Mons. Leuzzi, vescovo di Teramo-Atri, apre la Porta Santa dell’Abbazia di Santa Maria di Propezzano: tra pietra e mistero, si schiude il cielo nell’Ascensione
Quando il sole primaverile accarezza le dolci colline del teramano, un angolo nascosto dell’Abruzzo si trasforma in teatro di una sacra meraviglia: l’apertura della Porta Santa dell’Abbazia di Santa Maria di Propezzano. Non è solo una cerimonia. È un varco nel tempo, una fenditura nella pietra attraverso cui ancora oggi si riflette l’eterno.
Una porta scolpita nel silenzio dei secoli
La Porta Santa si trova sul lato destro dell’Abbazia, allineata con la navata laterale sinistra, ma originariamente — come un’eco rimossa della storia — era posta dalla parte del coro. La sua eleganza silenziosa tradisce una nobile ascendenza: scolpita nel Trecento con la maestria di Raimondo del Poggio, lo stesso che firmò il portale laterale del Duomo di Atri nel 1302, si impone con il suo impianto architettonico tanto raffinato quanto austero.
Il portale è un capolavoro in pietra scolpita: colonnine modanate a sguscio, capitelli con foglie larghe, un’unica testina umana — misteriosa come una reliquia — e un archivolto che degrada in quattro cornici ornate da fregi cistercensi, tra cui il motivo a punte di diamante. Arte medievale che non chiede clamore, ma attenzione.
Il miracolo del corniolo e la leggenda della Vergine
Ogni Porta Santa ha la sua teologia e il suo mistero. Quella di Propezzano nasce da una storia che ha come protagonisti dei pellegrini alemanni che, stremati e carichi di reliquie, si addormentarono all’ombra di un corniolo. Al risveglio, l’albero era cresciuto a dismisura, imprigionando le loro bisacce. Fu allora che apparve la Madonna, chiedendo l’edificazione di una chiesa. Era il 10 maggio, e da quel giorno la Porta si apre solo in due occasioni: il 10 maggio e il giorno dell’Ascensione.
L’Abbazia, costruita secondo tradizione nel 715 d.C. — anno scolpito in una scritta gotica ormai evanescente sotto il portico — è un enigma architettonico: iniziata in forme gotiche, fu terminata in stile romanico. Sotto il portico a tre archi si aprono il portale principale e affreschi quattrocenteschi. Più in alto, un sobrio rosone e, a lato, la Porta Santa.
Il convento adiacente, con il suo chiostro seicentesco affrescato e un pozzo artistico al centro, racconta un’altra storia ancora: quella di una comunità benedettina che fu crocevia di pellegrinaggi e cultura, protetta dai potenti Acquaviva e amata dalla Vergine.
Il giorno in cui si spalanca il Cielo
Oggi come allora, l’apertura della Porta Santa non è solo rito, ma esperienza. Avviene alla vigilia delle due solennità, secondo quanto narrato già dallo storico del Regno di Napoli, Nicola Palma. In quei momenti, la Porta si dischiude per accogliere il passaggio della Vergine portata in processione: le “passate”, che attraversano lo spazio sacro per entrare nel tempo dell’eternità. Il fedele che varca quella soglia può ottenere l’indulgenza plenaria, dono spirituale concesso da Papa Gregorio II e rinnovato nei secoli da Bonifacio IX e Martino V.
La Fiera dell’Ascensione: fede e terra in festa
Attorno all’apertura della Porta Santa prende vita la Fiera dell’Ascensione: un intreccio tra sacro e profano, dove l’antico si fa presente e il presente si fa memoria. Organizzata dall’Associazione “Stefano Bizzarri” con il patrocinio del Comune di Morro d’Oro, la Fiera è celebrazione della terra, dei suoi frutti e dei suoi saperi.
Tra esposizioni, degustazioni, musica e visite guidate, la comunità si stringe intorno alla sua abbazia come a un focolare ancestrale. Il paesaggio collinare, trapunto di vigneti e uliveti, diventa teatro di un’identità che si rigenera ogni anno, in un patto mai tradito tra il sacro e il rurale, tra la spiritualità e la cultura contadina.
E allora, varcare quella soglia significa anche riconciliarsi con la propria storia, ritrovare le radici, accogliere la grazia. In silenzio. Come fanno le pietre.