Dio si fa presente nella storia, in questo mondo; questa verità ci riempie il cuore di stupore. Papa Francesco ha esordito con queste parole, nel suo consueto Discorso alla Curia Romana, in occasione dello scambio degli auguri natalizi.
«Vicinanza, compassione, tenerezza»: sono gli attributi divini che ci fanno esperire il suo immenso amore per l’intera umanità, e che il Pontefice indica alla Curia, quali scelte povere e trinitarie per rivelare la sua bontà e misericordia. Ecco le parole di Francesco: «Carissimi, abbiamo bisogno di ascoltare l’annuncio del Dio che viene, di discernere i segni della Sua presenza e di deciderci per la Sua Parola camminando dietro a Lui. Ascoltare, discernere, camminare: tre verbi per il nostro itinerario di fede e per il servizio che svolgiamo qui nella Curia».
Egli invita, innanzitutto, a praticare l’arte dell’ascolto, sul modello della Madonna: «Ascoltare con il cuore è molto più che udire un messaggio o scambiarsi delle informazioni; si tratta di un ascolto interiore capace di intercettare i desideri e i bisogni dell’altro, di una relazione che ci invita a superare gli schemi e a vincere i pregiudizi in cui a volte incaselliamo la vita di chi ci sta accanto. Ascoltare è sempre l’inizio di un cammino. Il Signore chiede al suo popolo questo ascolto del cuore, una relazione con Lui, che è il Dio vivente. E questo è l’ascolto della Vergine Maria, che riceve l’annuncio dell’Angelo con apertura, totale apertura, e proprio per questo non nasconde il turbamento e le domande che esso suscita in lei; ma si coinvolge con disponibilità nella relazione con Dio che l’ha scelta, accogliendo il suo progetto».
Il Papa suggerisce la via del discernimento, affermando: «L’ascolto reciproco ci aiuta a vivere il discernimento come metodo del nostro agire. E qui possiamo fare riferimento a Giovanni il Battista. Prima la Madonna che ascolta, adesso Giovanni che discerne. Noi conosciamo la grandezza di questo profeta, l’austerità e la veemenza della sua predicazione. Eppure, quando Gesù arriva e inizia il suo ministero, Giovanni attraversa una drammatica crisi di fede; egli aveva annunciato l’imminente venuta del Signore come quella di un Dio potente, che finalmente avrebbe giudicato i peccatori gettando nel fuoco ogni albero che non porta frutto e bruciando la paglia con un fuoco inestinguibile (cfr Mt 3,10-12). Ma questa immagine del Messia si frantuma dinanzi ai gesti, alle parole e allo stile di Gesù, dinanzi alla compassione e alla misericordia che Egli usa verso tutti. Allora il Battista sente di dover fare discernimento per ricevere occhi nuovi. […] Ecco, per tutti noi è importante il discernimento, questa arte della vita spirituale che ci spoglia della pretesa di sapere già tutto, dal rischio di pensare che basta applicare le regole, dalla tentazione di procedere, anche nella vita della Curia, semplicemente ripetendo degli schemi, senza considerare che il Mistero di Dio ci supera sempre e che la vita delle persone e la realtà che ci circonda sono e restano sempre superiori alle idee e alle teorie. La vita è superiore alle idee, sempre. Abbiamo bisogno di praticare il discernimento spirituale, di scrutare la volontà di Dio, di interrogare le mozioni interiori del nostro cuore, per poi valutare le decisioni da prendere e le scelte da compiere».
La terza “consegna” di Francesco alla Curia Romana è il cammino-ù. Egli dice: «E adesso la terza parola: camminare. E il pensiero va naturalmente ai Magi. Essi ci ricordano l’importanza del camminare. La gioia del Vangelo, quando la accogliamo davvero, innesca in noi il movimento della sequela, provocando un vero e proprio esodo da noi stessi e mettendoci in cammino verso l’incontro con il Signore e verso la pienezza della vita. L’esodo da noi stessi: un atteggiamento della nostra vita spirituale che dobbiamo sempre esaminare. La fede cristiana – ricordiamocelo – non vuole confermare le nostre sicurezze, farci accomodare in facili certezze religiose, regalarci risposte veloci ai complessi problemi della vita. Al contrario, quando Dio chiama suscita sempre un cammino, come è stato per Abramo, per Mosè, per i profeti e per tutti i discepoli del Signore. Egli ci mette in viaggio, ci trae fuori dalle nostre zone di sicurezza, mette in discussione le nostre acquisizioni».
Papa Francesco – nel suo Discorso – ha esortato ognuna e ognuno all’amore: quel sentimento che muove la persona e il mondo, invia in missione, spalanca i cuori: «Ci vuole coraggio per camminare, per andare oltre. È questione di amore. Ci vuole coraggio per amare. Mi piace ricordare la riflessione di uno zelante sacerdote sull’argomento, che può aiutare anche noi nel nostro lavoro di Curia. Egli dice che si fa fatica a riaccendere le braci sotto la cenere della Chiesa. La fatica, oggi, è quella di trasmettere passione a chi l’ha già persa da un pezzo. A sessant’anni dal Concilio, ancora si dibatte sulla divisione tra “progressisti” e “conservatori”, ma questa non è la differenza: la vera differenza centrale è tra “innamorati” e “abituati”. Questa è la differenza. Solo chi ama può camminare».
Sono parole che riguardano anche tutti i battezzati: appropriamocene, per peregrinare in questo mondo quale segno della salvezza trinitaria che è venuta ad abitarci dentro, e ci invia come luce e sale della Terra (cfr. Mt 5,13-14).