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Laudate Deum. L’Esortazione Apostolica di papa Francesco sulla crisi climatica

by | 21 Ott 2023 | Teologia

Laudate Deum è il titolo dell’ultima Esortazione Apostolica di papa Francesco, dedicata all’attuale crisi climatica. Sono trascorsi otto anni dalla pubblicazione della enciclica Laudato si’ e il Vescovo di Roma ha voluto approfondire alcuni temi legati ai cambiamenti climatici in atto, avvalendosi di migliaia di puntuali studi riconosciuti scientificamente validi a livello planetario.

Ci introduciamo alla riflessione sul Documento, partendo da una delle sue ultime espressioni, per cogliere – ancora una volta – quell’auspicio di Francesco alla ecologia integrale, quale vocazione e missione di ogni battezzato e di ogni donna e uomo di buona volontà; egli scrive: «Non ci sono cambiamenti duraturi senza cambiamenti culturali, senza una maturazione del modo di vivere e delle convinzioni sociali, e non ci sono cambiamenti culturali senza cambiamenti nelle persone» (70).

Le prime battute della Esortazione sottolineano – ma, in fondo, lo fanno tutte le restanti pagine – le attuali e profonde sofferenze del nostro pianeta, come anche le scarse e ininfluenti reazioni delle persone umane (cfr. 2); di fronte a questo, Francesco ci ricorda che «Si tratta di un problema sociale globale che è intimamente legato alla dignità della vita umana» (3). Egli bacchetta l’umanità intera, scrivendo: «Il cambiamento climatico è una delle principali sfide che la società e la comunità globale devono affrontare» (3).

Le analisi che il Pontefice ci offre desiderano smontare le serpeggianti mentalità e convinzioni che affermano l’inesistenza delle attuali problematiche, o il loro insignificante pericolo, o ci spingono verso un trionfalismo assoluto: «Per quanto si cerchi di negarli, nasconderli, dissimularli o relativizzarli, i segni del cambiamento climatico sono lì, sempre più evidenti. Nessuno può ignorare che negli ultimi anni abbiamo assistito a fenomeni estremi, frequenti periodi di caldo anomalo, siccità e altri lamenti della terra che sono solo alcune espressioni tangibili di una malattia silenziosa che colpisce tutti noi» (5). Il rammarico di Francesco è causato dalla minimizzazioni dei problemi e dall’attribuzione di ogni responsabilità ai poveri; invece, «la crisi climatica non è propriamente una questione che interessi alle grandi potenze economiche, che si preoccupano di ottenere il massimo profitto al minor costo e nel minor tempo possibili» (13). La sua voce si alza inequivocabile: «Siamo appena in tempo per evitare danni ancora più drammatici» (16); affinché tutte le nostre quotidiane scelte personali siano orientate al bene universale e alla custodia del creato: «È quindi urgente una visione più ampia, che ci permetta non solo di stupirci delle meraviglie del progresso, ma anche di prestare attenzione ad altri effetti che probabilmente un secolo fa non si potevano nemmeno immaginare. Non ci viene chiesto nulla di più che una certa responsabilità per l’eredità che lasceremo dietro di noi dopo il nostro passaggio in questo mondo» (18).

Il secondo capitolo della Laudate Deum guarda con attenzione al sempre più crescente paradigma tecnocratico, che impera sulle nostre vite e nel mondo; le parole-chiave che riecheggiano sono: schiavitù, ossessione, sfruttamento, ambizione, potere, pericoli, marketing e falsa informazione, progresso, profitto. Il Papa sottolinea: «Con l’aiuto di questi meccanismi, quando si pensa di avviare un progetto con forte impatto ambientale ed elevati effetti inquinanti, gli abitanti della zona vengono illusi parlando del progresso locale che si potrà generare o delle opportunità economiche, occupazionali e di promozione umana che questo comporterà per i loro figli. Ma in realtà manca un vero interesse per il futuro di queste persone, perché non viene detto loro chiaramente che in seguito a tale progetto resteranno una terra devastata, condizioni molto più sfavorevoli per vivere e prosperare, una regione desolata, meno abitabile, senza vita e senza la gioia della convivenza e della speranza; oltre al danno globale che finisce per nuocere a molti altri» (29); la sua attenzione viene rivolta – ancora una volta – verso gli scartati della società e i poveri.

Nel capitolo successivo, invece, l’attenzione del Magistero viene rivolta alla politica internazionale, per metterne in luce, soprattutto, la grave debolezza, di fronte alle impellenti sfide che ci interpellano. L’appello che ne consegue va verso il principio di sussidiarietà e una decisa e ferma ristrutturazione del multilateralismo; al centro è posta sempre la persona umana – vertice dell’opera creazionale (cfr. Gen 1,26-27) e prima creatura voluta da Dio (cfr. Gen 2,5-7) – e la difesa della sua dignità. Francesco, analizzando lo scenario internazionale, suggerisce: «Il mondo sta diventando così multipolare e allo stesso tempo così complesso che è necessario un quadro diverso per una cooperazione efficace. Non basta pensare agli equilibri di potere, ma anche alla necessità di rispondere alle nuove sfide e di reagire con meccanismi globali a quelle ambientali, sanitarie, culturali e sociali, soprattutto per consolidare il rispetto dei diritti umani più elementari, dei diritti sociali e della cura della casa comune. Si tratta di stabilire regole universali ed efficienti per garantire questa protezione mondiale» (42). Il suo auspicio va verso la costituzione di «spazi di conversazione, consultazione, arbitrato, risoluzione dei conflitti, supervisione e, in sintesi, una sorta di maggiore “democratizzazione” nella sfera globale, per esprimere e includere le diverse situazioni. Non sarà più utile sostenere istituzioni che preservino i diritti dei più forti senza occuparsi dei diritti di tutti» (43).

L’analisi del quarto capitolo del Documento si concentra sulla realtà delle Conferenze sul clima: sugli ideali e i tanti fallimenti, sugli obiettivi raggiunti e su quelli fortemente disattesi. Francesco scrive di: delusione, difficoltà, inerzia; e non ha paura di affermare: «Oggi possiamo ancora affermare che gli accordi hanno avuto un basso livello di attuazione perché non si sono stabiliti adeguati meccanismi di controllo, di verifica periodica e di sanzione delle inadempienze. I principi enunciati continuano a richiedere vie efficaci e agili di realizzazione pratica. Inoltre, i negoziati internazionali non possono avanzare in maniera significativa a causa delle posizioni dei Paesi che privilegiano i propri interessi nazionali rispetto al bene comune globale. Quanti subiranno le conseguenze che noi tentiamo di dissimulare, ricorderanno questa mancanza di coscienza e di responsabilità» (52).

«Cosa ci si aspetta dalla COP 28 di Dubai?», si chiede il Pontefice all’inizio del capitolo quinto; evidenziando, nello stesso tempo, il cammino autolesionistico che l’umanità sta percorrendo: tra le emissioni globali irrefrenabili, le temperature atmosferiche sempre più alte, l’irresponsabile presa in giro generata dai poteri economici. «Corriamo il rischio – egli scrive – di rimanere bloccati nella logica di rattoppare, rammendare, legare col filo, mentre sotto sotto va avanti un processo di deterioramento che continuiamo ad alimentare. Supporre che ogni problema futuro possa essere risolto con nuovi interventi tecnici è un pragmatismo fatale, destinato a provocare un effetto-valanga» (57). I problemi – aggiunge il Papa – rimangono di natura umana e sociale, e coinvolgono tutti e ogni famiglia.

L’augurio che questo Documento ci consegna è per «forme vincolanti di transizione energetica che abbiano tre caratteristiche: che siano efficienti, che siano vincolanti e facilmente monitorabili. Questo al fine si avviare un nuovo processo che sia drastico, intenso e possa contare sull’impegno di tutti» (59).

Il sesto capitolo porta il titolo: “Le motivazioni spirituali”; Francesco lo apre appellandosi subito ai battezzati e a tutti gli altri credenti, affermando: «Ai fedeli cattolici non voglio tralasciare di rammentare le motivazioni che scaturiscono dalla loro fede. Incoraggio i fratelli e le sorelle di altre religioni a fare lo stesso, perché sappiamo che la fede autentica non solo dà forza al cuore umano, ma trasforma la vita intera, trasfigura gli obiettivi personali, illumina il rapporto con gli altri e i legami con tutto il creato» (61). Il suo esplicito riferimento è alla «crisi climatica» (63) e al «destino di pienezza» (65) che il Signore crocifisso e risorto ci consegna; la sua domanda provocatoria suona così: «Il mondo canta un Amore infinito, come non averne cura?» (65).

«Camminare in comunione con responsabilità» è l’accorato appello di papa Francesco; al fine di sconfiggere il «paradigma tecnocratico» (66), difendere «il valore peculiare e centrale dell’essere umano in mezzo al meraviglioso concerto di tutti gli esseri» (67), e abbattere le convinzioni di un uomo «autonomo, onnipotente e illimitato» (68).

Vogliamo fare nostra l’esortazione del Pontefice: «Invito ciascuno ad accompagnare questo percorso di riconciliazione con il mondo che ci ospita e ad impreziosirlo con il proprio contributo, perché il nostro impegno ha a che fare con la dignità personale e con i grandi valori. Comunque, non posso negare che è necessario essere sinceri e riconoscere che le soluzioni più efficaci non verranno solo da sforzi individuali, ma soprattutto dalle grandi decisioni della politica nazionale e internazionale» (69). Essa si accompagna con il forte desiderio che si diffonda in tutto il mondo e presso tutti i popoli una cultura del cambiamento (cfr. 71), affinché vengano radicalmente mutati gli stili di vita irresponsabili del modello occidentale (cfr. 72), verso la responsabilità e la cura.

Le ultimissime parole del Documento restano lapidarie: «Un essere umano che pretende di sostituirsi a Dio diventa il peggior pericolo per se stesso» (73).

Laudate Deum è una sana e necessaria provocazione magisteriale, teologica, spirituale, pratica che ci giunge dal cuore grande e attento di papa Francesco; leggerla e meditarla ci farà bene: permetterà alle nostre sensibilità spirituali e antropologiche di connettersi con la realtà più vera e concreta, al fine di prendere sempre più consapevolezza dello scenario internazionale e locale attuale, ed essere promotori e testimoni della cura della nostra casa comune.

 

©photo Mazur/catholicnews.org.uk

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