Si è svolto ieri mattina – lunedì 8 gennaio –, nell’Aula vaticana della Benedizione, lo scambio degli auguri di inizio anno tra il Sommo Pontefice e il Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede. Il filo rosso del discorso di Francesco è stato la pace.
Sono stati tanti i temi, comunque, toccati dal Vescovo di Roma: dai conflitti bellici in corso, alla difesa della vita, dalla tecnologia alle giovani generazioni, dalla fame ai fenomeni migratori, dal prossimo Giubileo alla situazione dei cristiani sparsi in tutto il mondo, dalla teoria del gender alla crisi climatica in corso, dalle prossime elezioni alle tante forme di discriminazione, dalla maternità surrogata alla diplomazia internazionale.
Questo, insieme al Discorso del Papa in occasione dello scambio degli auguri natalizi con la Curia Romana, è il più importante Discorso del Sommo Pontefice durante l’anno; poiché, rivolgendosi ai diplomatici di tutto il mondo, il Papa intende parlare a tutti i popoli.
Aprendo il suo intervento, Francesco ha brevemente ripercorso tutte le situazioni di guerra presenti oggi nel mondo: da quella arabo-israeliana a quella russo-ucraina, dai fuochi accesi in Libano, Giordania, Myanmar, nel Caucaso Meridionale, tra l’Armenia e l’Azerbaigian alla delicata situazione in Mozambico, in Camerun, nella Repubblica Democratica del Congo e nel Sud Sudan; gettando anche uno sguardo all’America Latina, in particolare alle ostilità tra il Venezuela e la Guyana. Il Pontefice ci fa notare – a malincuore – che oggi la pace non abita la nostra Terra, e una terza guerra mondiale silenziosa e “a pezzi” si sta ormai combattendo; egli sottolinea, con forza, che sono sempre i più poveri e indifesi a subire i danni bellici, a perdere la vita e un futuro di speranza. Egli ha affermato: «Forse non ci rendiamo conto che le vittime civili non sono “danni collaterali”. Sono uomini e donne con nomi e cognomi che perdono la vita. Sono bambini che rimangono orfani e privati del futuro. Sono persone che soffrono la fame, la sete e il freddo o che rimangono mutilate a causa della potenza degli ordigni moderni. Se riuscissimo a guardare ciascuno di loro negli occhi, a chiamarli per nome e ad evocarne la storia personale, guarderemmo alla guerra per quello che è: nient’altro che un’immane tragedia». Il suo invito è a sedersi intorno ai tavoli delle trattative e della pace; così come a lavorare con più determinazione per un disarmo su vasta scala.
In merito alla enorme sfida dei cambiamenti climatici in atto, Francesco ha ribadito: «Le guerre, la povertà, l’abuso della nostra casa comune e il continuo sfruttamento delle sue risorse, che sono alla radice di disastri naturali, sono cause che spingono pure migliaia di persone ad abbandonare la propria terra alla ricerca di un futuro di pace e sicurezza. Nel loro viaggio mettono a rischio la propria vita su percorsi pericolosi, come nel deserto del Sahara, nella foresta del Darién al confine tra Colombia e Panama, in America centrale, nel nord del Messico, alla frontiera con gli Stati Uniti, e soprattutto nel Mare Mediterraneo. Questo, purtroppo, è diventato nell’ultimo decennio un grande cimitero, con tragedie che continuano a susseguirsi, anche a causa di trafficanti di esseri umani senza scrupoli. Tra le tante vittime, non dimentichiamolo, ci sono molti minori non accompagnati». Il Papa ci fa notare –come ha scritto nella sua Lettera Enciclica Laudato si’ – come tutto, nel mondo, sia strettamente connesso: guerra, fame, clima, migrazioni, ingiustizie, scelte etiche.
«La via della pace» auspicata dal Vescovo di Roma chiama in causa: l’opzione preferenziale per ogni forma di vita, il dialogo interreligioso, uno sviluppo sostenibile; ogni scelta deve tendere alla custodia del primato di ogni persona umana.
La conclusione del Discorso di Francesco ha riguardato il Giubileo che la cristianità celebrerà a partire dalla fine del 2024: «Eccellenze, Signore e Signori, in quest’anno la Chiesa si prepara al Giubileo che inizierà il prossimo Natale». Il Papa – dunque – ha augurato a tutte le donne e a ogni uomo di buona volontà: «Forse oggi più che mai abbiamo bisogno dell’anno giubilare. Di fronte a tante sofferenze, che provocano disperazione non soltanto nelle persone direttamente colpite, ma in tutte le nostre società; di fronte ai nostri giovani, che invece di sognare un futuro migliore si sentono spesso impotenti e frustrati; e di fronte all’oscurità di questo mondo, che sembra diffondersi anziché allontanarsi, il Giubileo è l’annuncio che Dio non abbandona mai il suo popolo e tiene sempre aperte le porte del suo Regno. Nella tradizione giudeo-cristiana il Giubileo è un tempo di grazia in cui sperimentare la misericordia di Dio e il dono della sua pace. È un tempo di giustizia in cui i peccati sono rimessi, la riconciliazione supera l’ingiustizia, e la terra si riposa. Esso può essere per tutti – cristiani e non cristiani – il tempo in cui spezzare le spade e farne aratri; il tempo in cui una nazione non alzerà più la spada contro un’altra, né si imparerà più l’arte della guerra (cfr Is 2,4)».