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25 maggio, San Camillo de Lellis e l’Abruzzo

da | 25 Mag 2025 | Vita ecclesiale

Il 25 maggio nasceva a Bucchianico San Camillo de Lellis, il santo degli ammalati e gigante della carità

Il 25 maggio non è solo una data sul calendario: per Bucchianico, piccolo borgo incastonato tra le colline teatine, è un giorno di luce e memoria. È il giorno in cui, nel 1550, nasceva San Camillo de Lellis, abruzzese di ferro e fuoco, gigante della carità, santo degli ultimi.

Camillo nasce in una casa nobile ma attraversa fin da giovanissimo le ombre della perdita e della marginalità. Orfano di madre a tredici anni, segue il padre, militare nelle truppe spagnole, imparando più il linguaggio dei soldati che quello dei santi. Diventa giocatore incallito, mendicante, soldato ferito. Eppure, in quel deserto di piaghe e debolezze, la grazia trova uno spiraglio: un’ulcera cronica alla gamba lo conduce all’ospedale romano di San Giacomo degli Incurabili. È lì, tra i malati abbandonati, che Camillo si trasforma. L’uomo che prima cercava fortuna tra le carte e le armi, scopre il valore di una carezza, di un panno pulito, di uno sguardo che non giudica ma consola.

Quella metamorfosi personale si fa presto vocazione. Camillo sogna e realizza qualcosa che prima non esisteva: un Ordine consacrato interamente all’assistenza dei malati, con cuore e mani. Nascono così i Ministri degli Infermi, oggi noti come Camilliani. Il loro abito nero con la croce rossa sul petto diventa simbolo di una rivoluzione silenziosa negli ospedali d’Europa: pulizia, quarantene, umanità. “Prima curare il corpo, poi l’anima, ma entrambi per Dio” – ripeteva Camillo.

Ma nel cuore del Santo, una radice non si spezza mai: l’Abruzzo. E soprattutto Bucchianico, il paese natale, che torna più volte a visitare, anche quando i viaggi sono lunghi, rischiosi, attraverso territori infestati da briganti e fuorilegge. Come nel luglio del 1584, quando lascia l’ospedale di San Giacomo per tornare in patria, affidando l’opera al fedele Filippo Fiorentino. O nel maggio 1592, quando da Napoli, attraversando Molise e Abruzzo con il compagno Curzio Lodi, ritorna a Bucchianico per trovare il fratello Onofrio gravemente malato. Qui, secondo la tradizione, Camillo ottiene una guarigione miracolosa e il fratello promette di vivere “da buon cristiano”.

Da lì, Camillo non si ferma: L’Aquila, Loreto, Roma. Ma ogni strada, prima o poi, torna all’Abruzzo. Anche quando il corpo ormai lo tradisce. Il 26 aprile 1612, esausto e malato, Camillo visita per l’ultima volta le Case camilliane dell’Abruzzo. A Bucchianico trova la popolazione prostrata da una terribile carestia. Si ferma. Consola. Benedice. È il congedo più struggente: un figlio tra le lacrime della madre terra.

E Bucchianico non dimentica. Oggi, nel cuore del borgo, si staglia il santuario di San Camillo, costruito nel XVII secolo sopra il palazzo donato dal marchese Marino Caracciolo. Qui, un affresco ricorda il miracolo del muratore salvato dal crollo. Ogni pietra parla di carità, ogni volta che la croce rossa brilla, racconta l’amore di Camillo per la vita fragile.

Il 25 aprile scorso, l’urna con le reliquie del Santo è tornata in Abruzzo. Prima a Chieti, nella cattedrale di San Giustino, poi nel santuario di Bucchianico. Applausi, lacrime, preghiere: “Questa è la tua casa, Camillo!”. Commovente la sosta alle fornaci della Calcara, lungo il fiume Foro, dove – narra la leggenda – il piccolo Camillo cercava disperato l’agnellino Martino, gettato nella fornace. E Martino, miracolosamente, belava tra le fiamme: un presagio di resurrezione, di speranza viva anche nel fuoco.

San Camillo non fu uomo di lettere, ma conosceva il linguaggio della sofferenza. Quello dei malati, dei morenti, dei poveri. Parole semplici, mani ruvide, fede che cura. Patrono degli infermi, degli ospedali, degli operatori sanitari e della sanità militare, fu canonizzato nel 1746 da Benedetto XIV. E ancora oggi, la sua presenza continua attraverso l’opera dei Camilliani, delle Ministre degli Infermi e di tantissimi laici che si ispirano al suo carisma.

Nel giorno della sua nascita, Bucchianico – e con essa tutto l’Abruzzo – si stringe al suo gigante di carità. Perché Camillo non è solo un santo: è un figlio che non ha mai lasciato la sua terra. Un abruzzese che ha fatto della debolezza una forza, della piaga una carezza, dell’errore un’offerta. Un uomo che ha camminato tra i malati e oggi cammina, silenzioso e forte, tra le memorie e i cuori della sua gente.

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