Nel cuore discreto di Bruxelles si cela un tesoro inestimabile, nato dalla penna di gesuiti e cresciuto per quattro secoli nel silenzioso fervore dello studio. Ora, finalmente, quel tesoro ha ricevuto il riconoscimento che merita: gli archivi della Société des Bollandistes sono stati ufficialmente iscritti nel registro “Memory of the World” dell’UNESCO, entrando così nel ristretto novero dei patrimoni documentari considerati fondamentali per l’umanità. È solo l’ottavo fondo custodito in Belgio a ottenere tale onore.
Un colosso della memoria cristiana
Sessantasettemila pagine suddivise in 67 volumi pubblicati tra il 1643 e il 1940: è questa la vastità degli Acta Sanctorum, la più imponente opera enciclopedica dell’Antico Regime. Una raccolta critica delle vite dei santi cristiani — orientali e occidentali — basata su fonti autentiche, frutto di un lavoro di erudizione senza pari. Il progetto, concepito nel 1607 da padre Heribert Rosweyde, prese forma concreta con il gesuita Jean Bolland, da cui il gruppo prese il nome: i Bollandisti.
Nel tempo, gli studiosi hanno raccolto e analizzato migliaia di manoscritti medievali, scambiato lettere con eruditi europei, inciso più di 700 lastre di rame per illustrare le opere. Oggi, ben 300 volumi di manoscritti e corrispondenza, assieme a queste incisioni e a decine di migliaia di immagini, sono conservati nella Biblioteca Bollandista e nella Biblioteca Reale del Belgio.
Una biblioteca unica al mondo
La Biblioteca dei Bollandisti, con sede a Bruxelles, è un luogo straordinario e senza eguali nel panorama internazionale: mezzo milione di volumi, 25.000 dei quali pubblicati prima del 1800, centinaia di manoscritti medievali, incunaboli, sezioni dedicate a testi greci, slavi, armeni e georgiani, oltre 1.000 periodici attuali. Un patrimonio che non si è mai fossilizzato, ma continua a crescere grazie al meticoloso lavoro degli studiosi che, dal Seicento a oggi, aggiornano sistematicamente la collezione.
La digitalizzazione dei testi più antichi — oltre 22.000 volumi pre-1800 — è oggi in pieno svolgimento grazie a un contributo di 538.000 euro dal Fondo Baillet Latour. Il catalogo elettronico, accessibile tramite l’Università Cattolica di Lovanio, sta permettendo agli studiosi di tutto il mondo di scoprire l’ampiezza di questo straordinario archivio.
Un’istituzione discreta ma globale
Eppure, malgrado la sua autorevolezza e antichità, la Société des Bollandistes è rimasta per molto tempo quasi sconosciuta, persino nei circoli religiosi accademici. Solo recentemente, grazie a una strategia di apertura e comunicazione, sta conquistando l’attenzione del pubblico, soprattutto all’interno della famiglia gesuita.
Nel 2017 è stato creato un ruolo ad hoc per promuovere questa missione: Irini de Saint Sernin, ortodossa greca e poliglotta, è stata nominata responsabile delle relazioni esterne. Da allora, ha portato la voce dei Bollandisti oltreoceano, in università e centri gesuiti del Nord America — da Georgetown a Boston College, da Saint Louis University a Chicago — contribuendo a risvegliare l’orgoglio per un’eredità culturale e spirituale troppo a lungo dimenticata.
La visibilità cresce anche grazie ai social: la pagina Facebook ufficiale ha superato i 5.000 follower, offrendo ogni settimana approfondimenti critici sulla figura di un santo, spesso legati a eventi attuali. Il sito web (bollandistes.org) è in fase di rinnovo per offrire contenuti più accessibili e completi.
Una missione per il futuro
Oggi i Bollandisti sono appena cinque: tre gesuiti e due laici. In 412 anni di storia, solo 69 persone hanno fatto parte di questa élite intellettuale. Tra loro, padre Marc Lindeijer, esperto di agiografia del XVI secolo, è l’ultimo arrivato. Ma il lavoro da fare è immenso: solo il 25% dei volumi della biblioteca è attualmente catalogato online, e la gran parte delle acquisizioni precedenti al 2003 è ancora registrata su schede cartacee redatte nei secoli scorsi.
Il direttore della Società, padre Robert Godding, ne è consapevole: “I Bollandisti hanno sempre coltivato la discrezione, confidando nella qualità del proprio lavoro. Ma oggi dobbiamo essere più proattivi nel far conoscere il valore di questa istituzione, che non riceve finanziamenti pubblici e che merita di essere sostenuta.”
A sostenerli è anche il padre generale dei gesuiti, Arturo Sosa, che ha lodato la portata interdisciplinare dei Bollandisti: teologia, storia, linguistica, antropologia e scienze politiche si intrecciano nelle loro ricerche, offrendo nuovi sguardi sul passato e sul presente.
L’inclusione nel registro UNESCO: un riconoscimento e un richiamo
L’inserimento degli archivi bollandisti nel registro “Memory of the World” rappresenta un momento storico. È un tributo a secoli di studio, alla fede nella conoscenza, al rigore della critica storica applicata alla santità. Ma è anche un appello: perché questa memoria, tanto fragile quanto preziosa, possa continuare a ispirare nuove generazioni di studiosi, credenti e curiosi.
Nel tempo della velocità e della superficialità, i Bollandisti ci ricordano che c’è ancora spazio per la profondità, la pazienza, e la bellezza di una memoria coltivata con amore. Non è solo una biblioteca: è un faro acceso sulla santità, sulla cultura cristiana, e sul senso profondo del tempo.
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