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Il vento impetuoso della Pentecoste. L’omelia di papa Leone 

da | 8 Giu 2025 | Teologia

«Anche oggi si ravviva ciò che accadde nel Cenacolo: come un vento impetuoso che ci scuote, come un fragore che ci risveglia, come un fuoco che ci illumina, discende su di noi il dono dello Spirito Santo (cfr At 2,1-11)»; papa Leone ha presieduto questa mattina, domenica 8 giugno, la santa messa in Piazza San Pietro, in occasione del Giubileo dei Movimenti, delle Associazioni e delle Nuove Comunità. 

A partire dalla liturgia, il Pontefice ha spiegato: «Come abbiamo ascoltato dalla prima Lettura, lo Spirito opera qualcosa di straordinario nella vita degli Apostoli. Essi, dopo la morte di Gesù, si erano rinchiusi nella paura e nella tristezza, ma ora ricevono finalmente uno sguardo nuovo e un’intelligenza del cuore che li aiuta a interpretare gli eventi accaduti e a fare l’intima esperienza della presenza del Risorto: lo Spirito Santo vince la loro paura, spezza le catene interiori, lenisce le ferite, li unge di forza e dona loro il coraggio di uscire incontro a tutti ad annunciare le opere di Dio». Egli ha declinato l’azione dello Spirito sotto tre aspetti, tutti centrali nella vita umano-cristiana: “Lo Spirito apre le frontiere anzitutto dentro di noi. È il Dono che dischiude la nostra vita all’amore. E questa presenza del Signore scioglie le nostre durezze, le nostre chiusure, gli egoismi, le paure che ci bloccano, i narcisismi che ci fanno ruotare solo intorno a noi stessi. Lo Spirito Santo viene a sfidare, in noi, il rischio di una vita che si atrofizza, risucchiata dall’individualismo. È triste osservare come in un mondo dove si moltiplicano le occasioni di socializzare, rischiamo di essere paradossalmente più soli, sempre connessi eppure incapaci di “fare rete”, sempre immersi nella folla restando però viaggiatori spaesati e solitari. E invece lo Spirito di Dio ci fa scoprire un nuovo modo di vedere e vivere la vita: ci apre all’incontro con noi stessi oltre le maschere che indossiamo; ci conduce all’incontro con il Signore educandoci a fare esperienza della sua gioia; ci convince – secondo le stesse parole di Gesù appena proclamate – che solo se rimaniamo nell’amore riceviamo anche la forza di osservare la sua Parola e quindi di esserne trasformati. Apre le frontiere dentro di noi, perché la nostra vita diventi uno spazio ospitale. Lo Spirito, inoltre, apre le frontiere anche nelle nostre relazioni. Infatti, Gesù dice che questo Dono è l’amore tra Lui e il Padre che viene a prendere dimora in noi. E quando l’amore di Dio abita in noi, diventiamo capaci di aprirci ai fratelli, di vincere le nostre rigidità, di superare la paura nei confronti di chi è diverso, di educare le passioni che si agitano dentro di noi. Ma lo Spirito trasforma anche quei pericoli più nascosti che inquinano le nostre relazioni, come i fraintendimenti, i pregiudizi, le strumentalizzazioni. Penso anche – con molto dolore – a quando una relazione viene infestata dalla volontà di dominare sull’altro, un atteggiamento che spesso sfocia nella violenza, come purtroppo dimostrano i numerosi e recenti casi di femminicidio. Lo Spirito Santo, invece, fa maturare in noi i frutti che ci aiutano a vivere relazioni vere e buone. Infine, lo Spirito apre le frontiere anche tra i popoli. A Pentecoste gli Apostoli parlano le lingue di coloro che incontrano e il caos di Babele viene finalmente pacificato dall’armonia generata dallo Spirito. Le differenze, quando il Soffio divino unisce i nostri cuori e ci fa vedere nell’altro il volto di un fratello, non diventano occasione di divisione e di conflitto, ma un patrimonio comune da cui tutti possiamo attingere, e che ci mette tutti in cammino, insieme, nella fraternità. Lo Spirito infrange le frontiere e abbatte i muri dell’indifferenza e dell’odio, perché “ci insegna ogni cosa” e ci “ricorda le parole di Gesù” (cfr Gv 14,26); e, perciò, per prima cosa insegna, ricorda e incide nei nostri cuori il comandamento dell’amore, che il Signore ha posto al centro e al culmine di tutto. E dove c’è l’amore non c’è spazio per i pregiudizi, per le distanze di sicurezza che ci allontanano dal prossimo, per la logica dell’esclusione che vediamo emergere purtroppo anche nei nazionalismi politici”. 

Il Vescovo di Roma ha concluso la propria omelia esortando tutti i fedeli con questa preghiera: «Fratelli e sorelle, è la Pentecoste che rinnova la Chiesa, rinnova il mondo! Il vento gagliardo dello Spirito venga su di noi e in noi, apra le frontiere del cuore, ci doni la grazia dell’incontro con Dio, allarghi gli orizzonti dell’amore e sostenga i nostri sforzi per la costruzione di un mondo in cui regni la pace». 

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