Con papa Francesco, guardiamo a Maria, nella celebrazione della sua Immacolata Concezione. Il Pontefice ha presieduto la santa messa nella Basilica Vaticana, domenica 8 dicembre, con i nuovi Cardinali e con il Collegio Cardinalizio. Egli ha voluto presentare «tre aspetti della vita di Maria che ce la rendono vicina e familiare. E quali sono questi tre aspetti? Maria figlia, Maria sposa e Maria madre».
Accogliamo – dunque – la prima caratteristica di Maria: «Prima di tutto guardiamo all’Immacolata come figlia. Della sua infanzia i Testi sacri non parlano. Il Vangelo ce la presenta invece, al suo ingresso sulla scena della storia, come una giovane ragazza ricca di fede, umile e semplice. È la “vergine” (cfr Lc 1,27), nel cui sguardo si riflette l’amore del Padre e nel cui Cuore puro la gratuità e la riconoscenza sono il colore e il profumo della santità. Qui la Madonna ci appare bella come un fiore cresciuto inosservato e finalmente pronto a sbocciare nel dono di sé. Perché la vita di Maria è un continuo dono di sé». Il suo secondo aspetto è il seguente: «Il che ci porta alla seconda dimensione della sua bellezza: quella di sposa, cioè di colei che Dio ha scelto come compagna per il suo progetto di salvezza (cfr Conc. Eum. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 61). Questo lo dice il Concilio: Dio ha scelto Maria, ha scelto una donna come compagna per il suo progetto di salvezza. Non c’è salvezza senza la donna perché anche la Chiesa è donna. E Lei risponde “sì” dicendo: “Ecco la serva del Signore” (Lc 1,38). “Serva” non nel senso di “asservita” e “umiliata”, ma di persona “fidata”, “stimata”, a cui il Signore affida i tesori più cari e le missioni più importanti. La sua bellezza allora, poliedrica come quella di un diamante, rivela una faccia nuova: quella della fedeltà, della lealtà e della premura che caratterizzano l’amore reciproco degli sposi». Infine, la Vergine è ricca di divina bellezza: «Qual è questa terza dimensione della bellezza di Maria? Quella di madre. È il modo più comune in cui la raffiguriamo: con in braccio il Bambino Gesù, oppure nel presepe, chinata sul Figlio di Dio che giace nella mangiatoia (cfr Lc 2,7). Sempre presente accanto a suo Figlio in tutte le circostanze della vita: vicina nella cura e nascosta nell’umiltà; come a Cana, dove intercede per gli sposi (cfr Gv 2,3-5), o a Cafarnao, dove è lodata per il suo ascolto della Parola di Dio (cfr Lc 11,27-28) o infine ai piedi della croce – la mamma di un condannato –, dove Gesù stesso ce la consegna come madre (cfr Gv 19,25-27). Qui l’Immacolata è bella nella sua fecondità, cioè nel suo saper morire per dare la vita, nel suo dimenticare sé stessa per prendersi cura di chi, piccolo e indifeso, si stringe a Lei».
Bergoglio – guardando alla Immacolata Vergine – afferma: «Tutto questo è racchiuso nel Cuore puro di Maria, libero dal peccato, docile all’azione dello Spirito Santo». E sottolinea come queste siano anche vocazioni per ciascuna persona umana: «Il rischio, però, sarebbe di pensare che si tratti di una bellezza lontana, una bellezza troppo alta, irraggiungibile. Non è così. Anche noi infatti la riceviamo in dono, nel Battesimo, quando veniamo liberati dal peccato e fatti figli di Dio. E con essa ci è affidata la chiamata a coltivarla, come la Vergine, con amore filiale, sponsale e materno, grati nel ricevere e generosi nel donare, uomini e donne del “grazie” e del “sì”, detti con le parole, ma soprattutto con la vita – è bello trovare uomini e donne che con la vita dicono grazie e dicono “sì” –; pronti a far posto al Signore nei nostri progetti e ad accogliere con tenerezza materna tutti i fratelli e le sorelle che incontriamo sul nostro cammino. L’Immacolata allora non è un mito, una dottrina astratta o un ideale impossibile: è la proposta di un progetto bello e concreto, il modello pienamente realizzato della nostra umanità, attraverso cui, per grazia di Dio, possiamo tutti contribuire a cambiare in meglio il nostro mondo».
Il Vescovo di Roma – con parresìa evangelica – invita tutti a conversione, con queste espressioni forti: «Vediamo purtroppo, attorno a noi, come la pretesa del primo peccato, di voler essere “come Dio” (cfr Gen 3,1-6), continui a ferire l’umanità, e come questa presunzione di autosufficienza non generi né amore, né felicità. Chi esalta come conquista il rifiuto di ogni legame stabile e duraturo, infatti, non dona libertà. Chi toglie il rispetto al padre e alla madre, chi non vuole i figli, chi considera gli altri come un oggetto o come un fastidio, chi ritiene la condivisione una perdita e la solidarietà un impoverimento, non diffonde gioia né futuro. A cosa servono i soldi in banca, le comodità negli appartamenti, i finti “contatti” del mondo virtuale, se poi i cuori restano freddi, vuoti, chiusi? A cosa servono gli alti livelli di crescita finanziaria dei Paesi privilegiati, se poi mezzo mondo muore di fame e di guerra, e gli altri restano a guardare indifferenti? A cosa serve viaggiare per tutto il pianeta, se poi ogni incontro si riduce all’emozione di un momento, a una fotografia che nessuno ricorderà più nel giro di qualche giorno o qualche mese? Fratelli e sorelle, oggi noi guardiamo a Maria Immacolata, e le chiediamo che il suo Cuore pieno d’amore ci conquisti, che ci converta e che faccia di noi una comunità in cui la figliolanza, la sponsalità e la maternità siano regola e criterio di vita: in cui le famiglie si riuniscono, gli sposi condividono ogni cosa, i padri e le madri sono presenti in carne e ossa vicino ai loro figli e i figli si prendono cura dei genitori. Questa è la bellezza di cui ci parla l’Immacolata, questa è la “bellezza che salva il mondo” e di fronte a cui vogliamo rispondere anche noi al Signore, come Maria: “Eccomi […], avvenga per me secondo la tua parola” (Lc 1,38)».