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È bello stare con Gesù. Il Corpus Domini con papa Leone XIV

da | 23 Giu 2025 | Liturgia

«Cari fratelli e sorelle, è bello stare con Gesù. Il Vangelo appena proclamato lo attesta, raccontando che le folle rimanevano ore e ore con Lui, che parlava del Regno di Dio e guariva i malati (cfr Lc 9,11). La compassione di Gesù per i sofferenti manifesta l’amorevole vicinanza di Dio, che viene nel mondo per salvarci. Quando Dio regna, l’uomo è liberato da ogni male»; papa Leone ha presieduto la celebrazione eucaristica – nella solennità del Corpus Domini – questo pomeriggio di domenica 22 giugno, nella Piazza San Giovanni in Laterano, per poi guidare la solenne processione eucaristica fino alla Basilica di Santa Maria Maggiore e impartire la benedizione eucaristica.

Il Vescovo di Roma ha spiegato, nella sua omelia: «Tuttavia, anche per quanti ricevono da Gesù la buona novella, viene l’ora della prova. In quel luogo deserto, dove le folle hanno ascoltato il Maestro, scende la sera e non c’è niente da mangiare (cfr v. 12). La fame del popolo e il tramonto del sole sono segni di un limite che incombe sul mondo, su ogni creatura: il giorno finisce, così come la vita degli uomini. È in quest’ora, nel tempo dell’indigenza e delle ombre, che Gesù resta in mezzo a noi. Proprio quando il sole declina e la fame cresce, mentre gli apostoli stessi chiedono di congedare la gente, Cristo ci sorprende con la sua misericordia. Egli ha compassione del popolo affamato e invita i suoi discepoli a prendersene cura: la fame non è un bisogno che non c’entra con l’annuncio del Regno e la testimonianza della salvezza. Al contrario, questa fame riguarda la nostra relazione con Dio».

Il Pontefice prosegue nel suo insegnamento, affermando: «Cinque pani e due pesci, tuttavia, non sembrano proprio sufficienti a sfamare il popolo: all’apparenza ragionevoli, i calcoli dei discepoli palesano invece la loro poca fede. Perché, in realtà, con Gesù c’è tutto quello che serve per dare forza e senso alla nostra vita. All’appello della fame, infatti, Egli risponde con il segno della condivisione: alza gli occhi, recita la benedizione, spezza il pane e dà da mangiare a tutti i presenti (cfr v. 16). I gesti del Signore non inaugurano un complesso rituale magico, ma testimoniano con semplicità la riconoscenza verso il Padre, la preghiera filiale di Cristo e la comunione fraterna che lo Spirito Santo sostiene. Per moltiplicare pani e pesci, Gesù divide quelli che ci sono: proprio così bastano per tutti, anzi, sovrabbondano. Dopo aver mangiato – e mangiato a sazietà – ne portarono via dodici ceste (cfr v. 17)».

La testimonianza che il Maestro offre rimanda all’agire divino, che interpella anche i nostri vissuti odierni: «Oggi, al posto delle folle ricordate nel Vangelo stanno interi popoli, umiliati dall’ingordigia altrui più ancora che dalla propria fame. Davanti alla miseria di molti, l’accumulo di pochi è segno di una superbia indifferente, che produce dolore e ingiustizia. Anziché condividere, l’opulenza spreca i frutti della terra e del lavoro dell’uomo. Specialmente in questo anno giubilare, l’esempio del Signore resta per noi urgente criterio di azione e di servizio: condividere il pane, per moltiplicare la speranza, proclama l’avvento del Regno di Dio. Salvando le folle dalla fame, infatti, Gesù annuncia che salverà tutti dalla morte. Questo è il mistero della fede, che celebriamo nel sacramento dell’Eucaristia. Come la fame è segno della nostra radicale indigenza di vita, così spezzare il pane è segno del dono divino di salvezza».

La parola del Papa tuona con forza: «Carissimi, Cristo è la risposta di Dio alla fame dell’uomo, perché il suo corpo è il pane della vita eterna: prendete e mangiatene tutti! L’invito di Gesù abbraccia la nostra esperienza quotidiana: per vivere, abbiamo bisogno di nutrirci della vita, togliendola a piante e animali. Eppure, mangiare qualcosa di morto ci ricorda che anche noi, per quanto mangiamo, moriremo. Quando invece ci nutriamo di Gesù, pane vivo e vero, viviamo per Lui. Offrendo tutto sé stesso, il Crocifisso Risorto si consegna a noi, che scopriamo così d’essere fatti per nutrirci di Dio. La nostra natura affamata porta il segno di un’indigenza che viene saziata dalla grazia dell’Eucaristia». La sua esortazione finale conferma e incoraggia i passi dei fedeli, nel bene e nella perseveranza: «Ristorati dal cibo che Dio ci dona, portiamo Gesù al cuore di tutti, perché Gesù tutti coinvolge nell’opera della salvezza, invitando ciascuno a partecipare alla sua mensa. Beati gli invitati, che diventano testimoni di questo amore!».

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