«L’incontro con la Misericordia rigenera e genera la coscienza di ogni persona»: Sua Eccellenza Reverendissima, Mons. Antonio D’Angelo, Arcivescovo Metropolita di L’Aquila, presiedendo la celebrazione eucaristica giovedì 29 agosto scorso, ha chiuso la Perdonanza Celestiniana 2024 e la Porta Santa della basilica di Santa Maria di Collemaggio.
Durante la sua omelia, l’Arcivescovo ha posto a confronto le due figure centrali della liturgia celebrata: Giovanni Battista (nella solennità del suo martirio) e il papa Pietro Celestino; entrambi testimoni di verità e di misericordia. La verità, da difendere contro le tante ambiguità esistenziali; la misericordia, affinché tutti ci lasciamo riconciliare con Dio e tra di noi (secondo la Parola paolina: «Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio. Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio»: 2Cor 5,20b-21). D’Angelo ha commentato i versetti paolini, affermando: «Riconciliare è proprio mettere insieme, ricomporre o comporre una nuova realtà, perché si costruisca una vera sintonia tra le diverse dimensioni della persona umana e la vita relazionale. San Celestino V ci dona questa testimonianza di equilibrio, di sintonia. Ciò lo possiamo cogliere dalla sua capacità di interpretare bene i vari momenti della vita, non senza difficoltà, ma sotto la luce di Dio, attingendo proprio dalla sua ricchezza interiore maturata nel tempo mediante l’ascolto della Parola e l’esperienza della Misericordia»; e ha indicato la dimensione della interiorità come il vero fondamento della riconciliazione e della pace: «A volte la fatica ad essere coerente è determinata da fragili o inconsistenti fondamenta che non permettono di tenere fede agli impegni assunti. Bisogna sottolineare che la coerenza più difficile riguarda i valori che segnano la vita personale, quei valori che rendono nobile la persona. Essere veri e leali con se stessi è il principio attorno al quale ruota la grandezza di un uomo, dinamiche non immediatamente visibili agli altri. La vera nobiltà dell’uomo risiede nella sua intimità più profonda, sacrario nel quale si origina ogni sua scelta. Proprio in questo sacrario si costruisce la sua statura, luogo dove avviene l’incontro con la Misericordia, il perdono di Dio che tocca le corde più profonde della sua esistenza, non solo per guarire ma per generare il vero volto dell’essere umano».
L’Arcivescovo ha concluso la propria omelia presentando la fede come il più saldo fondamento esistenziale: «Siamo prossimi all’inizio del Giubileo, ci stiamo preparando celebrando “l’Anno della Preghiera e del Perdono”, due coordinate fondamentali per il cammino della vita. La fede non è un optional nel corso dell’esistenza ma fuoco che illumina gli eventi della vita per fa entrare nell’eternità, non come tempo, ma come pienezza di vita in comunione con Dio. I nostri due Santi protettori l’hanno capito molto bene, per questo sono stati capaci di sacrificare tutto per rimanere fedeli alla Verità. Non lasciamoci rubare la vita da lucciole che non hanno consistenza, ma lasciamoci illuminare dal sole di Cristo, “via , verità e vita”».
Egli ha augurato all’intera assemblea celebrante: «Sia il Vangelo della Misericordia a sostenere i passi della nostra vita per aprirci alla Speranza di una vita nuova».
Chiudendo – al termine della celebrazione eucaristica – la Porta Santa della basilica di Collemaggio, D’Angelo ha implorato – ancora una volta – da Dio l’elargizione del suo perdono, pregando con queste parole: «Noi vediamo chiudersi la Porta Santa di questa Basilica, ma sappiamo con certezza che non si chiude mai la porta della tua misericordia. Lascia dunque aperti, o Padre Santo, i tesori della tua grazia; e a tutti coloro che in questo giorno santo hai chiamato alla penitenza, alla conversione, alla riconciliazione, concedi che, perseverando in questa vita nuova, e fortificati dal tuo Spirito, arrivino, al termine del pellegrinaggio terreno, alla gioia della tua casa, per condividere la sorte dei Santi e cantare eternamente la tua gloria».