Periodico di informazione religiosa

La solennità di san Massimo d’Aveia

da | 11 Giu 2025 | Vita ecclesiale

La solennità di san Massimo d’Aveia, Patrono della Città e dell’Arcidiocesi di L’Aquila, è stata celebrata ieri, martedì 10 giugno. Alle ore 18, nella chiesa di Santa Maria del Suffragio, l’Arcivescovo, monsignor Antonio D’angelo, ha presieduto la santa messa. Questa è stata concelebrata da numerosi sacerdoti; erano presenti i Canonici del Capitolo della Cattedrale, numerosi religiose e religiosi, il popolo di Dio, le Confraternite, gli sbandieratori, la banda musicale; l’animazione della liturgia è stata curata dal coro diocesano “San Massimo”.

L’Arcivescovo ha esordito, nella omelia, affermando che «la santità è un mistero molto grande ma, nello stesso tempo, molto vicino a ciascuno». Questo, poiché, come ci ricorda il Magistero della Chiesa, per mezzo della Incarnazione «il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo» (Concilio Vaticano II, Costituzione Gaudium et spes 22); per grazia, infatti, veniamo costituiti tempio dello Spirito santo, siamo associati alla intima vita trinitaria, diveniamo figli di Dio nel Figlio Gesù.

Monsignor D’Angelo ha ricordato a tutti i presenti che la santità passa sempre per la vita ordinaria: questa viene resa straordinaria, nella misura in cui la libertà umana si consegna all’azione plasmante di Dio. Accogliendo la testimonianza del giovane diacono e martire san Massimo, riscopriamo il valore centrale delle ricchezze eterne; le quali sovrastano – di gran lunga – la caducità delle realtà materiali. La preghiera a san Massimo, infatti, così ci permette di chiedere al Signore: «Fa’ che, imitando il tuo esempio, possiamo disprezzare le cose terrene per aspirare alle celesti. Chiedi al Signore che ci dia la forza e la gioia di professare la fede che ti fece affrontare eroicamente il martirio e fa’ che, rinnovati nello spirito, partecipiamo alle necessità dei fratelli, siamo solleciti al servizio di Dio, assidui nella preghiera, gioiosi nella speranza, costanti nelle avversità».

Il Prefazio della santa messa ci esortava con queste espressioni: «A imitazione del Cristo tuo Figlio, il santo martire Massimo ha reso gloria al tuo nome e ha testimoniato con il sangue i tuoi prodigi, o Padre, che riveli nei deboli la tua potenza e doni agli inermi la forza del martirio».

L’Arcivescovo – in questo solenne giorno di festa – ha consegnato alla Città e all’Arcidiocesi la vocazione cristiana impregnata della logica del seme, così come ci veniva rivelato dalla pagina del Vangelo: «Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto» (Gv 12,24); nella logica di chi dona la vita, collaborando alla redenzione universale, secondo le parole delle sante Scritture: «Benedico il Signore che mi ha dato consiglio; anche di notte il mio animo mi istruisce. Io pongo sempre davanti a me il Signore, sta alla mia destra, non potrò vacillare. Per questo gioisce il mio cuore ed esulta la mia anima; anche il mio corpo riposa al sicuro, perché non abbandonerai la mia vita negli inferi, né lascerai che il tuo fedele veda la fossa. Mi indicherai il sentiero della vita, gioia piena alla tua presenza, dolcezza senza fine alla tua destra» (Sal 16/15).

La processione con la effigie di san Massimo, al termine della santa messa, ha concluso i festeggiamenti, percorrendo le vie principali del centro-città.

 

 

                                       

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