Periodico di informazione religiosa

Il bene vince sul male, la luce sconfigge le tenebre. L’Angelus di papa Francesco – domenica 13 agosto

by | 14 Ago 2023 | Teologia

Papa Francesco, nell’Angelus di domenica scorsa, ci ha fatto meditare sull’episodio evangelico che narra come Gesù camminava sulle acque (cfr. Mt 14,22-33); visti gli eventi prodigiosi, «quelli che erano saliti sulla barca si prostrarono davanti a lui, dicendo: “Davvero tu sei Figlio di Dio”» (Mt 14,33). Siamo davanti a una professione di fede dei discepoli, così come in presenza della parte storica nella narrazione di Matteo – che costituisce il Vangelo della Chiesa, con le sottolineature riguardanti il ruolo dell’Apostolo Pietro (insieme ai passi: 16,16-20 e 17,24-27).

La presente pericope, nella sua globalità, ci rivela come la vita umana di tutti i tempi, attraversata spesso da croci, sofferenze, paure, incertezze, turbamenti, delusioni, scoraggiamenti, buio, viene incontrata e redenta dall’amore misericordioso divino; Dio si fa prossimo nel bene; Egli è in mezzo al suo popolo; «Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1,14); «Piacque a Dio nella sua bontà e sapienza rivelarsi in persona e manifestare il mistero della sua volontà (cfr. Ef 1,9), mediante il quale gli uomini per mezzo di Cristo, Verbo fatto carne, hanno accesso al Padre nello Spirito Santo e sono resi partecipi della divina natura (cfr. Ef 2,18; 2Pt 1,4). Con questa Rivelazione infatti Dio invisibile (cfr. Col 1,15; 1Tm 1,17) nel suo grande amore parla agli uomini come ad amici (cfr. Es 33,11; Gv 15,14-15) e si intrattiene con essi (cfr. Bar 3,38), per invitarli e ammetterli alla comunione con sé. Questa economia della Rivelazione comprende eventi e parole intimamente connessi, in modo che le opere, compiute da Dio nella storia della salvezza, manifestano e rafforzano la dottrina e le realtà significate dalle parole, mentre le parole proclamano le opere e illustrano il mistero in esse contenuto. La profonda verità, poi, che questa Rivelazione manifesta su Dio e sulla salvezza degli uomini, risplende per noi in Cristo, il quale è insieme il mediatore e la pienezza di tutta intera la Rivelazione», ci ricorda il concilio Vaticano II (Costituzione dogmatica sulla divina Rivelazione Dei Verbum 2). Papa Francesco – nell’Angelus di domenica scorsa – sottolinea proprio la benefica dimensione della presenza del Signore Gesù durante la prova che i discepoli stanno affrontando, e le sue esortazioni alla speranza: «I discepoli si trovano nel mezzo del lago al buio: in loro c’è la paura di affondare, di essere risucchiati dal male. E qui arriva Gesù, che cammina sulle acque, cioè sopra le forze del male, Lui cammina sopra le forze del male e dice ai suoi: “Coraggio, sono io, non abbiate paura!” (v. 27). È tutto un messaggio che Gesù ci dà. Ecco il senso del segno: le potenze maligne, che ci spaventano e non riusciamo a dominare, con Gesù vengono immediatamente ridimensionate. Lui, camminando sulle acque, vuole dirci: “Non avere paura, io metto sotto i piedi i tuoi nemici” – bel messaggio: “io metto sotto i piedi i tuoi nemici” –: non le persone!, non sono quelle i nemici, ma la morte, il peccato, il diavolo: questi sono i nemici della gente, i nostri nemici. E Gesù questi nemici li calpesta per noi. Cristo oggi ripete a ciascuno di noi: “Coraggio, sono io, non avere paura!”. Coraggio, cioè, perché ci sono io, perché non sei più solo nelle acque agitate della vita».

Il Vescovo di Roma aggiunge, commentando la parola del Vangelo nell’Angelus , che – di fronte alla prova – il cristiano è chiamato ad assumere due atteggiamenti importanti: l’invocazione fiduciosa al Signore, perché non faccia mancare il suo aiuto provvidente, e l’accoglienza di Gesù Cristo nella vita e nella croce; egli ha proseguito nell’Angelus dicendo: «Che cosa fare quando ci troviamo in mare aperto e in balia di venti contrari? Cosa fare nella paura, che è un mare aperto, quando si vede solo buio e ci sentiamo perduti? Dobbiamo fare due cose, che nel Vangelo fanno i discepoli. Cosa fanno i discepoli? Invocano e accolgono Gesù. Nei momenti più brutti, più bui, di tempesta, invocare Gesù e accogliere Gesù. I discepoli invocano Gesù: Pietro cammina un po’ sulle acque verso Gesù, ma poi si spaventa, affonda e allora grida: “Signore, salvami!” (v. 30). Invoca Gesù, chiama Gesù. È bella questa preghiera, con la quale si esprime la certezza che il Signore può salvarci, che Lui vince il nostro male e le nostre paure. Vi invito a ripeterla adesso tutti insieme: Signore, salvami! Insieme, tre volte: Signore salvami, Signore salvami, Signore salvami! E poi i discepoli accolgono. Prima invocano, poi accolgono Gesù nella barca. Dice il testo che, appena salito a bordo, “il vento cessò” (v. 32). Il Signore sa che la barca della vita, così come la barca della Chiesa, è minacciata da venti contrari e che il mare su cui navighiamo è spesso agitato. Lui non ci preserva dalla fatica del navigare, anzi – il Vangelo lo sottolinea – spinge i suoi a partire: ci invita, cioè, ad affrontare le difficoltà, perché anch’esse diventino luoghi di salvezza, poiché Gesù le vince, diventino occasioni per incontrare Lui. Egli, infatti, nei nostri momenti di buio ci viene incontro, chiedendo di essere accolto, come quella notte sul lago».

Papa Francesco concludeva l’Angelus esortando tutti i fedeli con queste parole: «Domandiamoci dunque: nelle paure, nelle difficoltà, come mi comporto? Vado avanti da solo, con le mie forze, o invoco il Signore con fiducia? E come va la mia fede? Credo che Cristo è più forte delle onde e dei venti avversi? Ma soprattutto: navigo con Lui? Lo accolgo, gli faccio posto nella barca della mia vita – mai solo, sempre con Gesù –, gli affido il timone?».

Dalla meditazione nell’Angelus di questo Vangelo domenicale ci accorgiamo di come l’episodio narrato sia preceduto da una importante introduzione che Matteo ci consegna: «Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, solo» (14,23); il Signore nostro Gesù Cristo si ritira in preghiera personale, cerca l’incontro con Dio, si mette in ascolto della voce del Padre, si sforza di scrutare la sua volontà. Da questa intimità – feconda di fede, di bene, di desiderio redentivo, di prossimità, di cuore traboccante nell’amore – nasce il segno, viene generato l’aiuto, si espande la salvezza; il Vangelo è pieno di queste narrazioni: ci vuole ricordare che dal rapporto – personale e comunitario – con la Trinità nasce tutto il resto, si sprigiona quella carità che contribuisce alla redenzione universale. La vita di tutti i Santi ci insegna proprio questo: la carità e il bene vengono compiuti in nome di Dio, in risposta alla sua misericordia e al suo invito all’operosità feconda di grazia (cfr. Mt 25,31-46); altrimenti, anche se siamo cristiani, ci limitiamo a una filantropia che non edifica il regno di Dio.

Custodiamo, dunque, la Parola di salvezza e le riflessioni offerteci nell’Angelus da papa Francesco; affinché, in ogni tempo e occasione favorevole, possiamo rispondere – con i nostri piccoli e quotidiani gesti – all’amore che ci precede, ci custodisce, e ci chiama alla missione.

Print Friendly, PDF & Email

Ultimi articoli

Author Name