante la quale è stata adottata la dichiarazione Towards a Common Date for Easter: “Questa dichiarazione non solo sottolinea la centralità della risurrezione di Gesù Cristo, come fondamento della fede comune a tutte le Chiese cristiane, ma formula anche proposte concrete principalmente tenendo conto di due aspetti. In primo luogo va rispettata e adottata la regola del concilio di Nicea, che prevede che la Pasqua sia celebrata la prima domenica dopo il primo plenilunio di primavera; in secondo luogo, nel calcolare i dati astronomici necessari, dovrebbero essere applicati i metodi scientifici più accurati, prendendo come punto di riferimento il meridiano di Gerusalemme”. La dichiarazione di Aleppo è stata approvata e sostenuta anche dalla Lambeth Conference anglicana, dalla Federazione Luterana Mondiale, dai rappresentanti ufficiali della Chiesa cattolica e dal Patriarca ecumenico di Costantinopoli, a differenza delle altre Chiese ortodosse. Una proposta più recente è che la Chiesa Cattolica mantenga il calendario gregoriano per le feste fisse, come il Natale, ma celebri i cicli della Quaresima e della pasqua secondo il calendario giuliano. Proposta, però, non priva di difficoltà: “la differenza tra i due metodi di calcolo può arrivare fino a cinque settimane; ciò significherebbe che, come talvolta accade nel calendario giuliano, la pasqua verrebbe celebrato solo all’inizio di maggio e questo è difficilmente conciliabile con la regola del concilio di Nicea”. In secondo luogo, vi sarebbe il rischio di una nuova divergenza delle date: “se la Chiesa Cattolica celebrasse Quaresima e Pasqua secondo il calendario giuliano, ma le altre Chiese procedessero secondo calcoli più moderni e precisi, nascerebbe una nuova divisione all’interno della cristianità”. Perciò non può essere una soluzione praticabile al problema del calendario, ma al massimo una soluzione temporanea al fine di pervenire a una soluzione realmente comune. Per progredire verso una data di pasqua comune dunque occorrono ancora molti e delicati sforzi, non da ultimo la disponibilità di tutti “a non assolutizzare la propria storia e a non aspettarsi solo concessioni da parte degli altri; è necessario considerare in modo autocritico quale contributo può e deve apportare la propria Chiesa per una maggiore unità tra i cristiani”.

Il 1700º anniversario del concilio di Nicea che ricorrerà nel 2025 è senza dubbio un’occasione speciale per intensificare tali sforzi tesi verso una celebrazione comune della pasqua, perché quell’anno le Chiese d’Oriente e Occidente potranno festeggiare la Pasqua nello stesso giorno. Ma la questione non finisce qui, perché oggi va rivalutato e tenuto in debito conto il rapporto di tale questione con la Pasqua ebraica, nel solco delle radici ebraiche della festa cristiana. Probabilmente i Padri di Nicea non ritenevano sufficientemente preciso il calcolo ebraico della Pasqua e da qui la decisione di Nicea, secondo cui il calcolo cristiano della Pasqua non doveva dipendere dal calcolo ebraico. Ciò fu interpretato in maniera erronea nei secoli successivi come la chiara intenzione di respingere qualsiasi influsso ebraico. “Oggi, tuttavia, quando si cerca una data di Pasqua comune, si dovrebbe assolutamente tener conto del legame con la Pasqua ebraica; non solo in considerazione della difficile storia tra ebrei e cristiani – la significativa svolta nel rapporto con il popolo ebraico resa possibile dal concilio Vaticano con Nostra Aetate – ma anche nella consapevolezza della centralità dell’Antico Testamento nella ricca liturgia della Parola, durante la celebrazione della veglia pasquale. Sarebbe un segno molto negativo, se le radici ebraiche della Pasqua venissero sminuite o addirittura dimenticate, quando oggi si cerca una soluzione sulla questione del calendario”. C’è infine da considerare il punto di vista pastorale, specialmente per quelle coppie e famiglie di diverse confessioni, nonché in vista della grande mobilità delle persone che caratterizza questi tempi.

Al di là di tutti gli sforzi compiuti per la riforma del calendario, non bisogna dimenticare che i cristiani celebrano il mistero pasquale in ogni celebrazione eucaristica, specialmente la domenica, il giorno della risurrezione. L’auspicio è che questo senso profondo della Pasqua “potrebbe essere messo maggiormente in luce da una data in comune e offrirebbe anche un forte impulso al cammino ecumenico verso il ripristino dell’unità della chiesa in Oriente e in Occidente nella fede e nell’amore”.

Nella sua relazione S.E. Job di Pisidia ha mostrato, dalla parte ortodossa, tutti i tentativi storici e scientifici di stabilire una data comune della Pasqua per il mondo cristiano. Il punto di riferimento rimane sempre Nicea e i due fenomeni astronomici scientificamente osservabili dell’equinozio di primavera e della luna piena successiva. Nel mondo ortodosso non c’è solo la questione del calcolo secondo il calendario giuliano; c’è anche un ulteriore punto da considerare. Se i cristiani d’Occidente tengono conto dei dati astronomici precisi per la data del plenilunio, gli ortodossi fanno invece riferimento alle tavole del Paschalion, che indicano tutte le possibili date della Pasqua, secondo calcoli che sono rimasti molto indietro rispetto alla realtà astronomica. La revisione del calendario che doveva essere ratificata al Concilio di Creta del giugno 2016 – al quale si arrivò dopo un lungo percorso avviato nel secolo scorso – vide però il verificarsi del triste inconveniente che conosciamo: cinque mesi prima della celebrazione del Concilio, durante la Sinassi dei Primati della Chiesa ortodossa a Chambésy del gennaio 2016 la questione della revisione del calendario e della data della pasqua venne ritirata dall’ordine del giorno su richiesta della Chiesa di Russia. Il pretesto era che i fedeli ortodossi non fossero ancora debitamente preparati per una tale riforma. Dunque il giorno in cui gli ortodossi saranno disposti ad aggiornare il calendario e le tavole pasquali, ci saranno molti meno ostacoli per una data comune della Pasqua.

Riccardo Burigana, Direttore del Centro studi per l’ecumenismo in Italia, a conclusione dell’incontro ha ricordato come il tema della Pasqua attenga non solo al calcolo di una data comune, ma significa “ripensare come i cristiani si devono fare testimoni della luce di Cristo”. E ha lasciato l’immagine dei discepoli di Emmaus: non si può più vivere la fede da soli, bisogna correre sul far della sera, per una strada forse lunga e che forse fa paura, un po’ come accadde ai due discepoli sulla via di Emmaus. Nella speranza di incontrare il Signore risorto tutti insieme.

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